Tutela del cibo italiano: ecco una ‘ricetta’ per fare perdere una barca di voti alla Lega di Salvini/ MATTINALE 338

15 luglio 2019

Fino ad ora il Ministro e leader della Lega, Matteo Salvini, è stato bravissimo: ha tenuto e continua a tenere assieme agricoltori ed allevatori del Centro Nord Italia e industriali che trasformano i prodotti agricoli. Si tratta di due categorie che oggi hanno interessi completamente divergenti. E allora? Una semplice legge per fare chiarezza sull’origine del cibo potrebbe fare esplodere questa contraddizione svelando il gioco…  

Si può mettere in difficoltà la Lega di Matteo Salvini sul piano politico, senza forzature giudiziarie che, di solito, rafforzano chi le subisce? Un modo ci potrebbe essere: fare esplodere le contraddizioni all’interno degli elettori di questa parte politica. Come? Facendo emergere la verità su una questione che riguarda agricoltori e allevatori del Centro Nord Italia da una parte, e industriali che operano nella trasformazione dei prodotti agricoli dall’altra parte.

Oggi più che mai queste due categorie sostengono la Lega di Salvini. Ma c’è un modo per fare emergere contraddizioni fino ad oggi rimaste latenti. Vediamo come.

Dice il Ministro della Salute-Sanità, la siciliana Giulia Grillo:

“E’ giunto il momento di combattere il cibo-spazzatura”.

Da qui l’annuncio di “Azioni per favorire la sana alimentazione in ambiente scolastico e ospedaliero”.

“Una sana e corretta alimentazione rappresenta infatti un valido strumento per la prevenzione, la gestione e il trattamento di molte malattie. Un regime dietetico adeguato ed equilibrato, in particolare in ambito scolastico e ospedaliero, costituisce uno straordinario fattore di salute e la nutrizione va dunque inserita a pieno titolo nella programmazione dei menu elaborati per la ristorazione scolastica e nei percorsi di diagnosi e cura dove una non corretta gestione del degente dal punto di vista nutrizionale, può determinare complicanze e costituire, quindi, una ‘malattia nella malattia’”.

Noi siamo in totale sintonia con la Ministra Grillo. E proprio per questo lanciamo una proposta semplice ed efficace.

Cominciamo con una premessa. Nella pubblicità cartellonistica, nella pubblicità televisiva e anche in quella radiofonica notiamo, a proposito del cibo, una sempre più diffusa presenza della seguente formula:

“Prodotto in Italia”. 

Scendendo nei particolari abbiamo:

pasta prodotta con grano duro “rigorosamente” italiano;

il pane (ci riferiamo al pane confezionato, ma il discorso potrebbe essere esteso a tutto il pane) è prodotto con grano italiano;

dolci prodotti con grano tenero italiano;

passata di pomodoro prodotta con pomodoro italiano;

gli ortaggi freschi sono tutti italiani;

minestroni surgelati prodotti con ortaggi italiani;

il latte è sempre italiano;

se il latte è italiano tutti i formaggi italiani sono prodotti con latte italiano; idem per le mozzarelle e per la ricotta;

tutte le uova sono italiane:

tutti i salumi sono rigorosamente prodotti con carne italiana;

l’olio d’oliva extra vergine è tutta italiano;

anche l‘olio di semi è tutto italiano;

tutta la frutta che viene presentata con la pubblicità, neanche a dirlo, è italiana;

ci mettiamo pure la carne, anche se, in effetti, in alcuni Centri commerciali viene specificato se la carne è di origine italiana o di altri Paesi.

L’elenco è lungo. Noi ci fermiamo qui perché pensiamo di aver illustrato per sommi capi la questione.

A questo punto, ecco la nostra proposta:

una legge per inasprire le pene per chi scrive nelle etichette “prodotto italiano” ben sapendo che sta presentando e vendendo ai consumatori un prodotto non italiano.

Il Ministro e leader della Lega ha voluto il ‘Decreto sicurezza’? Bene. I grillini – Movimento del quale fa parte la Ministra Grillo – potrebbero presentare un ‘Decreto sulla sicurezza alimentare’. 

Noi ipotizziamo non solo un aumento delle contravvenzioni (decuplicarle: allo Stato, in questo momento, nuove entrate farebbero comodo), ma anche un paio di annetti di patrie galere: due anni di carcere dovrebbero andare bene, magari raddoppiando la pena in caso di reiterazione del reato.

Attenzione: noi sappiamo benissimo di trovarci in quel covo di briganti, massoni e speculatori che prende il nome di Unione Europea dell’euro che, figuriamoci, agevola “la libera circolazione delle merci”.

Infatti noi non stiamo dicendo che i cibi di origine non italiana non debbono essere venduti in Italia: noi stiamo dicendo di punire – con pesanti contravvenzioni e con la galera – chi spaccia cibo non italiano per cibo italiano. 

I Nuovi Vespri combatte da tempo una battaglia in difesa dell’agricoltura siciliana e, in generale, italiana.

Notiamo, ad esempio, che oggi – stando alle etichette e alla pubblicità – quasi tutta la pasta in circolazione è prodotta con grano duro italiano. Noi ne siamo felici. Però servirebbero i controlli per verificare che ciò che è scritto nelle etichette e promosso nelle campagne pubblicitarie risponda al vero.

Ora siccome ci sono grani duri esteri che contengono glifosasto e micotossine DON (QUI UN NOSTRO ARTICOLO), sarebbe il caso di verificare se chi scrive in etichetta “Pasta prodotta con grano duro italiano” dica o no il vero.

La pasta è solo un esempio. A noi risulta che l’Italia sia letteralmente invasa da passata di pomodoro cinese e di altri derivati del pomodoro. Non sarebbe il caso di verificare se tutta la passata di pomodoro, tutti i pomodori pelati e tutta la polpa di pomodoro che si fregiano del marchio “Prodotto italiano” siano in realtà prodotti con pomodoro italiano?

Lo stesso discorso vale per il latte bovino e ovino, per i formaggi, per i salumi (a cominciare dal prosciutto crudo), per l’olio d’oliva extra vergine, per gli oli di semi, per i minestroni e via continuando.

Tutto dovrebbe essere concertato con le forze dell’ordine.

Facciamo un esempio banale: se un’impresa italiana importa legittimamente olio d’oliva tunisino, le autorità italiane – legittimamente – dovrebbero seguire il percorso di questo prodotto: per evitare che venga commercializzato come “olio d’oliva extra vergine italiano”.

Tra l’altro, oggi esistono metodi di controllo molto efficaci: per esempio, il controllo del DNA di un prodotto agricolo. Metodo già utilizzato per ‘sgamare’ i furbi della pasta fatta con i grani antichi… (QUI UN NOSTRO ARTICOLO).

Non solo. I controlli sull’eventuale presenza di pesticidi potrebbero aiutare a scoprire chi imbroglia. Se in un prodotto agricolo fresco o trasformato si trovano tracce di un pesticida o di un erbicida bandito dall’Italia, è chiaro che c’è qualche cosa che non va: o il prodotto non è italiano, o chi l’ha coltivato in Italia ha infranto la legge: in ogni caso si andrebbe a tutelare la salute pubblica.

E’ chiedere troppo? Non ci sembra proprio. Lei, signora Ministro, giustamente, vuole tutelare la salute delle persone, nelle scuole e negli ospedali. E quale migliore tutela se non il controllo del cibo, a cominciare dalla sua provenienza.

Andiamo, adesso, all’aspetto politico.

Fino ad oggi, come già accennato, i leghisti di Salvini sono riusciti a tenere insieme gli allevatori e gli agricoltori da una parte e gli industriali che trasformano i prodotti agricoli dall’altra parte.

Ma oggi queste due categorie hanno interessi differenti.

Ricordatevi che la Lega, nel 2018, ha fatto campagna elettorale dicendo agli agricoltori che, una volta al Governo, avrebbe fatto saltare il CETA, il trattato commerciale internazionale tra Unione Europea e Canada.

La Lega è al Governo, ma il CETA è ancora in vigore. La Lega, nel silenzio, ha cambiato linea politica perché agli industriali del Nord il CETA conviene. Perché esportano in Canada chissà che cosa.

Con il Decreto sulla sicurezza alimentare gli industriali che scrivono nelle etichette “Prodotto italiano” – anche con riferimento ai “Prodotti italiani” esportati in Canada – dovrebbero dimostrare, se chiamati in causa, di utilizzare prodotti italiani.

Questo eventuale Decreto sulla sicurezza alimentare potrebbe far saltare gli equilibri politici ed elettorali della Lega.

Agricoltori e allevatori del Centro Nord che appoggiano la Lega (ricordiamo che la Lega ha combattuto e vinto una battaglia contro le quote latte a tutela degli allevamento bovini) non potrebbero che essere d’accordo sul provvedimento, perché gli industriali che si fregiano del marchio “Prodotto italiano” dovrebbero acquistare da loro i prodotti da trasformare.

Ma la cosa non converrebbe agli industriali, perché i veri prodotti agricoli italiani costano di più di certi prodotti esteri.

Morale: gli industriali potrebbero non essere d’accordo. Così la Lega si troverebbe a mediare tra interessi inconciliabili.

Il tutto nell’interesse della salute.

Con l’occasione, i grillini potrebbero chiedere ciò che si erano impegnati a fare: cioè mandare all’aria il CETA (ricordiamo che basta il No di un solo Paese ella UE per bloccare il CETA). Questo metterebbe in difficoltà la Lega, che si è impegnata con UE e industriali a non toccare il CETA…

Certo, anche il Movimento 5 Stelle, con molta probabilità, ha pasticciato con il CETA ingannando i propri elettori. Ma oggi i grillini hanno la possibilità di rilanciare la questione CETA, creando enormi difficoltà all’attuale Ministro delle Politiche agricole, il leghista Gian Marco Centinaio, e a tutta la Lega. Vi pare poco?

P.s.

Ah, dimenticavamo: il possibile Decreto sulla sicurezza alimentare troverebbe l’appoggio incondizionato dei pastori sardi. Questo incasinerebbe l’attuale Giunta regionale di centrodestra della Sardegna… 

 

 

 

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