Sul Titanic

Cronache del PD/ Zingaretti e Renzi: uniti litigano, divisi scompaiono

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Il ‘siluramento’ di Davide Faraone dalla segreteria del PD siciliano era ‘scritto’ con l’elezione di Nicola Zingaretti alla segreteria nazionale del Partito Democratico. Faraone è stato messo da parte per indebolire Renzi. La vera notizia, oggi, non è il Faraone ‘silurato’, ma Matteo Renzi che sembra ormai un pugile suonato!

Molti lettori, in privato, ci hanno tempestato con domande che riguardano il PD:

“Perché non parlare di Davide Faraone?”

“Come mai non dite nulla sul quello che sta succedendo nel PD siciliano?”.

“Vi occupate solo di storia della Sicilia e di grano?”.

E via continuando con domande simili.

Che rispondere? Che siamo molto annoiati nel vedere un partito – che si dice di sinistra – che quando non penalizza lavoratori o il Sud (come stanno cercando di fare in queste ore gli amministratori dell’Emilia Romagna, PD, che chiedono, come i leghisti, “l’Autonomia differenziata”) litiga.

La storia del ‘disarcionamento’ di Davide Faraone dalla segreteria regionale siciliana del PD era scritta dopo l’elezione, a segretario nazionale, di Nicola Zingaretti.

Il problema non è Faraone – che non conta niente a Roma e, con la fine del Governo regionale di Rosario Crocetta, non conta niente in Sicilia.

Il problema del PD si chiama Matteo Renzi. Faraone – renziano della prima ora – deve essere sbattuto fuori dalla segreteria del PD siciliano (che, peraltro, occupa non certo nel quadro di un accordo politico, o di un elezione regolare, ma di una forzatura del regolamento interno a questo partito).

Faraone paga per essere renziano.

Renzi avrebbe dovuto, già da un pezzo, lasciare il PD. Ma per farlo ci vuole coraggio: e Renzi on ha nemmeno questo.

Renzi era bravo quando, da segretario del PD e presidente del Consiglio dei Ministri, penalizzava i lavoratori, i docenti della scuola, il Sud e via continuando.

Ma Renzi non è un politico coraggioso. Anzi, Renzi – senza il potere – è espressione del nulla politico.

Del resto, che Renzi non lasci il PD conviene anche a Zingaretti e compagni. E’ una questione numerica. Vediamola.

Il PD, oggi, è sì e no al 18% (forse qualcosa in meno se guardiamo ai voti delle elezioni europee).

Se Renzi lascia il PD si porta via, sì e no, il 5-6% del partito. In pratica, sparisce.

Il problema è che lascia il PD al 12%, rendendo a questo partito quasi impossibile prepararsi a riprendersi l’Italia.

Morale: Zingaretti e  Renzi sono destinati a convivere.

Ma Zingaretti, per andare avanti, deve eliminare politicamente Renzi e i suoi. Per questo ha tolto la segreteria del PD siciliano a Faraone: per indebolire i renziani di Sicilia.

Lo ribadiamo: se Renzi avesse coraggio uscirebbe allo scoperto. Ma se ne sta intanato: sa che se lascia il PD è finito. E quindi è costretto a subire sperando in tempi migliori.

Faraone dice che sarebbe stato sacrificato per consentire a Zingaretti di fare l’accordo con i grillini.

Ma l’accordo tra PD e grillini, per fare fuori dal Governo italiano la Lega, non dipende da Renzi: dipende, in primo luogo dall’Unione Europea dell’euro e dipende, anche dai grillini.

Il vero dato politico, oggi, è rappresentato da Renzi, che ormai sembra un pugile suonato.

Foto tratta da panorama.it 

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