Quando Fabrizio De Andrè difendeva la Calabria e il Sud

2 settembre 2019

La presentazione di un libro su Fabrizio De Andrè, prevista sabato prossimo a Palermo, ci consente di ricordare l’amore di questo grande artista per il Sud. De Andrè è sempre stato vicino agli ultimi. E si è sempre battuto per la giustizia, in “direzione ostinata e contraria”. Oggi, grazie al Gruppo anarchico ‘Alfonso Failla’, annunciamo la presentazione di un volume che racconta il grande artista. Noi invece ricordiamo Fabrizio De Andrè in difesa del Sud

La presentazione di un libro su Fabrizio De Andrè – “Che non ci sono poteri buoni. Il pensiero (anche) anarchico di Fabrizio De Andrè” (editrice A) – prevista a Palermo sabato 7 settembre ci consente di ricordare un aspetto molto particolare di questo grandissimo cantautore: il suo amore per il Sud.

L’ultimo suo concerto lo tenne il 13 agosto del 1998 a Roccella Ionica, in Calabria. “Tra una canzone e l’altra – leggiamo in un articolo di Esquire – parlò degli squatter, a cui disse di voler dedicare una canzone, definì l’allora ministro Giorgio Napolitano (che allora era Ministro degli Interni ndr) ‘l’unico extracomunitario d’Italia’, disse che senza la ‘ndrangheta la disoccupazione in Calabria sarebbe stata ben peggiore. ‘Non pensi di esagerare?’, gli chiesero quando scese dal palco. ‘Col cazzo che esagero’, rispose lui”.

Ovviamente, le sue parole vennero strumentalizzate. Chi le strumentalizzava era in malafede. De Andrè, senza bisogno di essere economista, ma solo un artista di grande sensibilità sociale (e di grande cultura) stava soltanto dicendo che lo Stato, in Calabria e, in generale, nel Sud era assente: e che se era la ‘ndrangheta a dare lavoro ai calabresi, ebbene, questo succedeva perché della Calabra e, in generale, del Sud, lo Stato italiano se ne fregava.

Sull’Italia, del resto – e sul senso dello Stato e delle istituzioni in Italia – De Andrè aveva un’idea chiarissima che ribadirà in Don Raffaè:

“…Prima pagina, venti notizie
Ventun’ingiustizie e lo Stato che fa
Si costerna, s’indigna, s’impegna
Poi getta la spugna con gran dignità…” 

Fabrizio De Andrè era un genio. E conosceva bene la storia d’Italia. Non solo sapeva come l’Italia aveva trattato il Sud a partire dal 1860, ma con la sua sensibilità artistica aveva capito che la stagione della ‘legalità’ – la lotta alla mafia, alla camorra e alla ‘ndrangheta – se non fosse stata accompagnata da un intervento dello Stato a sostegno del Sud avrebbe ulteriormente danneggiato il Sud e i suoi cittadini: cosa che si è puntualmente verificata e che continua a verificarsi.

Oggi, a vent’anni dalla morte di Fabrizio De Andrè, a questa riflessione siamo arrivati grazie alle relazioni annuali della SVIMEZ e – per esempio – grazie all’inchiesta della magistratura di Caltanissetta che ha  fatto luce su come veniva gestita la Sezione penale per le misure di prevenzione del Tribunale di Palermo: ovvero su come, nel recente passato, venivano gestiti i beni sequestrati e confiscati alla mafia (e su come venivano disposti tali sequestri e tali confische).

De Andrè aveva perfettamente ragione quando disse che “che senza la ‘ndrangheta la disoccupazione in Calabria sarebbe stata ben peggiore”. Lo dimostra la vicenda di Pino Maniaci, il giornalista – direttore di Tele Jato – che per primo, e in solitudine, denunciava le storture nella gestione dei beni confiscati alla mafia.

Maniaci non denunciava soltanto il fatto in sé, che era già grave, ovvero le storture nella gestione nella Sezione penale per le misure di prevenzione del Tribunale di Palermo: denunciava, anche, i danni che tale gestione aveva provocato all’economia siciliana (ci dobbiamo chiedere come mai nessun economista abbia quantificati tali danni).

Per la cronaca, Maniaci aveva previsto tutto: anche che sarebbe stato arrestato: cosa che si è puntualmente verificata.  

Dopo di che è giusto dare spazio al libro che verrà presentato sabato prossimo a Palermo. Lo facciamo riportano il comunicato stampa che ci è stato inviato dal Gruppo Anarchico ‘Alfonfo Failla’ di Palermo:

“Fabrizio De André (Genova 1940 – Milano 1999) si è dichiarato anarchico fin dalle sue prime letture giovanili, alle quali si accostò dopo l’ascolto dei dischi di Georges Brassens che suo padre aveva portato da Parigi. Noi della rivista ‘A’ conoscemmo lui e Dori Ghezzi nel 1974, incontro che portò alla nascita di un’amicizia, una stima reciproca e un dialogo profondo che non si sono mai interrotti. Non è un caso che questo libro esca come numero speciale della rivista ‘A’, la sua preferita, che a volte nei concerti si metteva in tasca, con il logo di copertina ben visibile”.

“Noi ci occupiamo esclusivamente del suo pensiero – prosegue il comunicato – e lo facciamo in modo plurale. Abbiamo ripreso il meglio degli articoli, saggi e interviste apparse su ‘A’ che affrontano le mille questioni di cui si è occupato: carcere, droga, popoli nativi, omo/transessualità, zingari, maggioranze e minoranze, prostitute, guerra, ipocrisia piccolo-borghese, ecc.  Apre il libro uno scritto di Dori Ghezzi sul proprio rapporto con l’anarchia. Sono riprodotti i testi del dossier ‘Signora libertà, signorina anarchia’; venti interviste realizzate da Renzo Sabatini con amici, collaboratori, ‘esperti’ di tematiche approfondite da Fabrizio; notizie sui suoi concerti a favore degli anarchici (compresi quelli a Rimini 1975 e a Bologna 1976, di cui si sapeva poco o niente); altri scritti, testimonianze, poster, foto e disegni in parte inediti”.

“Vi è poi la riproduzione di 25 pagine del volume L’anarchia, che Dori ci ha regalato, appartenuto proprio a Fabrizio. Ogni pagina ha sottolineature e annotazioni scritte di suo pugno, che testimoniano la meticolosità della sua lettura e anche la profondità delle sue riflessioni, con un occhio alla storia e uno all’attualità. Uno strumento prezioso e inedito per meglio comprendere come lavorava. Ancora una volta, il pensiero di Fabrizio – conclude il comunicato – si conferma uno scrigno, una cassetta degli attrezzi per coloro che – anarchici/che o no – vogliano riflettere, sognare ma anche cercare di realizzare un mondo migliore, per quanto possibile, di persone libere e uguali”.

La presentazione del libro è prevista alle 17 e 30 nei locali della Casa della Cooperazione in Via Ponte di Mare 45/47. Saranno presenti Paolo Finzi, direttore di A-Rivista anarchica, e il giornalista palermitano Mario Azzolini per un dialogo sui ricordi personali legati a Fabrizio De Andrè.

L’iniziativa è promossa dal Gruppo anarchico “Alfonso Failla” di Palermo.

Foto tratta da Sardegna Magazine

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