Musumeci: “Nessuna paura dell’Autonomia differenziata. Ma dicano con chiarezza cosa prevede”

23 luglio 2019

Ospite, ieri, della trasmissione ‘Centocittà’ di Radio Uno Rai, il presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci, ha chiarito la posizione del Governo siciliano sull’Autonomia differenziata chiesta a gran voce dai presidenti delle Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Ripercorriamo, sinteticamente, le sue risposte e le sue proposte 

di Adriana Vitale

Nessun pregiudizio sull’Autonomia differenziata, a patto che tutto venga fatto alla luce del sole, senza ‘misteri’ e, soprattutto, nel rispetto delle prerogative delle Regioni: di tutte le Regioni italiane e non soltanto delle regioni del Nord. E, soprattutto, senza ledere l’unità nazionale, come ha sottolineato il Presidente della Repubblica, Mattarella.

Questa, per grande sintesi, la posizione espressa ieri dal presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci, a Radio Uno Rai, nel corso della trasmissione Centocittà.

Il presidente Musumeci ha chiesto al capo del Governo italiano, Giuseppe Conte, di convocare i rappresentanti di tutte le Regioni. Anche il presidente della Regione Liguria, Toti, ha chiesto la stessa cosa. Con molta probabilità, il presidente del Consiglio dei Ministri di sentirà un po’ accerchiato…

“Non credo – ha detto Musumeci -. Noi abbiamo posto una questione di metodo. Personalmente, penso che l’Autonomia differenziata non sia una questione limitata soltanto al triangolo del Nord, perché le ripercussioni sul piano fiscale, ma sostanzialmente sulla finanza locale, arriveranno a tutte le altre Regioni e peseranno sulle altre Regioni del nostro Paese. Ho chiesto al presidente Conte ti fare quello che avrebbe dovuto fare già da un pezzo, ovvero istituire un tavolo per tutti i rappresentanti delle Regioni e non soltanto per quelle che hanno chiesto l’applicazione dell’Autonomia differenziata”.

Una vicenda un po’ particolare, l’Autonomia differenziata. “In effetti – ha sottolineato Musumeci – sembra una sorta di ‘mistero’, sì, per certi versi questa storia dell’Autonomia differenziata è circondata da un alone di mistero. È come se nessuno, al di sotto della linea gotica, avesse il diritto di sapere di cosa stiamo parlando. Noi, da siciliani, non siamo, in linea principio, contrari al regionalismo differenziato: siamo autonomisti da 73 anni, diciamo che questa nostra Autonomia siciliana è stata utilizzata molto spesso male, in una cornice di privilegio invece che di responsabilità. Ma, adesso, grazie a Dio la classe dirigente della nostra Isola è cambiata. Però voglio dire: non ci ingelosiamo del fatto che le Regioni del Nord possono, su alcune specifiche materie, chiedere competenze e deleghe finora in capo allo Stato. Il problema è capire che fine fa il Fondo di solidarietà. E ancora: che fine farà il Fondo perequativo? Che fine farà la perequazione infrastrutturale? Lo diceva bene il collega De Luca, il Mezzogiorno d’Italia continua a ricevere dal 6 all’ 8% in meno di risorse per le infrastrutture e Roma si deve convincere che un Nord in crescita e un Sud arretrato condanna l’Italia all’immobilismo. È il sistema Italia che bisogna sostenere e se non c’è un Sud adeguato, un Sud competitivo, l’Italia non va da nessuna parte”.

Inevitabile la domanda: ma se il Sud non è competitivo, beh, non è anche un po’ colpa di chi lo governa? “Sono d’accordo – ha risposto il presidente della Regione siciliana – infatti per questo dico che, da parte dello Stato, servirebbe un cronoprogramma, servirebbe un controllo effettivo, servirebbe la capacità di far sentire il fiato sulla nuca di certi amministratori del Mezzogiorno d’Italia. Ma, al tempo stesso, abbiamo il diritto e il dovere di chiedere a Roma alcune deroghe: per esempio, sulle procedure per gli appalti. Sapete che, in Sicilia, un’opera pubblica, dal momento in cui viene pensata al momento in cui si apre il cantiere può richiedere anche 3-4 anni? E come si fa a potere dotare di infrastrutture il Mezzogiorno d’Italia con questi tempi biblici? Si chieda all’Unione Europea, lo faccia Roma, chieda all’Unione europea di derogare nelle procedure, eliminando lacci e lacciuoli e poi si vedrà chi sarà più in grado, fra i governatori del Mezzogiorno d’Italia – e non solo dei governatori, ma anche degli enti locali – di potere accelerare la spesa pubblica. Senza questi accorgimenti rimarremo sempre al palo. Ecco perché serve un piano speciale per il Mezzogiorno d’Italia”.

Quindi, quando il presidente del Consiglio Conte dice che vuole rilanciare il Sud con un Patto per il Sud, un Patto speciale per il Meridione d’Italia lei è d’accordo? “Certo – ha replicato Musumeci -. Ma vogliamo capire cosa c’è dentro questo Patto per il Sud. Così come sarebbe bello capire cosa c’è dentro a questo regionalismo differenziato che, come ha sottolineato il professore Gianfranco Viesti e come ha ribadito Zanchini è ancora un testo in parte nascosto”.

Un po’ misterioso, insomma? “In parte sì, è un po’ misterioso. Detto questo, da parte nostra nessun pregiudizio, a patto che manteniamo fede a un principio-cardine ricordato dal Presidente della Repubblica Mattarella: l’Italia deve essere una comunità coesa e solidale. Ma se questo regionalismo differenziato -a concluso Musumeci – per una sbavatura nella sua applicazione, dovesse rendere più ricco chi è già ricco e più povero che è già povero, beh, allora non mi sembrerebbe una grande opera di architettura costituzionale”.

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