Trasporti aerei e continuità territoriale: i Governi nazionale e regionale prendono in giro i siciliani?

26 ottobre 2019

Nel lontano 2001 si era partiti bene. Poi, però, dalla politica siciliana sono arrivate solo chiacchiere. Sembra che né la Regione, né il Governo nazionale abbiano fatto qualcosa per attivare in Sicilia continuità territoriale, ovvero le tariffe agevolate per i siciliani. Così, mentre lo Stato butta soldi nell’Alitalia, un siciliano, per andare a Roma o a Milano, deve spendere in media 500 euro!

da Alessio Lattuca
presidente di Confimpresa Euromed
riceviamo e pubblichiamo

Si tratta di una lettera che Alessio Lattuca ha inviato a:

Giuseppe Conte, Presidente Consiglio dei Ministri
Paola De Micheli Ministro dei Trasporti
Stefano Patuelli Ministro dello Sviluppo Economico
Peppe Provenzano Ministro per il Sud e la Coesione Territoriale
Vincenzo Amendola Ministro per gli Affari Europei
Ursula von der Leyen Presidente Commissione Europea
David Maria Sassoli Presidente Parlamento europeo
Rovana Plumb Commissario Europeo ai Trasporti
Nello Musumeci Presidente Regione Siciliana
Marco Falcone Assessore Regionale delle Infrastrutture e della Mobilità
Gaetano Armao Assessore Regionale al Bilancio

Esistono sviluppi in merito alla Continuità territoriale per la Sicilia?
Ci chiediamo e chiediamo se la Commissione Europea sia stata interessata dai Governi nazionale e regionale a modificare i programmi in merito alla continuità territoriale per la Sicilia, sugli scali di Catania, Comiso, Palermo e Trapani.

Risulta utile, intanto, segnalare che i successi in merito alla Insularità, continuità territoriale e tariffe per aree agevolate in Sicilia, sbandierati dai vari rappresentanti di governo e partiti, non corrispondono alla realtà.
Infatti, sembrerebbe che solo recentemente, il ministero delle Infrastrutture e Trasporti abbia comunicato di aver avviato gli approfondimenti con la Commissione Europea per permettere di utilizzare i fondi stanziati nella legge di stabilità e calmierare i prezzi dei biglietti aerei non solo per le isole minori di Lampedusa e Pantelleria, ma anche per gli aeroporti di Catania, Comiso, Palermo e Trapani.

Tuttavia risulta utile svolgere alcune considerazioni sui disagi e sui “costi” altissimi e fuori mercato posti in essere dall’assurdo trend del costo dei biglietti aerei per la Sicilia ai tempi delle low cost e di un vero e proprio cartello tra compagnie aeree che, negli ultimi anni, sta penalizzando oltremodo i siciliani. Un popolo che – a causa dei ritardi registrati dal ceto politico che avrebbe dovuto impegnarsi per la risoluzione dell’annoso problema – ha dovuto sopportare un ulteriore impoverimento. Al di là dei ricorrenti inutili proclami sullo sviluppo del Mezzogiorno, è una “questione” inaccettabile ed è concausa dell’arretratezza economica in cui versa la Sicilia.

Agevolare lo sviluppo delle imprese, finanziare le start-up, inserire i giovani nel mondo del lavoro sono misure che vanno integrate con la mobilità che l’Isola richiede. Per i residenti che si muovono, l’aereo è purtroppo l’unica scelta e i costi salatissimi incidono, significativamente, sull’economia delle famiglie che investono sui figli.

Mentre lo Stato dimentica i figliastri del Sud, ha dilapidato finora – secondo stime di Mediobanca aggiornate dal Sole 24 ore – 8,7 miliardi di euro per tenere in vita l’ex compagnia di bandiera. Sul Corriere della Sera è stato pubblicato un articolo che riporta il calcolo fatto da Andrea Giuricin, docente all’Università Bicocca di Milano e ricercatore presso l’Istituto Bruno Leoni il quale aveva già scritto in proposito, anche nel 2017, che la stima del costo per lo Stato di Alitalia, solo dal 2008 a oggi, sarebbe pari a quasi 9,5 miliardi di euro. Mentre i costi per viaggiare su Alitalia per i cittadini del Sud risultano sempre più elevati e risulta impossibile, per i più, viaggiare con questo vettore.

A tale proposito occorre segnalare che anche i costi dei treni sono diventati, progressivamente, salatissimi. E che dire del “Contratto di servizio” che dovrebbe prevedere politiche di solidarietà e di compensazione? Che dire degli accordi di programma, dei patti, delle politiche di coesione territoriale?

Però i Governi sono stati impegnati a discutere di “Autonomia differenziata” (una vera secessione camuffata della parte più ricca del Paese). Consapevoli che si tratta, esclusivamente, di dare di più a chi ha già di più. E ad alimentare i cinismi e gli egoismi di una parte del Paese che ha incamerato errate convinzioni, istigate da arrivisti e populisti e da un malinteso progetto di sviluppo.

Un atteggiamento incompetente e, talvolta, arretrato secondo il quale sarebbe possibile che il Paese possa svilupparsi correttamente, in assenza di un moderno ed efficace “Piano straordinario di Sviluppo per il Mezzogiorno che ponga al centro le infrastrutture. E che possa competere nel sistema globale abbandonando una vastissima area (il Mezzogiorno) dove vivono oltre 20 milioni di persone e che registra, tra tutti i noti problemi, una vera emergenza: un insopportabile indice di povertà assoluta e di povertà relativa.

D’altro canto il piano di investimenti per l’Europa, il cosiddetto “piano Juncker”, è nato per stimolare gli investimenti in tutta Europa, per rafforzare l’economia e creare posti di lavoro. Per quanto ovvio, l’obiettivo è possibile raggiungerlo soltanto se sono eliminati gli ostacoli agli investimenti, se viene fornita consulenza sui progetti potenziali ed, infine, se vengono erogati i finanziamenti.

Il piano utilizza una garanzia pubblica dell’UE per mobilitare gli investimenti privati. Nulla di tutto ciò è accaduto nel Sud del Paese. Le dichiarazioni della Commissione Europea sono di carattere straordinario:

“Il mercato unico è uno dei maggiori successi dell’UE e la sua migliore risorsa in tempi di crescente globalizzazione. È un motore per la costruzione di un’economia dell’UE più forte e più equa. Consentendo a persone, beni, servizi e capitali di circolare più liberamente si aprono nuove opportunità per i cittadini, i lavoratori, le imprese e i consumatori e si creano la crescita e l’occupazione di cui l’Europa ha urgente bisogno. Mercati dei capitali più integrati e profondi apporteranno maggiori finanziamenti alle imprese, in particolare alle PMI, e ai progetti infrastrutturali. Una maggiore mobilità dei lavoratori permetterà alle persone di spostarsi più liberamente verso i luoghi in cui sono necessarie le loro competenze”.

Nulla di tutto ciò è accaduto nel Sud del Paese. Risulta superfluo ricordare gli effetti positivi che una politica di buone pratiche avrebbe riservato agli emigrati e ai viaggiatori che, come ovvio, rappresentano un potenziale boom di visite nelle località siciliane. Tutto ciò sarà possibile solo se saranno attivate le misure menzionate e divulgate a mezzo stampa dalle autorità competenti.

Per tali ragioni bisogna accelerare i processi e, intanto, richiedere alla Commissione Europea di fornire aggiornamenti e maggiori dettagli sul riconoscimento della continuità territoriale della Sicilia e sulla possibilità di predisporre tariffe agevolate per i cittadini nati e residenti siciliani ed ancora: se tali eventuali agevolazioni saranno valide per l’intero territorio siciliano o solo per le isole minori. E se – a seguito della nota di risposta del 27 giugno 2016 (con la Commissione Europea che ha sottolineato che attualmente, sono stati imposti OSP (Oneri di Servizio Pubblico) su quattro tratte che collegano Lampedusa e Pantelleria alla Sicilia – siano state indirizzate ad essa le necessarie proposte o modifiche di OSP da parte delle autorità italiane.

E’ noto che le norme che prevedono il sostegno ai trasporti delle regioni remote, isole comprese, prevedono l’erogazione anche in forma di aiuti a carattere sociale conformemente agli Orientamenti sugli aiuti di Stato agli aeroporti e alle compagnie aeree (2014/C 99/03) della Commissione. Ma da quanto risulta, sembrerebbe che nessuno abbia richiesto alla Commissione l’attivazione di tali programmi.

Se corrisponde al vero, tale comportamento risulta quantomeno inqualificabile!

Nonostante la Sicilia abbia ottenuto qualche anno fa da Bruxelles lo status di insularità, che avrebbe dovuto far accelerare tutti gli iter per arrivare alla continuità territoriale, immaginare tariffe abbordabili per la Sicilia resterà un sogno. Tra l’altro, risulterebbe utile partire dalla premessa che prima ancora che di continuità territoriale, sarebbe giusto parlare di oneri di servizio pubblico, nel senso che la norma che dovrebbe finanziare questi incentivi deriverebbe, appunto, dagli oneri di servizio pubblico, di cui la continuità territoriale rappresenta una delle possibili motivazioni, ma non la ragione.

Ma è evidente che si tratta di un colpevole ritardo di chi ha responsabilità politica (ma non solo): cosa, questa, che ha enormi negative ricadute sui siciliani. Una vicenda che ha a che fare con le esigenze di milioni di persone costrette a volare ogni giorno su tutta l’Italia per lavoro, per studio, per salute, per necessità, per svago, pagando prezzi che sono spesso inaccessibili. Comunità vittime della incompetenza.

E’ noto ai più, infatti, che la richiesta e attivazione della continuità territoriale prende corpo se il Governo fa la richiesta alla Commissione, che a sua volta valuterà tratta per tratta. L’idea della continuità territoriale, che si accorda non sugli aeroporti ma sulle tratte, peraltro risale alla legge del 2000 e sembrava essere avviata ad un buon avvio e, forse, persino a buon fine.

Nel 2001, infatti, il Dipartimento Regionale Trasporti e Comunicazioni, ricordano gli atti della Regione «si era attivato presso gli organi centrali dello Stato per individuare ed avviare le procedure tecnico-amministrative necessarie a rendere concretamente utilizzabili le provvidenze economiche per la continuità territoriale con la Sicilia previste nella legge finanziaria statale 2000 (artt.133, 134 e 135), cofinanziate con l’art.36 della Legge regionale n.6 del 2001, ma non ancora di fatto operative». Non ancora operative allora e oggi attivate solo per Lampedusa e Pantelleria.

Eppure già 17 anni fa la Regione aveva elaborato un elenco di tratte su cui volare a tariffe ridotte. Dopo avere indicato nel 2001 come prioritarie le tratte Pantelleria-Trapani, Lampedusa-Trapani, Pantelleria-Palermo, Lampedusa-Palermo, Lampedusa-Catania, Trapani-Roma-Milano, Trapani-Bari-Venezia, Trapani-Catania, in una conferenza di Servizi del 7 agosto del 2002 erano state individuate altre tratte aeree interessate agli oneri di servizio pubblico. Da Palermo e Catania, quindi, voli per Trieste, Genova, Cagliari, Brescia, Bari, Ancona, Bruxelles, Stoccarda. Risultati zero! Oltre alla richiesta occorrono buone pratiche: una politica attiva che in modo irriducibile insista sulle esigenze del territorio, le risorse stanziate e non solo promesse.

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