La Sicilia che stupisce sempre: ‘La Camera delle Meraviglie’ di Palermo

25 novembre 2019

All’inizio sembrò una moschea, data la forma cubolica ed il balcone orientato in direzione della Mecca. Poi, però, sono venute fuori altre interpretazioni. Si ipotizza anche che si tratti ‘stanza alla turca’ analoga a quella del Re Ferdinando di Borbone presso la Palazzina Cinese, sempre a Palermo, secondo la moda europea dell’epoca di allestire ambienti dalle atmosfere orientali per allietare gli ospiti

Sulla pagina Facebook di Pino Aprile leggiamo un post sulla nota “Camera delle meraviglie” di Palermo.

“Ci troviamo a pochi passi dal famoso mercato palermitano di Ballarò. A seguito di un temporale, un’infiltrazione di acqua sgretola l’intonaco e viene alla luce parte della decorazione sottostante con caratteri arabi, e durante i lavori, scoprono scritte in oro e argento. È sorprendente la volta dipinta con disegni di lucerne che potrebbero evocare, ai più piccoli, la favola di Aladino”.

“L’illustre restauratore Franco Fazzio – prosegue il post – si accorge che anche le porte della stanza erano dipinte. Per averne certezza scientifica, il radiologo dell’UNESCO, Giuseppe Salerno, effettua una Tac su una di tali porte e individua, sotto tre strati di vernice, un disegno ancora più ricco di quello al momento visibile, realizzato seguendo il rilievo delle pennellature originarie. E’stata scoperta anche una frase che ricorre come una litania. L’interpretazione della frase è tratta da una delle massime del profeta Maometto:

‘Quello che Dio vuole accade, quello che Dio non vuole non accade’”.

“I proprietari hanno deciso di trasformarla in una piccola casa Museo, previo appuntamento tramite la pagina Facebook “Camera delle Meraviglie”, con un biglietto di 5 euro, per contribuire ai necessari e ulteriori lavori di restauro della stanza. Oltre alla camera blu sarà possibile visitare anche gli attigui saloni con i pavimenti in maiolica (passione che ha ispirato la collezione dei proprietari) e le volte originali in stile Liberty, che ricordano le decorazioni di Salvatore Gregorietti nel vicino Palazzo dei Normanni”.

“La sua scoperta – leggiamo su Wikipedia – risale al 2003, quando in una stanza dell’appartamento dei coniugi Giuseppe Cadili e Valeria Giarrusso venne casualmente alla luce parte di una decorazione con motivi arabi. Durante i lavori di restauro apparvero anche delle iscrizioni calligrafiche di colore oro e argento su fondo di colore blu, celate sotto quattro strati di calce e vernici… L’assoluta singolarità della camera suscitò ampissima eco internazionale, riscontrando notevole interesse tra docenti universitari, studiosi, esperti d’arte e islamisti di tutto il mondo. Inizialmente ravvisata come una moschea, data la forma cubolica ed il balcone orientato in direzione della Mecca, l’uso di un pigmento non associato alla sacralità musulmana e la collocazione in un palazzo non nobiliare indusse a non individuare un significato unicamente religioso, ipotizzando che si trattasse piuttosto di una c.d. ‘stanza alla turca’ analoga a quella del Re Ferdinando di Borbone presso la Palazzina Cinese, secondo la moda europea dell’epoca di allestire ambienti dalle atmosfere orientali per allietare gli ospiti. Se da un lato l’espressione decorativa è compatibile con quella ottocentesca, la mancanza di maioliche a parete che caratterizzavano questo genere di stanze lasciava però aperte ulteriori ipotesi”.

“Per via della costosa pittura ad olio in cui la Camera è interamente realizzata – leggiamo sempre su Wikipedia – lo storico Gaetano Basile indicò che l’appartamento fosse la dimora di un facoltoso commerciante di origine araba fra Settecento e Ottocento. Ma fu Vittorio Sgarbi ad avanzare l’idea che la stanza fosse adibita a luogo di meditazione, vista la costante ripetizione delle iscrizioni sulle pareti. La conferma arrivò grazie a tre ricercatori dell’Istituto di lingue orientali e asiatiche dell’Università di Bonn: Sarjoun Karam, arabista, poeta e docente di arabo; Chiara Riminucci-Heine, archeologa e iranista; e Sebastian Heine, iranista e specialista in lingue orientali. Dopo oltre un anno di studi, venne accertato che le iscrizioni non erano meramente decorative ma di difficile lettura e realizzate, con tutta probabilità, da un artigiano locale che trascrisse il testo da sinistra verso destra piuttosto che da destra verso sinistra, come avviene in lingua araba. Non fu tuttavia possibile escludere che tale modalità sia in realtà stata intenzionale”.

Foto di Vincenzo Russo Cooperativa Terradamare

QUI PER ESTESO L’ARTICOLO DI WIKIPEDIA

QUI UN ARTICOLO DEL QUOTIDIANO LA SICILIA

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