E le Province siciliane? Il Governo Musumeci va di proroga in proroga, come il Governo Crocetta…

5 agosto 2019

Detto questo, il tema è molto più complesso. E va al cuore dei rapporti tra Stato e Regione siciliana. Serve una svolta profonda. Serve a poco la potestà esclusiva della Regione sugli enti locali se poi il Parlamento siciliano è ormai sotto ‘tutela’ del Governo nazionale. La politica siciliana deve rilanciare il tema dell’Alta Corte per la Sicilia, contestando, alla radice, il ruolo della Corte Costituzionale   

Nel silenzio generale che accompagna le ex Province della Sicilia, ormai ridotte a meri ‘stipendifici’, se è vero che, lasciate senza soldi, non sono ormai da tempo nelle condizioni di effettuare i servizi previsti dalla legge, si leva la voce del presidente del Comitato nazionale pro-Province, Salvatore Giuseppe Sangiorgi.

Ribadiamo: è un caso unico in una Sicilia politica che, su tale vicenda, ha scelto il silenzio (in verità con la sola eccezione del vice presidente dell’ANCI Sicilia, Paolo Amenta, che da anni pone la questione del rilancio delle Province della nostra Isola).

Sangiorgi non risparmia critiche al Governo regionale di Nello Musumeci che sulle Province sta tenendo la stessa linea politica del precedente Governo regionale di Rosario Crocetta. Crocetta, lo ricordiamo, ha commissariato le ex Province procedendo, ogni anno, con i rinnovi dei commissari; il Governo Musumeci ha confermato il commissariamento e si limita a prorogare i commissari.

“È veramente singolare ed inspiegabile – dice Sangiorgi – che a quasi due anni dal suo insediamento, il Governo Musumeci, presentatosi come alternativo ai governi precedenti, non sia stato in grado di dare alle ex Province un assetto istituzionale politico/organizzativo. Prorogando ulteriormente i commissari degli enti sino al 31 maggio del 2020, il Governo Musumeci, come già evidenziato da tanti analisti, sembra la continuità del disastrato ed inqualificabile governo Crocetta”.

“Ricordiamo al Presidente – prosegue Sangiorgi – che dare legittimazione politica, attraverso il voto ai governi del territorio, oltre ad essere un obbligo costituzionale, sancito dalle leggi dello Stato, dovrebbe essere interesse prioritario di qualsiasi amministratore, attraverso il quale si impegna a rafforzare il controllo, la trasparenza e la sana gestione della cosa pubblica”.

In realtà, qui il Presidente Musumeci si è trovato tra due fuochi: c’è chi contesta le eventuali elezioni provinciali (che comunque non riguarderebbero le Province di Palermo, Catania e Messina, ribattezzare Città Metropolitane ai coi vertici, come previsto dalla legge nazionale Delrio, siedono i sindaci delle rispettive città) e chi, invece – come il Comitato nazionale pro-Province ne chiede la celebrazione.

Sangiorgi ricorda che che la Sicilia, “in materia di organizzazione degli enti locali” ha “potestà esclusiva”, ma “è riuscita a fare peggio delle altre Regioni italiane, che nonostante la lacunosa legge Delrio, sono riuscite a darsi delle regole e dei governi”.

In effetti, potrebbe anche intervenire il Parlamento siciliano. Anche in questo caso l’accusa mossa al Governo Musumeci sembra un po’ ingiusta, perché la qualità dell’Assemblea regionale siciliana di oggi non sembra proprio in grado di affrontare una riforma in alternativa alla legge nazionale Delrio recepita da un Parlamento siciliano che era ancora meno autorevole dell’attuale!

Non è un caso che Roma, dopo aver sostanzialmente abolito il ruolo del Commissario dello Stato per la Sicilia – che era comunque un ‘filtro’ tra il Parlamento dell’isola e il Governo nazionale – sia oggi non l’arbitro, ma il ‘tutore’ dello stesso Parlamento siciliano che, con rispetto parlando, non conta proprio nulla!

Battagliero, ma comunque amaro il finale del comunicato di Sangiorgi:

“L’insipienza e il disinteresse sull’argomento da parte della stragrande maggioranza di cittadini, dipendenti, sindaci e rappresentanti delle istituzioni, non autorizza nessuno, né tanto meno l’attuale Governo regionale, a maneggiare enti ed istituzioni con assoluta superficialità. Serve, invece con urgenza, al di là della retorica dei soliti proclami e frasi fatte, un’assunzione di responsabilità, da parte degli eletti, indipendentemente dagli schieramenti di appartenenza, dando finalmente ai siciliani e alla Sicilia una degna riforma, per migliorare l’attenzione ai territori, ma soprattutto, per ripristinare la credibilità della politica e la fiducia dei cittadini alle istituzioni”.

Noi non crediamo che la soluzione sia questa.

A nostro modesto avviso, il Parlamento siciliano e il Governo siciliano dovrebbero ripristinare il ruolo del Commissario dello Stato che il disastroso centrosinistra italiano ha sostanzialmente abolito, dando a Roma il potere pieno e assoluto sullo stesso Parlamento della nostra Isola.

Dopo di che il Governo regionale dovrebbe porre con forza il tema dell’Alta Corte per la Sicilia, che una sentenza abusiva della Corte Costituzionale, nel 1957, non ha abrogato, ma solo bloccato. L’Alta Corte per la Sicilia è ancora viva: il Governo regionale dovrebbe nominare i proprio componenti e invitare lo Stato a nominare i suoi.

Se lo Stato si dovesse rifiutare, la Regione dovrebbe rivolgersi non alla Corte Costituzionale – che da quando esiste non ha fatto altro che demolire l’Autonomia siciliana – ma ad altre magistrature internazionali.

E’ arrivato il momento di contestare radicalmente gli attuali rapporti tra Stato e Regione siciliana. Cominciando a mettere in discussione il ruolo, in Sicilia, della Corte Costituzionale.

 

Foto tratta da ilmattinodisicilia.it 

 

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