Comuni, sanità a strade provinciali: tre esempi concreti di come il Nord penalizza il Sud

8 novembre 2019

Report ha puntato i riflettori sul Sud, o meglio, su come l’Italia tratta il Sud. In questo articolo il nostro amico Domenico Cortese segnala alcune incredibili ingiustizie ai danni del Sud. Dalle risorse scippate ai Comuni del Sud alle penalizzazioni appioppate alla sanità del Sud. Per non parlare di quello che succede nelle strade provinciali. Sempre sulle strade, ecco come i milanesi beffano i napoletani! La ribellione dei Comuni calabresi

da Domenico Cortese
presidente di Calabria Sociale
riceviamo e pubblichiamo

Dal 2011 è iniziata l’applicazione della riforma Costituzionale del 2001, concernente la maggiore autonomia finanziaria delle Regioni e dei Comuni. Ma alla diminuzione dei trasferimenti non è corrisposto un Fondo di Solidarietà Comunale e Regionale adeguato per assicurare integralmente i fabbisogni, come imposto dalla Costituzione.

Infatti, il Fondo comunale è solo “orizzontale” e attinge solo dalla fiscalità di base dei Comuni, che ammonta in totale a 25 miliardi annuali, mentre per il Ministero il fabbisogno totale dei Comuni ammonta a 33 miliardi.

A questo si aggiunge il fatto che si decise di riservare il 55% del fondo di solidarietà pagato dai Comuni tramite le entrate IMU e finalizzato alla perequazione dei suddetti fabbisogni, alla SPESA STORICA, ovviamente più larga al Nord. Quel restante 45% realmente perequativo, ripartito in base al rapporto tra capacità fiscale e il suddetto fabbisogno standard, si è ulteriormente dimezzato essendo riservato per il 50%, ancora, ad un’allocazione secondo la spesa storica!

FEDERALISMO NEI COMUNI – Inoltre, il calcolo stesso dei fabbisogni è falsato perché i servizi attualmente erogati dai Comuni sono considerati coincidenti con i loro fabbisogni (se non possiedi un asilo nido, per esempio, non ne hai diritto, se non per una copertura minima che può arrivare anche al solo 7% dei bambini).

Tutto questo è incostituzionale perché la Costituzione impone di legiferare i Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP) da assicurare universalmente, calcolando la differenza fra il costo di questi fabbisogni e la capacità fiscale del Comune.

Facendo questo calcolo, solo nel 2018,

Tropea ha avuto un ammanco di 1.397.601 (1 milione e 397mila) euro;

Ricadi di 1.298.551 (1 milione e 298mila) euro;

Drapia di 318.319 euro;

Parghelia di 318.941 euro;

Rende di 5.803.889 (5 milioni e 803mila) euro;

Lamezia Terme 11.007.439 (11 milioni) di euro;

Montalto Uffugo 4.495.982 (4 milioni e 495mila);

Cosenza 889.333 euro;

Crotone che si stima abbia un ammanco di 10 milioni di euro;

Catanzaro di 9 milioni;

Vibo Valentia di più di 4 milioni di euro;

Reggio Calabria addirittura con un ammanco di 31 milioni.

FEDERALISMO NELLA SANITA’ – Una cosa simile è accaduta dall’avvento graduale del Federalismo nella Sanità, con un’allocazione della compartecipazione Iva e un calcolo dei fabbisogni che, insieme alle politiche monetarie dei tagli decennali, sono andati a discapito del Sistema sanitario meridionale. Infatti, tra le altre cose, il totale della compartecipazione IVA delle Regioni (la “perequazione” tra le Regioni ricche e povere) è stato ogni anno diviso in due fondi, uno distribuito secondo i consumi finali (che ovviamente favorisce chi ha storicamente un sistema che offre più servizi) e l’altro secondo una formula di perequazione che tiene conto del fabbisogno e della differente dotazione di base imponibile IRAP di ogni Regione.

Era inizialmente previsto che per i primi due anni (2002 e 2003) fosse sottratta una quota del 5 per cento del primo fondo per sommarla al secondo; tale quota sarebbe stata del 9 per cento ogni anno a partire dal 2004 fino al totale azzeramento del primo fondo, previsto per l’anno 2013.

Il fondo finanziato dalla compartecipazione IVA, da allocare secondo i consumi finali, è stato di fatto sempre distribuito in base alla spesa storica.

FONDI PER LE STRADE PROVINCIALI – Un ultimo esempio dell’applicazione del federalismo riguarda i fondi per le strade provinciali. In Italia ci sono 130.000 Km di strade provinciali e la loro manutenzione lascia molto a desiderare. Colpa dei tagli alle Province (1 miliardo nel 2015, 2 nel 2016 e 3 nel 2017).

Pensate: per manutenere i 26.000 km di Strade Statali gestite dall’ANAS ci sono 2,2 miliardi l’anno mentre per i 130.000 km provinciali appena 700 milioni!

La cosa diventa ancora più sconvolgente se si approfondiscono i CRITERI tramite cui questi pochi soldi sono allocati.

Essi sono: lunghezza delle strade, presenza di aree montane, traffico.

Il primo indicatore è chiaro. Il secondo lascia a desiderare perché si sono utilizzate tabelle Istat dei tempi del fascismo relative alle “valutazioni climatiche”. Il terzo è completamente irrazionale: non tratta la conta del numero di autoveicoli circolanti, bensì quella dei lavoratori del settore PRIVATO, ovviamente prevalenti nelle Regioni settentrionali. Un insegnante, un infermiere, un carabiniere uno studente che utilizza l’auto non consuma l’asfalto!

STRADE: MILANO BEFFA NAPOLI! – Le strade gestite dalla Città Metropolitana di Milano sono 717 km, tutte in pianura, nella provincia di Napoli 800, “climaticamente” in pianura nonostante il Vesuvio e il Faito. A Milano (dati Aci 2015) circolano 2.303.215 autoveicoli e a Napoli 2.245.639; ma i veicoli non contano, si misurano gli occupati privati di Milano (858.592) e Napoli (559.874). Tirate le somme, con la metodologia valida per il 2018, Milano pesa 2,64% e Napoli 1,88%. Quindi a Milano viene riconosciuto un fabbisogno del 40% superiore nonostante i km di strade e gli autoveicoli siano più o meno gli stessi di Napoli!

E ADESSO la politica si appresta a dare il colpo di grazia, con un regionalismo differenziato che rischia di istituzionalizzare la DISUGUAGLIANZA nella gestione dei servizi essenziali. L’applicazione attuale del Titolo V è in generale in contraddizione con i principi fondamentali della Costituzione (oltre che con la stessa legge n. 42 del 2009), per i quali «è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese» (art. 3 Cost.).

Molti Comuni hanno presentato ricorso al Presidente della Repubblica. Tra quelli calabresi: Cinquefrondi, Marcellinara, Amaroni, Melicuccà, Petilia Policastro, Cicala, Mormanno, San Giorgio Albanese e San Demetrio Corone.
Per tutto questo urge un atto politico esemplare a capillare: che ogni Consiglio comunale deliberi una mozione perché il Sindaco chieda alle Istituzioni governative la formulazione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni, la riforma del modello di finanziamento al Sistema Sanitario e lo stop alla procedura dell’autonomismo.

Foto tratta da Discover Italy – Alitalia

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