Agricoltura

La crisi dell’uva da tavola in Sicilia? La chiave di volta è il consumo interno (e l’export che rimane)

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Uva da tavola siciliana: la chiave di volta è il mercato interno. Bisogna informare i siciliani che la frutta ‘esotica’ e, in generale, la frutta che arriva da mezzo mondo di buono, spesso, ha solo il prezzo basso. L’esempio di CompraSud. ‘Romantico’ quanto inutile l’appello alle banche della CIA siciliana. Tenersi alla larga dai grillini e dall’assessore regionale Bandiera  

Anche l’uva da tavola, come tanti altri prodotti ortofrutticoli della Sicilia non si vende. “Non c’è mercato”, sentiamo ripetere. Falso. Basterebbe puntare al mercato interno e la situazione potrebbe essere almeno in parte risolta. Facciamo un esempio semplice.

In un comunicato della CIA siciliana si affronta proprio il problema degli agricoltori siciliani che producono uva da tavola. Il riferimento, in particolare, è all’uva Italia che si produce a Canicattì, in provincia di Agrigento, e a Mazzarrone, in provincia di Catania.

“I produttori ricevono una remunerazione molto bassa – dice la presidente della CIA siciliana, Rosa Castagna – che si attesta intorno ai 40 centesimi/kg per le varietà tradizionali, solo le varietà apireni spuntano un prezzo più alto. In Italia i canali di sbocco sono rappresentati dalla Gdo (Grande distribuzione organizzata) che spunta prezzi elevati a causa di troppe speculazioni lungo la filiera. Il mercato estero è in forte flessione”.

In realtà, la situazione dell’uva da tavola è più complessa. Come per quasi tutti gli altri prodotti ortofrutticoli italiani e siciliani, il problema cardine è la globalizzazione dell’economia, unita a un’offerta di altri tipi di frutta, peraltro a prezzi bassi, che arrivano dall’universo mondo e che hanno ridotto il consumo di uva da tavola in Italia e in Europa.

L’Unione europea è un mercato di oltre 500 milioni di consumatori. Rispetto ad altre aree del mondo, l’Eurozona garantisce sicurezza e celerità nei pagamenti: cosa, questa, che invoglia tanti Paesi del mondo – dove i costi di produzione in agricoltura sono di gran lunga inferiori a quelli degli agricoltori europei – ad esportare in Europa.

Non solo. I Paesi dell’area del dollaro sono avvantaggiati nelle esportazioni  dal cambio favorevole con l’euro.

Pensare di affrontare il problema puntando sulle esportazioni – per esempio in Germania, in Francia, in Svizzera o nei Paesi del Nord Europa, o magari in Canada – e finendo nelle mani della Grande distribuzione organizzata è un doppio errore.

Questo non significa che non bisogna provare a esportare l’uva da tavola siciliana all’estero: al contrario, il mercato estero che c’è va coltivato.

Ma il vero snodo è l’eliminazione del rapporto con la Grande distribuzione organizzata, avvicinando i consumatori siciliani all’uva da tavola siciliana.

I produttori di uva da tavola della Sicilia non debbono più vendere il proprio prodotto tramite la Grande distribuzione organizzata. A meno che il prezzo non venga stabilito degli stessi produttori di uva da tavola della Sicilia. prezzo che non deve essere inferiore a un euro al Kg.

Questo perché, in questo momento, la Grande distribuzione organizzata, in Sicilia, vende l’uva da tavola a poco più di un euro e mezzo al Kg!

La Grande distribuzione dirà di no? Bene. Gli agricoltori utilizzino la rete per fare sapere a tutti i siciliani che l’uva da tavola in vendita nei Grandi centri commerciali non è siciliana! Poi vediamo chi la va ad acquistare!

La chiave di volta è il mercato interno. I produttori, a prescindere dai marchi dell’Unione europea che non servono a nulla, debbono organizzarsi e provare a vendere l’uva siciliana ai siciliani.

La Sicilia è un’Isola di oltre 5 milioni di abitanti. Un mercato importante oggi frastornato da tutta la frutta di pessima qualità e a costi bassi che arriva da chissà dove.

I produttori di uva da tavola della Sicilia – che tecnicamente sono bravissimi – debbono riuscire, attraverso i mercati locali e, soprattutto, con la rete a informare e a vendere buona parte del proprio prodotto in Sicilia.

La rete, in questo senso, può diventare strategica. Anche per informare correttamente i cittadini siciliani sull’importanza di portare in tavola frutta siciliana, sia per questioni sanitarie (e quindi di salute), sia per il miglioramento dell’agricoltura e, in generale, dell’economia siciliana.

Cosa questa che noi abbiamo illustrato presentando l’iniziativa Compra Sud.

Qui, in particolare, illustriamo il perché, acquistando prodotti siciliani, aiutiamo concretamente l’economia siciliana. 

Le soluzioni prospettate dalla CIA siciliana non ci convincono proprio: con rispetto parlando, sembrano gettate lì, tanto per dire qualcosa.

Per esempio, l’appello al sistema bancario è ‘romantico’, ma non sortirà alcun risultato:

“Chiediamo al sistema bancario di aiutare gli agricoltori produttori di uva da tavola con il rinvio delle cambiali agrarie e, in generale, di tutte le scadenze bancarie di mutui e prestiti contratti dagli agricoltori con le banche”.

Le banche italiane non sono più controllate dalla Banca d’Italia, se non per questioni minime: tutto è stato delegato a una banca privata – la Banca Centrale Eurpea (BCE) – che tutela gli interessi della Germania (e, adesso, con la nuova presidente, Christine Lagarde, della Francia, non certo dell’Italia e meno che mai della Sicilia).

Di più. Con molta probabilità, agli amici della CIA siciliana sfugge il particolare che le ultime banche che facevano ‘banca’ in Sicilia – le Banche di credito cooperativo – sono state ‘riformate’ dal disastroso Governo Renzi, che ha regalato anche quest’ultimo segmento creditizio della Sicilia e del Sud Italia alle banche del Nord! (La cosa incredibile è che, in Sicilia, ci sono ancora persone che, pur avendo gli strumenti per comprendere certi fenomeni, continuano ad andare dietro al PD e, adesso – e questo è veramente incredibile! – anche Italia Vera di Renzi).

L’intervento nel settore creditizio è un problema politico. Un anno fa, in occasione del dibattito sulla manovra economica e finanziaria 2019, il senatore allora del Movimento 5 Stelle, Saverio De Bonis, ha presentato un pacchetto di interventi  sostegno dell’agricoltura siciliana illustrato da Cosimo Gioia:

Un emendamento di moratoria di 24 mesi su decreti ingiuntivi, cartelle INPS, ISMEA e quant’altro… in conseguenza alla forte situazione debitoria delle aziende agricole siciliane causata dal prezzo dei prodotti, grano per primo, e dal maltempo che ha impedito semine normali e devastato i terreni. Tale emendamento è stato sonoramente bocciato in Commissione ed in Aula con i voti dei 5 Stelle e Lega. Traetene le vostre conclusioni. Io non commento…Buon Natale”.

Volete sapere chi, nel dicembre dello scorso anno, ha ‘bocciato’ questo emendamento che avrebbe risollevato le sorti dell’agricoltura del Sud Italia? I parlamentari nazionali del Movimento 5 Stelle, a cominciare da quelli siciliani! E sapete perché l’hanno ‘bocciato’? Perché tutte le risorse finanziarie disponibili dovevano essere utilizzate per il Reddito di cittadinanza!

Per questo è importante non votare più Movimento 5 Stelle: ed è soprattutto importante che i grillini non prendano più i voti degli agricoltori siciliani!

 

 

Nel comunicato della CIA leggiamo ancora:

“Nell’aula consiliare del Comune di Mazzarrone, uno dei Comuni che risente maggiormente di questa crisi, si è tenuta recentemente una affollata assemblea voluta dalla CIA-Agricoltori Italiani, a cui erano presenti oltre i dirigenti CIA, circa 200 agricoltori, amministratori locali, sindaci e rappresentanti dei Consorzi di tutela, a seguire vi è stato un incontro con l’assessore Bandiera che si è reso disponibile a sostenere il comparto, condividendo le richieste formulate da Cia Sicilia affinché questo comparto possa essere messo nelle migliori condizioni di uscire definitivamente dalla crisi”.

Un’altra cosa importante, per gli agricoltori siciliani che producono uva da tavola (e, in generale, per tutti gli agricoltori siciliani), è tenersi lontani dall’attuale assessore regionale all’Agricoltura, Edy Bandiera, espressione di quel vuoto politico a perdere rappresentato oggi da Forza Italia versione Gianfranco Miccichè.

Dire che la gestione dell’assessorato all’Agricoltura, da parte di questi personaggi, è disastrosa è un eufemismo. La gestione precedente, dell’ex assessore Antonello Cracolici, è stata altrettanto disastrosa (basti pensare alla gestione dei fondi europei, o alla confusione che è stata creata nei Consorzi di Bonifica).

Sappiano, gli agricoltori siciliani, che Miccichè e Cracolici procedono di comune accordo e la continuità tra le due gestioni è nelle cose.

Discutere con questi politici è solo una perdita di tempo. Credeteci: parliamo con cognizione di causa, perché se c’è un settore che seguiamo con attenzione è l’agricoltura: e appunto perché seguiamo questo settore sentiamo il dovere morale di dire agli agricoltori siciliani: state lontani da questi politici che ormai fanno parte del passato.

Foto tratta da Sicilia Fan  

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