In Italia si riduce la spesa delle famiglie. E dove si riduce di più? Naturalmente al Sud!

9 novembre 2019

Lo scenario non può che essere questo, dal momento che lo Stato ha abbandonato il Sud. La crisi economica, iniziata con i subprime nel 2008, non è mai finita. Sopratutto in Italia. Dove il calo dei consumi è il segno più evidente di un’economia in sofferenza. Calo dei consumi significa, anche, aumento della disoccupazione. Le differenza tra il Sud da una parte e il Centro Nord dall’altra parte

Dal 2007 al 2018 le famiglie del Sud Italia hanno ridotto la spesa mensile media di 131 euro. In un anno, insomma, una famiglia del Mezzogiorno d’Italia,  in media, ha risparmiato poco più di mille e 500 euro. E non si tratta di un risparmio voluto, ma imposto dalla crisi economica.

Diverso lo scenario del Nord Italia, dove la spesa media mensile si è ridotta di 78 euro (poco meno di mille euro la riduzione della spesa annuale in una famiglia del Nord Italia).

Va ancora meglio nel Centro Italia, dove la riduzione della spesa mensile media per ogni famiglia è stata di 31 euro, con una riduzione annua di 372 euro.

Questi, in estrema sintesi, i dati pubblicati dall’Ufficio studi della Confederazione Generale Italiana degli Artigiani (CGIA). 

Dalla lettura di questi dati – una sorta di Rapporto sul calo dei consumi in Italia – nel complesso, a partire dal 2007 (che possiamo considerare l’anno della pre-crisi, se è vero che la crisi economica mondiale è esplosa l’anno successivo, nel 2008, con la vicenda dei subprime) le famiglie italiane hanno ridotto i consumi per un importo pari a circa 21,5 miliardi di euro. Tanto per cambiare, il calo maggiore è stato registrato nel Sud Italia!

NEL SUD IL GATTO CHE SI MORDE LA CODA – Questo dato è importante. Perché il maggior calo dei consumi nel Sud non è soltanto la testimonianza che in questa parte del Paese c’è più povertà, ma è anche il segno di una sorta di gatto che si morde la coda: perché il calo dei consumi riduce il numero di occupati e, nel complesso, fa aumentare la crisi economica del Sud. 

Chi è che, oltre alle famiglie che spendono meno (in alcuni casi perché la crisi economica spinge i consumatori a risparmiare, in altri casi perché è la mancanza di reddito a determinare il calo dei consumi), sta pagando il conto di questa interminabile crisi economica? Sono soprattutto gli artigiani e i piccoli commercianti.

E la Grande distribuzione organizzata? Anche se la tendenza va diminuendo, il Centri commerciali, dal 2007 ad oggi, hanno registrato una crescita decrescente dei consumi.

La domanda è: allora perché alcuni settori della Grande distribuzione organizzata sono in crisi? La risposta è piuttosto semplice: perché ci sono marchi della Grande Distribuzione Organizzata non italiani che stanno provando, con aggressive politiche di bassi prezzi, a mettere in difficoltà la Grande Distribuzione italiana.

Di mezzo c’è sempre la follia liberista: così facendo alcuni paesi impongono i propri prodotti ad altri Paesi: ed è incredibile che questo succeda dentro un’Unione Europea dove di ‘Unione’, quando ci sono di mezzo interessi economici e commerciali, se ne vede veramente poca!

GRANDE DISTRIBUZIONE ORGANIZZATA E QUALITA’ – Cosa potrebbe fare la Grande Distribuzione Italiana per difendersi da un’offensiva estera? Il rimedio potrebbe essere di legare la propria attività – soprattutto nell’agroalimentare – al territorio. Sfruttando la tendenza dei consumatori che oggi – per i cibi da portare in tavola – chiedono qualità.

Su Fonpage.it leggiamo una dichiarazione del coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA, Paolo Zabeo:

“I piccoli negozi e le botteghe artigiane faticano a lasciarsi alle spalle la crisi. Queste imprese vivono quasi esclusivamente dei consumi delle famiglie e sebbene negli ultimi anni ci sia stata una leggerissima ripresa, i benefici di questa inversione di tendenza non si sentono. Dal 2007, anno pre-crisi, al 2018 il valore delle vendite al dettaglio nei negozi di vicinato è crollato del 14,5 per cento, nella grande distribuzione, invece, è salito del 6,4 per cento. Questo trend è proseguito anche nei primi 9 mesi del 2019: mentre nei supermercati, nei discount e nei grandi magazzini le vendite sono aumentate dell’1,2 per cento, nelle botteghe e nei negozi sotto casa la contrazione è stata dello 0,5 per cento”.

Interessante anche la posizione espressa dal  segretario della CGIA, Renato Mason:

“Sebbene la manovra 2020 abbia scongiurato l’aumento dell’Iva e dal prossimo luglio i lavoratori dipendenti a basso reddito beneficeranno del taglio del cuneo fiscale, il peso del fisco continua essere troppo elevato. L’aumento della disoccupazione registrato con la crisi economica sta condizionando negativamente i consumi. Inoltre, come dimostrano i dati relativi all’artigianato e al piccolo commercio, è diventato sempre più difficile fare impresa, anche perché il peso della burocrazia e la difficoltà di accedere al credito hanno costretto molti piccolissimi imprenditori a gettare definitivamente la spugna”.

La CGIA ha analizzato le funzioni di spesa: da dove viene fuori che se tra il 2007 e il 2018 la contrazione dei consumi ha interessato l’acquisto dei beni (-10,3 per cento), la spesa per servizi è invece cresciute del 7 per cento.

LE MEDICINE POSSONO MANCARE, IL TELEFONINO, NO – E qui, leggiamo sempre i dati su Fonpage.it, “i beni non durevoli (es. prodotti cura della persona, medicinali, detergenti per la casa, etc.) sono crollati del 13,6 per cento, quelli semidurevoli (es. abbigliamento calzature, libri, etc.) si sono ridotti del 4,5 per cento e quelli durevoli (es. auto, articoli di arredamento, elettrodomestici, etc.) del 2,8 per cento”.

Ci si cura di meno, in media – anche con riferimento alla spesa per medicinali: ma telefonini, tablet e, in generale, servizi telefoni, ebbene, questi non debbono mancare: negli ultimi dieci anni i consumi di questi beni sono aumentati del 20,1 per cento e nell’ultimo anno, nonostante la crisi, sono cresciuti del 7,7 per cento!

telefoni cellulari a parte, si consuma di meno: meno auto, meno treni e, in generale minori spese per i trasporti: basti pensare, leggiamo sempre su Fonpage.it, che “tra il 2007 e il 2018 la caduta è stata addirittura del 16,8 per cento ed è proseguita anche quest’anno con un preoccupante -1 per cento”.

QUI L’ARTICOLO DI FONPAGE.IT

Foto tratta da insideratail.asia

 

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