La strage di Piazza Fontana 50 anni dopo

11 dicembre 2019

Oggi ricordiamo un evento tragico che ha segnato in negativo la storia italiana. Lo facciamo riportando e commentando una nota Gruppo anarchico “Alfonso Failla” – FAI Palermo. Aggiungendo che sì, dietro quella strage e, in generale, dietro la strategia della tensione c’erano le rivolte sociali di quegli anni. Ma il vero obiettivo politico erano i Socialisti e la svolta sociale che stavano provando a portare avanti nel Governo di centrosinistra. Anche nell’interesse del Sud  

Sono passati 50 anni dalla strage di Piazza Fontana. Noi ricordiamo questa vicenda criminale molto italiana – commentandola – con una nota del Gruppo anarchico “Alfonso Failla” – FAI Palermo.

“Sono passati 50 anni da quel 12 dicembre 1969, quando una bomba esplose a Milano all’interno della Banca Nazionale dell’Agricoltura, dando il via a una serie di altri attentati nei decenni successivi. In realtà, la strage di Piazza Fontana era stata preceduta nello stesso anno da più di 100 attentati ‘minori’, una sequenza di provocazioni tutte finalizzate alla strategia della tensione ideata e attuata da apparati, uomini, personalità a ogni livello e in ogni ambito dello Stato italiano con la collaborazione dei servizi segreti USA e dei neofascisti di Ordine Nuovo quali esecutori”.

Fin qui nulla da aggiungere.

“Erano anni di grande fermento sociale in Italia, e non solo – prosegue la nota degli anarchici – Le lotte studentesche si saldavano con le rivendicazioni operaie e, più in generale, tutti i pilastri su cui si reggeva la società tradizionale erano fatti oggetto di una critica sempre più radicale. Veniva messo in discussione tutto: la famiglia, la scuola, la fabbrica e – ovviamente – anche il potere in quanto tale. In tutti gli ambiti del vivere comune il vento della contestazione investiva il concetto stesso di autorità, ovunque esso si manifestasse”.

Qui ci sempre opportuna qualche nota in più. In Sicilia, dopo la stagione politica milazziana ricca di luci e di ombre, la DC aveva aperto ai Socialisti. Nasce nella Isola il primo Governo di centrosinistra. Svolta politica che nel 1962 si estenderà al Governo italiano.

Sicuramente con la strage di Piazza Fontana e, in generale, con la strategia della tensione, c’entra la grande voglia di cambiare che tocca la famiglia, la scuola e il mondo del lavoro: basti pensare alle rivolte del 1968.

Ma il vero obiettivo della strategia della tensione sono i Socialisti presenti nel Governo, che cercano di spostare a sinistra la vita politica italiana. Alcune riforme prospettate dal Psi – in alcuni casi contro il Pci, che si renderà spesso protagonista di un’opposizione ideologica-illogica – verranno fatte passare: per esempio, la nazionalizzazione dell’energia elettrica con la nascita dell’ENEL, o l’approvazione dello Statuto dei lavoratori.

Altre riforme, invece, verranno ‘stoppate’: niente da fare – altro esempio emblematico – per agricoltura e turismo: la prima doveva restare al servizio dell’industria del Nord (e, volendo, è così ancora oggi); anche il turismo resterà per decenni prerogativa del Centro Nord, con la ‘benedizione’ del Pci arroccato in difesa di Toscana ed Emilia Romagna (ancora oggi in queste due Regioni ci sono gli eredi del Pci).

I Socialisti pressavano per estendere la rete autostradale e ferroviaria al Sud. Riuscirono soltanto – parliamo degli anni ’60 – a incardinare l’autostrada Salerno-Reggio Calabria: ma le polemiche contro il Ministro socialista Giacomo Mancini furono durissime: le accuse più pesanti gli arrivarono dai fascisti.

L’Italia degli anni ’60 e degli anni ’70 non voleva sentire parlare di riforme sociali e di questione meridionale. Nel 1950 avevano detto sì alla Cassa per il Mezzogiorno con l’impegno – rigorosamente rispettato – che i grandi lavori sarebbero stati assegnati a grandi imprese del Nord, che avrebbero fatto lavorare senza esagerare le imprese del Sud (e le mafie del Sud).

La strage di Piazza Fontana e, in generale, la strategia della tensione doveva servire a spaventare i Socialisti e la popolazione italiana, che davanti alla violenza senza volto, al momento del voto, sceglieva i partiti moderati e soprattutto, l’interclassismo della Dc: in una parola, il centro dello schieramento politico. Nei Taccuini di Pietro Nenni la spiegazione delle bombe di quegli anni è piuttosto chiara.

“Stato e padroni – prosegue la nota degli anarchici – si attivarono per stroncare il movimento in atto, e lo fecero attraverso l’elaborazione e l’esecuzione di un piano teso a incutere terrore nella popolazione per giustificare la svolta autoritaria del paese. Si doveva riportare l’ordine a tutti i costi, si doveva ‘destabilizzare per stabilizzare’. Questa strategia della tensione si saldò con i programmi politici dei gruppi neofascisti e neonazisti, primo fra tutti Ordine Nuovo. Gli attentati – strumenti di questa strategia – venivano invece sempre addebitati ai gruppi anarchici o, in genere, alla sinistra extraparlamentare, mentre polizia, carabinieri, magistrati, politici e servizi segreti coprivano in tutti modi le attività dei fascisti”.

Qui siamo costretti a intervenire perché non tutti gli organi dello Stato seguivano queste direttive. La magistratura, ad esempio, non era affatto complice di questo andazzo.

“Per la strage di Piazza Fontana – prosegue la nota – la polizia puntò subito il dito contro gli anarchici. Uno di loro, Giuseppe Pinelli, fu trattenuto in questura per tre giorni (oltre i limiti di legge) e poi scaraventato dalla finestra dell’ufficio del commissario Calabresi. Un altro anarchico – Pietro Valpreda – fu accusato di aver messo materialmente la bomba per poi essere completamente scagionato dopo tre anni di ingiusta carcerazione.
Per lungo tempo, una serie infinita di insabbiamenti e depistaggi ha impedito che si arrivasse a una verità giudiziaria sui fatti di Piazza Fontana, con sentenze tra loro contraddittorie che prima hanno riconosciuto i colpevoli nei fascisti di Ordine Nuovo, e poi li hanno assolti. Anche per quanto riguarda la morte di Pinelli, il ricorso alla menzogna e alle calunnie è stato sistematico: prima dissero che si era suicidato a conferma della propria colpevolezza e di quella di Valpreda; poi liquidarono la sua morte con l’incredibile formula del malore attivo’”.

“Ha detto il giudice Giancarlo Stiz: «Forse c’è ancora speranza che i libri di storia, in futuro, possano raccontare la verità». Ma la verità storica c’è già  –  prosegue la nota -. Gli anarchici sanno chi è Stato. Lo sapevano anche nel dicembre 1969 quando gridavano che Valpreda era innocente, Pinelli era morto ammazzato e la strage era di Stato. E lo gridavano contro chi – in funzione di un auspicato imminente golpe di destra – aveva ordito il piano destabilizzante e stragista e aveva indicato negli anarchici gli attentatori.
E noi continueremo a gridarlo contro chi pretende di nascondere ancora la verità, di azzerare la memoria storica, di confondere vittime e carnefici proponendo una impossibile conciliazione”.

Foto tratta da Rsi

 

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