Oggi ricordiamo Leonardo Sciascia che, 30 anni fa, descriveva la Sicilia di oggi (Palermo in testa)/ MATTINALE 462

20 novembre 2019

Trent’anni fa Leonardo Sciascia lasciava questa terra. Regalando all’Italia un grande patrimonio letterario. E tante intuizioni sul potere. Se ci riflettiamo, “I professionisti dell’Antimafia” da lui descritti nel Gennaio del 1987 li ritroviamo nella Sicilia (e nell’Italia) di oggi, in alcuni casi già ‘sgamati’ e condannati, in altri casi ancora piedi piedi, tra incarichi pubblici, discariche & grandi appalti

Oggi ricordiamo Leonardo Sciascia. Il grande scrittore siciliano lasciava questa terra esattamente trent’anni fa. L’anniversario, sembra incredibile!, ci consegna una Sicilia nella quale, piano piano, “I professionisti dell’Antimafia” descritti dall’autore de Il Consiglio d’Egitto vanno piano piano cadendo come birilli.

Con un’intuizione profetica, il 10 Gennaio del 1987, dalle colonne del Corriere della Sera, Sciascia raccontò che, già allora, c’erano personaggi che approfittavano della lotta alla mafia per fare carriera. La cosa non venne presa bene. Perché lo scrittore era un po’ troppo in anticipo sugli eventi.

L’Antimafia era già stata oggetto di strumentalizzazioni politiche. Gli anni della prima commissione parlamentare d’inchiesta sulla mafia – 1962-1976 – sono stati anni di luci e ombre: c’era chi voleva colpire veramente i mafiosi, chi li proteggeva e chi utilizzava la lotta alla mafia per colpire gli avversari politici.

Sciascia, nel 1987, intuisce che, nella lotta alla mafia, l’ipocrisia ha fatto un salto in avanti: intuisce che la lotta alla mafia può servire alla stessa mafia per rafforzarsi e per entrare, nel nome dell’Antimafia, nei gangli dello Stato assicurando carriere alla politica e agli stessi uomini dello Stato.

Bravissimo nello scovare gli impostori – i tanti abati Vella della legalità fatta più di proclami che di fatti concreti – Sciascia, lo ribadiamo, era troppo in anticipo sugli eventi. Per non parlare di un problema non certo secondario: il rischio di coinvolgere persone che la lotta alla mafia e, in generale, alla Malasignoria la facevano per davvero.

Trent’anni dopo le intuizioni di Sciascia si sono rivelate esatte. E chi guarda al passato e al presente – al ruolo che certi personaggi ancora oggi in auge esercitavano già in quegli anni – non può che rabbrividire!

Cos’è stata la lunga stagione di Antonello Montante al vertice di Confindustria Sicilia? Oggi – dopo la condanna in primo grado di Montante – certe cose, certe ‘letture’ della stagione politica siciliana 2008-2017 sembrano scontate.

Ma scontate non lo erano affatto quando Antonello Montante, Ivan Lo Bello e Giuseppe Catanzaro erano gli esempi – in Sicilia, ma non soltanto in Sicilia – dell’Antimafia militante. Bisogna tornare indietro e ricordarsi che cosa succedeva se – ad esempio – un imprenditore si ribellava.

Noi ricordiamo, in quegli anni, di un imprenditore di Catania messo alla porta. E ricordiamo come veniva trattato chi si scontrava con il sistema che lo stesso Montante e i suoi amici avevano messo in piedi con le Camere di Commercio della Sicilia e, a partire dal 2009, con lo stesso Governo della Regione siciliana.

Ricordiamo, in particolare, un motivo, quasi una sorta di musica dell’Antimafia di quegli anni che veniva ‘cantata’ per mettere alla gogna chi si ribellava:

“Indietro non si torna”.

E’ stata, quella stagione, una sorta di ‘Inquisizione’: come quando, nel Gennaio dei 2012, la rivolta dei Forconi siciliani venne infangata con l’accusa che alcuni di loro erano “mafiosi”. Il tutto senza prove, senza riscontri: la parola pronunciata dal ‘Sinedrio’ dell’Antimafia bastava.

Nel 2015, quando si aprono le prime crepe del sistema Montante, tutto stava già cambiando. Ma prima di questa data chiunque osava mettersi contro questi personaggi veniva stritolato.

Chi osava mettere in dubbio il ‘Verbo’ – cosa che è capitata a chi scrive tra il 2013 e il 2014 – veniva subito richiamato all’ordine indirettamente, con dichiarazioni di esponenti di primo piano dello Stato a difesa di “chi rischiava la vita nella lotta alla mafia”.

“Indietro non si torna”, “la legalità prima di tutto”, i beni sequestrati e confiscati alla mafia (e, in alcuni casi, sequestrati anche a chi con la mafia non aveva nulla a che vedere!), i Comuni sciolti per mafia con forzature incredibili (ricordiamo che a sciogliere i Comuni per mafia non è la magistratura, ma la politica: e, precisamente, il Ministro degli Interni di turno): ecco, se tutte queste cose le osserviamo, oggi, alla luce del celebre articolo di Sciascia sui “Professionisti dell’Antimafia”, non viene fuori soltanto l’immenso intuito di Sciascia, ma anche la miseria dei giorni nostri.

Negli ultimi anni tante cose sono cambiate, in Sicilia e in Italia. Ma sono cambiate grazie all’azione della magistratura, non certo della politica! Senza la magistratura il nostro Paese forse non esisterebbe più.  

In tanti – e magari giustamente – si lamentano dei depistaggi che hanno accompagnato il processo per la strage di via D’Amelio. Ma non sono gli stessi magistrati, alla fine, che stanno provando a fare chiarezza sulle stranezze delle indagini e, in generale, sulla tragica morte del giudice Paolo Borsellino e degli uomini e delle donne della sua scorta?

Non è stata forse la stessa magistratura a fare luce sulle distorsioni nella gestione dei beni sequestrati e confiscati alla mafia?

Una cosa, però, va detta: La grande lezione di Sciascia è servita a tutta la società, tranne che alla politica italiana e siciliana.

Diciamo la verità: la politica cos’ha fatto per fare luce sul sistema Montante? Non è forse vero che, oggi, tanti politici – e anche qualche esponente infedele dello Stato – tremano al solo pensiero che Montante possa raccontare tutto quello che ha vissuto?

La realtà di oggi, in Sicilia – tanto per citare un esempio – ci consegna il sistema delle discariche duro a morire (ancora oggi il Parlamento siciliano rifiuta l’idea di mandare in soffitta le discariche: nel nome dell’Antimafia possono ancora dare tante soddisfazioni…).

La Sicilia di oggi ci consegna opere pubbliche che vanno avanti da anni, drenando fiumi di risorse pubbliche. Basti pensare ai circa 3 miliardi di euro delle strade Palermo-Agrigento o Agrigento-Caltanissetta. O al Passante ferroviario di Palermo. O all’anello ferroviario di Palermo. O alla Circumetnea e, in generale, agli appalti ferroviari con forzature incredibili negli uffici comunali, con ricorsi ‘addormentati’.

Tante cose sono cambiate. Alcuni “Professionisti dell’Antimafia” sono caduti, altri sono finiti sotto processo. Altri ancora hanno perso potere e titoli, ma sono ancora operativi. Sì, di impostori descritti trent’anni fa da Sciascia in giro ce ne sono ancora tanti. E non è difficile sapere dove operano e come operano. Sono sotto gli occhi di tutti.

Foto tratta da La Sicilia 

 

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