Dietro la tragedia di Marcinelle il ‘Patto’ tra Italia e Belgio sulla pelle di meridionali (in testa siciliani) e veneti

9 agosto 2019

Ieri abbiamo ricordato l’anniversario della tragedia di Marcinelle. Come ha ricordato ‘Vento da Sud, Vento Brigante’, dietro questa tragedia c’era un ‘Patto’ razzista e schiavista chiamato “Uomo-Carbone”. L’Italia forniva i minatori, che venivano trattati da schiavi e, in cambio, il Governo belga si impegnava a vendere all’Italia un minimo di 2 mila e 500 tonnellate di carbone ogni mille minatori immigrati. Il ‘Patto’ infame coinvolgeva il Sud, Sicilia in testa, e il Veneto, che allora era una Regione povera 

Nella pagina Facebook Vento da Sud, Vento Brigante, ieri, anniversario della tragedia di Marcinelle, si ricorda una delle tante vergogne antimeridionali italiane.

“LO SCELLERATO PATTO, CARNE DA MACELLO DAL SUD ITALIA IN CAMBIO DI TONNELLATE DI CARBONE PER LE INDUSTRIE DEL NORD ITALIA”.

E ancora:

“L’8 agosto del 1956 centinaia di minatori del Sud Italia morirono sepolti nella miniera di Marcinelle, in Belgio. Dopo anni emerse una verità agghiacciante, l’allora governo italiano fece un patto col Belgio:

‘Vi forniamo manodopera a basso costo e da sfruttare presa dal Sud in cambio del carbone per le fabbriche del Nord Italia”.

L’Italia aveva firmato, nel 1946, il Protocollo italo-belga che prevedeva l’invio di 50.000 lavoratori in Belgio che, in cambio, avrebbe dato carbone. Il Belgio garantiva 200 kg di carbone al giorno alle industrie del Nord per ogni paio di braccia del Sud! Da 158 anni fratelli di nessuno”.

Vento da Sud, Vento Brigante racconta una verità agghiacciante.

Grazie al post di Vento da Sud, Vento Brigante ci siamo ricordati di questa storia dall’aspro sapore classista e schiavistico, il protocollo italo-belga chiamato “UOMO-CARBONE”.

Questo protocollo fu firmato a Roma tra il il 23 Giugno 1946 per il trasferimento di 50.000 minatori italiani in Belgio, al ritmo di 2000 a settimana. In cambio il Governo belga si impegnava a vendere mensilmente all’Italia un minimo di 2.500 tonnellate di carbone ogni 1.000 minatori immigrati. Il contratto prevedeva 5 anni di miniera, con l’obbligo tassativo, pena l’arresto, di farne almeno uno.

Nei Comuni italiani iniziarono a comparire dei manifesti che informavano della possibilità di questo lavoro, ma per quanto riguarda le mansioni effettive, diceva molto poco.

Il viaggio in treno verso il Belgio durava tre giorni e tre notti. Non c’erano vagoni degni di tale nome, né servizi igienici.

Arrivati a destinazione gli alloggiati si trovavano in luoghi che somigliavano molto a ex campi di concentramento: baracche di legno, di lamiere ondulate, letti a castello, materassi di paglia e biancheria sudicia.

Ovviamente, a parte una numerosa rappresentanza di veneti (allora la più povera tra le Regioni italiane), la maggior parte degli operai salì dal Sud e dalla Sicilia, dove il lavoro in miniera aveva per tanti anni costituito un mezzo di sostentamento.

Le condizioni di vita e di lavori di questi nostri sfortunati connazionali non furono migliori di quelle descritte nelle zolfatare siciliane. Anzi, basti pensare che per scavare il carbone basta essere all’interno di un cunicolo alto appena 25 centimetri.

Il minatore lavorava per ore e ore a volte rivoltandosi nei suoi stessi escrementi (da una lettera di un minatore alla moglie).

Le pattuizioni tra i due governi furono dettagliate e minuziose in merito al reclutamento e allo spostamento (una vera tratta!) e al trattamento dei lavoratori, mentre in materia di orario di lavoro, di sosta al lavoro, di riposo settimanale si fa un generico rinvio al contratto-tipo belga nel settore. Nulla fu detto sulla sicurezza sul lavoro.

E infatti i morti in miniera furono migliaia.

Come il terribile incidente avvenuto a Marcinelle, la mattina dell’8 agosto 1956 nella miniera di carbone Bois du Cazier (qui la storia di questa tragedia). Una vicenda immortalata dal grande poeta siciliano, Ignazio Buttitta.

Lu trenu di lu suli di Ignazio Buttitta 

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