Grano duro del Sud dimenticato: grillini e leghisti non hanno fatto nulla e ora sono tornati i renziani!/ MATTINALE 404

19 settembre 2019

Al di là delle chiacchiere, grillini e leghisti, al Governo dell’Italia per un anno e quattro mesi, non hanno fatto nulla per difendere il grano duro del Sud. Nulla sulla CUN, nulla sulla speculazione al ribasso sui prezzi, sulla sul grano duro Senatore Cappelli. E ora al timone del Ministero delle Politiche agricole sono tornati i renziani, mentre il grano canadese continua a invadere l’Italia!

Con l’avvento del Governo tra grillini e leghisti ci aspettavamo una svolta nella questione grano. Non solo la svolta non c’è stata, ma la situazione è peggiorata. Se prima dell’8 marzo 2018, attorno al grano duro del Sud, c’era un certo fermento, dopo quella data è scomparso anche quel fermento. Ribadiamo: il Governo Giallo-Verde – soprattutto per ‘merito’ del Ministro leghista delle Politiche agricole, Gian Marco Centinaio (ma anche per la strafottenza dei grillini, che anzi hanno ‘bastonato’ chi ha cercato di difendere gli agricoltori del Sud Italia) – ha peggiorato la situazione. E, adesso, il nuovo Governo non annuncia nulla di buono. Anzi.

Anzi, dal nuovo Governo arrivano notizie ‘ferali’ per l’agricoltura del Sud. Appena insediatasi, la neo Ministra delle Politiche Agricole, la renziana Teresa Bellanova – sostenuta da una campagna mediatica-retorica tesa a nascondere il suo vero volto – ha subito annunciato di voler lavorare per la ratifica del CETA, il trattato commerciale tra UE e Canada che, da quando è in vigore, ha creato solo enormi danni all’agricoltura del Sud Italia!

Se provate a cercare su questo blog, troverete tanti articoli su questo trattato commerciale-capestro che, in generale, è stato pensato per favorite le industrie e agro-industrie europee e i lobbisti degli appalti nelle pubbliche amministrazioni a scapito degli agricoltori. Per il Sud Italia, per l’agricoltura del Sud Italia, il CETA è un grande imbroglio.

Ma la Ministra renziana – che da qualche giorno fa parte del nuovo soggetto politico messo su dal suo ‘capo’ Renzi – come già ricordato, vuole ratificare il CETA che, lo ricordiamo, in questo momento è applicato in deroga, perché mancano i sì dei Parlamento di una decina di Paesi dell’Unione Europea: e tra i Parlamenti che non hanno ancora ratificato il CETA c’è anche quello italiano.

Ma il tema di questo articolo non è il CETA o, quanto meno, non è solo il CETA. Nel Sud – ma come vedremo non soltanto nel Sud – c’è un problema che si sta incancrenendo: la questione del grano duro.

E’ vero, il prezzo di questo prodotto, grazie a un contesto internazionale di carenza di produzione, è leggermente schizzato all’insù. Ma rimane inalterato il contesto speculativo che penalizza il grano duro del Sud.

E rimangono inalterati i fattori di crisi: nessun intervento concreto in favore del grano duro del Sud, a cominciare dall’istituzione della CUN, la Commissione Unica Nazionale sul prezzo del grano duro che dovrebbe porre fine alle speculazioni al ribasso su questo prodotto: speculazioni che hanno una doppia genesi: il contesto internazionale e, soprattutto, chi ha interesse a tenere basso il prezzo del grano uro del Sud per far fallire gli agricoltori del Mezzogiorno d’Italia per strappargli i terreni per quattro soldi.

Non possiamo tacere sul fatto che i grillini hanno avuto a disposizione un anno e 4 mesi di Governo per affrontare la questione del grano duro e la questione CETA: ma non hanno affrontato né la questione del grano duro, né la questione del CETA.

Ancora oggi, come già ricordato, si aspetta l’istituzione della CUN e, invece di dire No al CETA – come avevano promesso in campagna elettorale grillini e leghisti – adesso, addirittura!, si parla di far ratificare il CETA dal Parlamento italiano!

La verità, al di là delle bugie che si raccontano, è che l’Italia del Governo tra grillini e leghisti ha avuto la grande opportunità di bloccare il CETA in tutta l’Unione Europea. Dobbiamo ricordare che basta il “No” di uno dei 27 Paesi della UE per far cadere il CETA!

Ebbene, per un anno e quattro mesi – in perfetto accordo con quanto promesso nella campagna elettorale del 2018 – grillini e leghisti hanno avuto l’opportunità, con un voto del Parlamento italiano dove avevano la maggioranza, di ‘bocciare’ il CETA: ma né grillini e leghisti hanno mantenuto questo impegno che avevano assunto con gli elettori. Il resto sono solo chiacchiere.

Lo stesso discorso vale per il grano duro. Ribadiamo: nessun intervento a tutela del grano duro del Sud Italia. Solo qualche comunicato stampa di sostegno dell’eurodeputato Ignazio Corrao: e ci stava, visto che ci sono state di messo le elezioni europee. Ma al di là di queste chiacchiere, nulla di nulla!

E che dire del grano duro Senatore Cappelli! Ormai in televisione assistiamo a una farsa: programmi di qua e programmi di là che raccontano di come, in certa aree del Nord Italia si coltiva il grano duro Senatore Cappelli!

La storia l’abbiamo raccontata un sacco di volte. Siccome si è scoperto che, per la produzione di pasta di elevata qualità, il grano di questa varietà di grano duro – specie se coltivato in biologico – è, in assoluto, tra i migliori del mondo, il Nord Italia ha deciso di impossessarsi di questa varietà e di privatizzarla, imponendo una serie di penalizzazioni a chi lo coltiva senza il ‘permesso’ dei ‘nuovi padroni’!

Infatti, nella passata legislatura – con i renziani sulla plancia di comando del Ministero delle Politiche agricole – la varietà di grano duro Senatore Cappelli è finita nelle mani di una società privata che gestisce l’operazione con un’organizzazione agricola. Il presidente di Confagricoltura Sicilia, Ettore Pottino, ha denunciato subito quello che stava e sta ancora succedendo. Il 26 giugno dello scorso anno ha dichiarato:

“La SIS e la Coldiretti hanno creato il monopolio sul Senatore Cappelli. Intervenga il nuovo Ministro”.

Il riferimento era al citato Ministro leghista delle Politiche agricole, Centinaio: che ha lasciato inalterato quanto fatto dal suo predecessore, Maurizio Martina (PD).

Ora è arrivata la citata Ministra renziana Teresa Bellanova: secondo voi questa signora restituirà la cultivar Senatore Cappelli agli agricoltori del Sud Italia? Secondo noi, nemmeno per sogno! sarebbe, come dire?, un’iniziativa troppo di sinistra…

Attenzione, parliamo di un fatto estremamente serio e grave: a fronte di un quintale di grano duro coltivato con i metodi tradizionali il cui prezzo non va oltre i 20-26 euro al quintale (la ‘forbice’, da qualche anno a questa parte, è sempre stata di 20-22 euro: si è allargata un po’ con il lieve incremento del prezzo), il prezzo di un quintale di Senatore Cappelli si vende a 70 euro al quintale (e anche a 90 euro al quintale se coltivato in biologico).

Tra l’altro, la varietà Senatore Cappelli si presta molto bene alla coltivazione in biologico, perché dà una pianta piuttosto alta che risulta molto competitiva con le cosiddette malerbe.

Oggi non c’è più libertà per gli agricoltori: chi vuole coltivare il grano duro Senatore Cappelli, se poi lo deve vendere come tale (cioè come grano duro Senatore Cappelli) deve chiedere il ‘permesso’ a chi ne è diventato il ‘proprietario’. Le restrizioni sono così stringenti che gli agricoltori del Sud, anche se coltivano Senatore Cappelli, preferiscono venderlo come grano duro normale, magari in biologico, perdendo un sacco di soldi!

L’operazione Senatore Cappelli è una delle tante manifestazioni di colonialismo del Nord verso il Sud. Siccome il grano duro Senatore Cappelli era troppo importante e troppo remunerativo per il Sud, bisognava toglierlo ai ‘cafoni’ del Sud: e così hanno fatto!

Da un anno, sulla privatizzazione del Senatore Cappelli, si attende il pronunciamento dell’Antitrust: ma ‘sto pronunciamento ancora non arriva.

Il timore è che quello che hanno fatto con il grano duro Senatore Cappelli – che lo ricordiamo è stata selezionato in Puglia nei primi del 900 e che fino a prima della sua privatizzazione era molto coltivato in Sardegna, in Sicilia, in Puglia e in altre Regioni del Sud – venga riproposto con i grani antichi siciliani.

Ci hanno già provato nella passata legislatura e non ci sono riusciti. Ma non è detto che non ci riprovino!

Intanto, mentre noi scriviamo e leggiamo, l’Italia è letteralmente invasa da grano duro estero, soprattutto canadese. Nell’ultimo anno le importazioni di grano canadese, in Italia, sono aumentare di ben sette volte!

Sapete che significa questo: che l’Italia è piena di grano duro canadese (pane e pasta) e di grano tenero canadese (dolci e merendine).

Chi legge I Nuovi Vespri sa che cosa significa tutto questo tra glifosato e micotossine DON…

 

 

 

 

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