Nicola Gratteri come Rocco Chinnici. Il ricordo di Pino Aprile

25 dicembre 2019

Il parallellismo tra i due magistrati c’è. Nicola Gratteri, il procuratore di Catanzaro che ha assestato un duro colpo alla ‘ndrangheta, ha detto che vorrebbe smontare e rimontare la Calabria come si fa con i giocattoli della lego. Parlare tra la gente: come faceva nei primi anni ’80 del secolo passato Rocco Chinnici, allora capo dell’ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo, che incontrava i giovani per spiegare cos’era la mafia

Nell’appoggiare l’azione del procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, il giornalista e scrittore Pino Aprile, da qualche mese, leader del Movimento 24 Agosto per l’Equità Territoriale, ricorda una sua intervista a Rocco Chinnici, il magistrato di Palermo fatto saltare in aria dai mafiosi il 29 Luglio del 1983.

Il parallellismo c’è. Il magistrato che ha assestato un duro colpo alla ‘ndrangheta ha detto che vorrebbe smontare e rimontare la Calabria come si fa con i giocattoli della lego. Insomma, parlare con le gente, soprattutto con i giovani: proprio come faceva nei primi anni ’80 del secolo passato Rocco Chinnici, allora capo dell’ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo, che incontrava gli studenti per raccontare cos’era la mafia.

“Vi ricordate cosa dicevano a Chinnici? – scrive Pino Aprile sulla pagina Facebook Terroni -. E’ corretto che un magistrato abbandoni la sacralità delle aule di giustizia per andare nelle scuole a parlare di Cosa Nostra, perché sostiene che ‘la cultura mafiosa può essere sconfitta sono da una cultura dell’antimafia’? Che domanda: certo che può, chi oserebbe dire, oggi, che non sia opera di altissima educazione civile quella di un magistrato che lo fa?”.

“A volte vorrei essere credente – scrive sempre Pino Aprile – per poter avere certezza di un’altra vita in cui incontrare Chinnici e dirgli: ‘Dottore, forse lei non ricorda: sono quel giovane cronista cui lei dedicò una lezione durata un giorno, una vigilia di Ferragosto, in una Palermo deserta. Vorrei dirle ancora quanto la ammiri, quanto le dobbiamo, quanto mi sentii e mi senta piccolo dinanzi a lei. Grazie”.

“Ma quando Rocco Chinnici fece questo – ricorda sempre l’autore di Terroni – destò scandalo nei sepolcri imbiancati contigui al potere mafioso, ci fu chi spiegò che così si intaccava la dignità della magistratura e che il Consiglio superiore avrebbe dovuto porre un limite a quelle inopportune iniziative”.

Da Rocco Chinnici a Giovanni Falcone:

“Può un magistrato andare al Maurizio Costanzo show – scrive sempre Pino Aprile ricordando una celebra intervista a Giovanni Falcone – sul palco in piazza con Michele Santoro, fare un libro-intervista con una giornalista, persino tenere rubriche sui giornali? Certo che può, diremmo oggi. Ma quando lo faceva Giovanni Falcone, lo accusarono di voler diventare una star: ‘Le sirene della notorietà televisiva tendono a trasformare in ansiosi esibizionisti anche uomini che erano, all’origine, del tutto equilibrati’, scrisse Sandro Viola, penna principe di Repubblica (di allora), non di parodie di giornali, sino a fogli semi-clandestini, ma foraggiatissimi ventriloqui di poteri impresentabili ma noti. Quell’articolo (non fu il solo) è stato recuperato da Fanpage. Falcone era detto in preda al ‘più indecente dei vizi nazionali. Quella smania di pronunciarsi, di sciorinare sentenze sulle pagine dei giornali o negli studi televisivi, che divora tanti personaggi della vita italiana’”.

Il leader del Movimento 24 Agosto rievoca una polemiche che noi ricordiamo benissimo: seconda metà degli anni ’80, non mancavano le sirene delle auto di scorta dei magistrati. Erano gli anni del Maxiprocesso alla mafia – processo che, per il numero degli imputati, ricorda l’inchiesta sulla ‘ndrangheta di oggi del procuratore Gratteri – e si temevano colpi di coda dei mafiosi.

I magistrati impegnati in prima linea in una Palermo carica di tensioni e di paure si proteggevano – o quanto meno provavano a proteggersi – spostandosi con le auto scortate da altre automobili con le sirene.  Ebbene, ci fu chi si lamentò…

“E può un magistrato infastidire un’intera città con i suoi spostamenti a sirena spiegata – scrive Pino Aprile – come se fosse necessario far sapere chi è che si muove… Non si potrebbe farlo con maggiore discrezione? Non si arrivò a ‘silenzio, che qui c’è chi dorme!’ (la coscienza, si sarebbe risposto…), ma quasi. Peccato che le sirene le impongano le norme di sicurezza e non furono sufficienti a salvare Paolo Borsellino, il magistrato cui si rimproverava quel baccano. I disturbati nella loro quiete pubblica non ebbero nulla da dire del boato che rese mute per sempre le sirene della scorta di Borsellino e la sua opera”.

“Smontare e rimontare? – conclude Pino Aprile -. Ottimo progetto, cittadino Gratteri. Chi da magistrato, chi da operaio, chi da insegnante, chi da imprenditrice, chi da intellettuale, chi da prete, chi da gelataia, chi da studente, chi da madre, chi da nonno, chi… Cercando ognuno di farlo al meglio, correggendosi, correggendo e scusandosi, per gli errori, ma prepariamo i tasselli. Ognuno il suo. Il lego siamo noi”.

Foto tratta da La Voce Cosentina

QUI PER ESTESO L’ARTICOLO DI PINO APRILE 

 

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