L’Italia nella trappola dell’euro. Negli anni ’90 Craxi aveva capito tutto

6 luglio 2019

Da oggi cominciamo a pubblicare i post e le riflessioni di Luca Pinasco, un attento osservatore di fatti personaggi e cose dell’economia. E lo facciamo con vero piacere, perché ci onoriamo di poter arricchire il nostro blog con il pensiero di un uomo libero, preparato e anticonformista

di Luca Pinasco

Il 1° marzo del 2002 la lira veniva ufficialmente considerata fuori corso. Cosa abbiamo definitivamente perso in quella data? La possibilità di controllare la politica monetaria e adattarla alle condizioni cicliche dell’economia italiana attraverso riduzione dei tassi d’interesse e incrementi nell’offerta di moneta per spingere consumi e investimenti insieme alla possibilità di controllare il tasso di cambio per spingere le esportazioni.

Il risultato? Riduzione dei salari reali come unica leva per incrementare la competitività, crollo della produzione industriale e distruzione di una cifra colossale di ricchezza.

Oggi, con 17 anni di ritardo, ce ne rendiamo conto soltanto perché ce lo dice un importante think tank tedesco.

Eppure qualcuno già alla fine degli anni ’90 faceva notare come una moneta unica così strutturata avrebbe favorito la Germania e sfavorito tutti gli altri. Parlo di Bettino Craxi.

 

Grazie alla moneta unica in 20 anni ogni tedesco ha guadagnato 23 mila euro, ogni italiano ne ha persi 75 mila

 

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