Magna Grecia, Sicilia, Due Sicilie… una sola terra, una sola lotta

22 settembre 2019

Il nostro obiettivo – l’obiettivo del Sud Italia oggi – deve essere quello di unirci, nel rispetto delle reciproche identità, per combattere quel nemico comune che da ben 158 anni ci tiene ai margini del progresso sociale ed umano

di Giovanni Maduli
vice presidente del Parlamento delle Due Sicilie-Parlamento del Sud® (Associazione culturale), e componente della Confederazione Siculo-Napolitana

Senza nulla togliere ai grandi contributi portati alla cultura meridionale dalle altre regioni meridionali, Calabria, Puglia, Campania etc., credo sia corretto affermare che la Sicilia possa intendersi, per certi versi, come “Madre” di tutto il Sud e che, di conseguenza, tutto il Sud possa definirsi in un certo senso “Sicilia”. Anche perché, come è noto, il Regno di Sicilia si è esteso, per secoli e prescindendo dall’estensione fino alla Tunisia, da Lampedusa all’Abruzzo. Ed è proprio questo che mi sforzo continuamente di far comprendere agli amici Sicilianisti puri, intendendo per questi ultimi coloro che invece riconoscono nella sola Isola la loro Madre Patria.

E tuttavia credo che all’interno di questa Terra, tralasciando solo per brevità l’importante contributo storico culturale di altre importanti città come Bari, Catania, Messina, Crotone, Melfi, etc., Napoli e Palermo abbiano occupato dei ruoli preponderanti decretando di fatto una dualità che, lungi dall’essere rivale, come alcuni opportunisticamente affermano, costituisce invece una delle caratteristiche salienti della Nostra Patria. Caratteristica che invece di essere vista e vissuta come una insanabile controversia, ne costituisce l’essenza e l’humus.

Basti ricordare che, ad esempio, sul prospetto del Palazzo Reale di Napoli campeggiano ancora, fra le altre, le statue di Ruggero il Normanno e di Federico II di Svevia. Se infatti sotto i Normanni Palermo (ma anche altre città insulari) ha vissuto il proprio periodo di massimo splendore giungendo ad essere una delle maggiori capitali culturali e artistiche mondiali, Napoli lo è stata, sotto i Borbone, nel ‘700 e nell’800. Questi due secoli hanno infatti rappresentato per Napoli il suo risveglio e il suo riscatto.

Se fra il 1100 ed il 1300 Palermo ha visto giungere sui suoi lidi grandi cartografi, artisti, letterati, maestranze qualificate, etc., Napoli ha visto giungere fra il ‘700 e l’800 architetti, ingegneri, medici, musicisti di fama mondiale e da tutta Europa. E questa dualità storica e culturale è stata sottoscritta e valorizzata dai Borbone che riconoscevano ad entrambe le città il rango di capitale. Una dualità quindi non rivale ma semmai complementare.

D’altro canto, è innegabile che la distanza non indifferente fra le due Capitali (nell’800 prima dell’avvento delle navi a vapore occorrevano circa 36 ore per collegare le due città via mare), abbia determinato nel corso dei secoli una certa diversità riscontrabile nelle rispettive lingue, usi e costumi. Attenzione, lingue e costumi diversi ma molto simili.

E tuttavia quelle lievi diversità hanno dato e danno origine a modi di vedere, anche culturali, simili eppure diversi. Hanno dato origine a due identità simili, sorelle, ma distinte. Ora, se si fanno proprie le superiori considerazioni e se si tiene conto dello sviluppo altro e diverso che Napoli ha avuto nel corso del ‘700 e dell’800 rispetto a Palermo, non può non convenirsi che quelle differenze, seppure lievi e sorelle, abbiano dato origine ad una identità distinta da quella palermitana e quindi Siciliana in senso geografico.

Per questi motivi, seppure, come detto, storicamente tutto il Sud può intendersi come “Sicilia”, non può chiedersi ad un Napolitano (come pure ad un Pugliese o ad un Abruzzese) di doversi sentire Siciliano; non corrisponderebbe al vero: le identità sono simili è vero, ma al tempo stesso diverse. Palermo e la Sicilia insulare ha la sua storia e la sua cultura; Napoli ha le sue, ancorché simili a quelle siciliane. Riconoscere questo dualismo in chiave positiva e complementare è la via per superare inutili dualismi e contrapposizioni che certamente non giovano al riscatto dei rispettivi popoli.

Per contro, insistere su una rivalità, per altro imposta dal regime ma sconfessata da autorevoli storici di livello mondiale anche stranieri, favorisce solamente quel “Divide et impera” utile solamente a coloro che, oggi come ieri, hanno tutto l’interesse a tenerci divisi per più facilmente tenerci sottomessi.

Il Nostro obiettivo deve essere invece quello di unirci, nel rispetto delle reciproche identità, per combattere quel nemico comune che da ben 158 anni, profittando anche di questo falso dualismo artatamente costruito, ci tiene ai margini del progresso sociale ed umano.

Quanto sopra, poi, assume un valore determinante alla luce delle pianificate distruzioni economiche, sociali ed umane che tutti, indistintamente, stiamo subendo non solo dal 1860 ma adesso anche con l’imposizione di questa abusiva e spietata “Unione europea”.

Lo spopolamento di tutto il Sud, la nuova emigrazione (dopo quella di fine secolo XIX) soprattutto dei nostri giovani e la conseguente disgregazione delle nostre famiglie, la continua spoliazione delle nostre ricchezze economiche (vedi Banco di Sicilia, Banco di Napoli e di recente Banco di Bari), industriali e commerciali, il continuo e sempre crescente salasso tributario, la sostituzione delle nostre popolazioni, l’imposizione di una moneta privata usuraia, la forzata unificazione europea (come quella italiana del 1860), la distruzione dei nostri valori umani e filosofici, sono tragedie che non possono e non debbono riguardare solamente una parte dei nostri territori: la lotta a queste tragedie deve essere combattuta invece da tutti indistintamente e indistintamente da tutti sostenuta.

Ciò non intacca minimamente quello specifico sentimento identitario Siciliano e Napolitano che, come detto, seppure con lievi differenze, esiste e va riconosciuto. Né eventuali divergenze su determinati fatti storici pregressi, che per altro scaturiscono quasi sempre da volute, false e fuorvianti informazioni di regime, possono identificarsi come un valido alibi per astenersi dalla necessaria collaborazione.

Per questo quindi, chiamare la Nostra Terra Magna Grecia, Sicilia, Grande Sicilia, Due Sicilie o altro, ma che importanza ha?

La nostra terra è una e ci appartiene. Facciamo in modo che anche la lotta per la nostra liberazione sia una e una soltanto.

Foto tratta da La Bussola

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