Dopo quasi 100 anni di abbandono la Regione siciliana prova a recuperare uno dei luoghi di Montalbano: la Fornace Penna

29 ottobre 2019

Finalmente c’è un Governo regionale che si occupa di recuperare uno dei monumenti di archeologia industriale della Sicilia diventato famoso perché ogni tanto compare nelle puntate del “Commissario Montalbano”. Ecco cosa si proverà a fare per evitare che scompaia 

Signori, il Governo regionale di Nello Musumeci sta facendo una cosa giusta. Per la precisione, sta provando a salvare da un’incuria lunga oltre 100 anni, quello che oggi è non un esempio, ma la metafora dell’industria siciliana ormai praticamente scomparsa: la Fornace Penna di Scicli, provincia di Ragusa nota al grande pubblico perché ogni tanto compare nelle puntate del “Commissario Montalbano”.

“Fare presto e bene”, dice in un comunicato il presidente della Regione siciliana Nello Musumeci. Con mezza Sicilia allagata almeno mettiamo in salvo un reperto di archeologia industria. La nostra non è ironia: siamo assolutamente d’accordo con il Governo regionale.

Certo, se insieme con la Fornace Perna il Governo siciliano prestasse un po’ di attenzione ai fiumi e ai corsi d’acqua, ripulendoli, saremmo ancora più contenti. Ma dobbiamo prenderci quello che c’è: il Governo Musumeci è fatto da umanisti e giuristi: e questi ultimi non sono tenuti a conoscere l’ecologia, la silvicoltura e l’idraulica!

“L’antico stabilimento di contrada Pisciotto, diventato un monumento di archeologia industriale e reso ancora più celebre nel mondo attraverso la fiction del ‘Commissario Montalbano’ versa in condizioni precarie e le ondate di maltempo che interessano la Sicilia rischiano di danneggiarlo irreparabilmente”, leggiamo in un comunicato della presidenza della Regione.

Da qui un incontro del Governatore Musumeci con “una delegazione del Comune di Scicli, guidata dal sindaco Enzo Giannone, insieme al soprintendente ai Beni culturali di Ragusa, Giorgio Battaglia, presenti anche i deputati regionali Orazio Ragusa, presidente della Commissione Attività produttive, e Stefania Campo”.

“Nel corso dell’incontro tecnico – leggiamo sempre nel comunicato – si è convenuto sulla necessità, condivisa da tutti, di intervenire con celerità per evitare ulteriori danni alla struttura”.

In effetti, l’incendio che ha distrutto la Fornace Perna è del 1924: era ora di intervenire con “celerità”…

“Il sindaco di Scicli – prosegue il comunicato – ha suggerito il percorso della compravendita per consentire alla Regione siciliana di acquisire il bene dalla proprietà privata, ma la moltitudine dei proprietari e, soprattutto, i pregressi contenziosi e le ipoteche che gravano sul bene orientano il governo regionale verso la procedura espropriativa per fare presto e salvare il salvabile”.

“La Fornace Penna è un monumento, noto ormai nel mondo, che ricade su di un’area che conserva molteplici testimonianze storiche e archeologiche. Salvarlo dal degrado e valorizzarlo è un dovere – ha detto il Presidente Nello Musumeci-. Stiamo valutando tutte le ipotesi che ci possano consentire di avere la titolarità dell’area e intervenire sul manufatto. La Fornace è un bene prezioso e può diventare un centro culturale e sociale di attrazione ”.

“Il Governatore – prosegue il comunicato – ha affidato alla Soprintendenza il compito di redigere entro una settimana una compiuta relazione da trasmettere all’ufficio legale regionale per valutare le procedure da avviare”.

Nel comunicato c’è anche la storia della Fornace Penna:

“La Fornace Penna fu costruita sul mare di Punta Pisciotto tra il 1909 e il 1912 per volere del barone Penna e realizzata su progetto dell’ingegner Ignazio Emmolo. Il sito della fabbrica di laterizi era stato scelto con cura sia per la sua vicinanza alle vie di comunicazione, il mare consentiva l’attracco delle navi e nelle immediate vicinanze passava la ferrovia, sia per la presenza a poche centinaia di metri di una cava di argilla. Dotata di un forno Hoffmann, per l’epoca era una delle industrie più all’avanguardia del Meridione e riusciva a sfornare diecimila pezzi al giorno, tra mattoni e tegole, che venivano esportati in molti Paesi mediterranei, soprattutto a Malta e in Libia. Tripoli dopo la conquista italiana del 1911 fu in gran parte ampliata con laterizi del Pisciotto”.

“La Fornace è articolata su tre piani, e il corpo principale è a pianta basilicale tanto da somigliare più ad una antica chiesa che ad una fabbrica. La struttura interna si componeva di sedici camere disposte ad anello lunghe cinque metri e larghe tre e mezzo ciascuna. Il tiraggio forzato veniva esercitato da una ciminiera alta 41 metri e lo stabilimento era lungo 86 metri. Nella parte est era alloggiato il macchinario. La sala macchine ospitava due polverizzatori a martello; un’impastatrice ad eliche grandi, rifornita da elevatori a tazze, due laminatori con filiere per la produzione di gallette, laterizi forzati e tegole curve o coppi, una pressa a revolver per la produzione di tegole alla marsigliese, una pressa per la produzione di tegole di colmo. Esisteva pure un piccolo vano per la fabbricazione di stampi, tegole marsigliesi e rulli di scorrimento per i carrelli delle filiere. La Fornace Penna dava lavoro ad un centinaio di persone. Il 26 gennaio 1924 un incendio doloso la distrusse completamente. Vano fu il tentativo dei marinai di Sampieri, degli agricoltori dei fondi vicini e dei tanti operai, che cercarono di spegnere il rogo che ancora oggi rimane avvolto nel mistero”.

In realtà, qualche tesi sulla natura dell’incendio c’è:

“Una lettera abbandonata – scrive Wikipedia – attribuisce il gesto ai socialisti, mentre un’altra ipotesi adombra il sospetto di una vendetta interna alle file fasciste”.

Foto tratta da Castelbuono.org

 

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