Medici pubblici con retribuzioni bloccate da dieci anni. E gli incarichi professionali…

2 luglio 2019

Le considerazioni di un dirigente medico. Le Aziende non potrebbero rinunciare all’obbligo dell’esclusività, lasciando comunque uguale lo stipendio, quantomeno per “rimborsare” in qualche modo tutte le carenze contrattuali di oggi che penalizzano i medici pubblici?

Egregio direttore

Le scrivo la presente lettera per sottoporle un problema professionale. Sono un dirigente medico dipendente di struttura pubblica. Secondo la normativa imposta dalla legge Bindi, noi dirigenti medici pubblici abbiamo l’obbligo dell’esclusività lavorativa nei confronti della propria Azienda, salvo rinunciare eventualmente alla cosiddetta indennità di esclusività. In questo caso si lascia alle ‘casse’ aziendali una congrua fetta di stipendio, che verrà utilizzata come “risparmio aziendale” e da lì in poi si aprirà il proprio studio professionale, si entrerà negli studi di settore, pagheremo più tasse, ma continueremo ad avere, nei confronti della nostra Azienda, tutti gli obblighi che avevamo prima: continueremo ad avere gli stessi orari e gli stessi turni. E dovremo intrecciare questi con gli impegni di lavoro dell’attività libero professionale.

L’attività libero professionale permessa al dirigente medico pubblico – la cosiddetta intramoenia – è limitata, di solito, a un solo pomeriggio a settimana, in ambienti poco accoglienti per i pazienti e, spesso, con modalità di pagamento scomode (i pazienti debbono recarsi presso le strutture dell’Azienda per effettuare i pagamenti).

A questo bisogna aggiungere che i dirigenti medici non vedono aggiornati gli aumenti di stipendio ormai da circa dieci anni, anche qui con una riduzione congrua di quello che dovrebbe essere l’attuale retribuzione. Mentre, nel frattempo, il costo della vita è aumentato, sono aumentate le tasse e, perché no?, è aumentato anche il costo dell’aggiornamento.

Le Aziende, inoltre, spesso non aggiornano neppure gli altri diritti retributivi: ad esempio, gli incarichi professionali.

A questo punto mi chiedo: visto che le retribuzioni sono bloccate da dieci anni (ci dicono che, a quanto pare – e non ho capito il perché – quando il nostro contratto verrà aggiornato, non ci pagheranno gli arretrati), visto che le Aziende pubbliche non riescono a far fronte ai diritti contrattuali del settore dirigenziale medico, ebbene, le stesse Aziende – ovviamente cambiando la legge – non potrebbero rinunciare all’obbligo dell’esclusività, lasciando comunque uguale lo stipendio, quantomeno per “rimborsare” in qualche modo tutte queste carenze contrattuali?

Lo so: le restrizioni alla libera professione dei medici sono state introdotte perché c’era chi ne approfittava: ricordo, da bambina, i film di Alberto Sordi sui medici. Oggi, pero, ho la sensazione che si sia passati da un eccesso all’altro: retribuzioni bloccate, incarichi professionali bloccati, esclusività.

Non è arrivato il momento di far lavorare i medici liberamente, introducendo serrati controlli e multe salatissime per i medici che non dovessero denunciare gli eventuali guadagni?

Leggendo I Nuovi Vespri ho appreso che, in Sicilia – e secondo me non soltanto in Sicilia – la Regione utilizza una parte delle risorse del Fondo sanitario regionale per pagare spese che non c’entrano nulla con la sanità.

In più – e questo l’ho letto sempre su questo blog – lo Stato, dal 2009, con una legge molto discutibile, toglie alla sanità pubblica siciliana quasi 600 milioni all’anno.

In più – e siamo a tre – notizia che ho letto sempre su questo blog, i grandi centri sanitari privati che percepiscono, ogni anno, congrui contributi dalla Regione siciliana non sono stati oggetto di tagli.

Insomma, da quello che ho capito, nella sanità pubblica siciliana sempre più ‘definanziata’ il conto lo paghiamo noi medici pubblici e gli infermieri (che, lo debbo dire, si difendono meglio di noi medici).

Ricordo, infine, che il medico che può gestire la propria professionalità anche in maniera autonoma ritornerebbe ad essere un professionista a tuttotondo, non solo un impiegato pubblico che, quando timbra l’uscita, non può più operare professionalmente, quasi neppure può più dare un parere!

È una lettera che invio a Lei, Egregio direttore, ma che indirizzo anche al Ministro del Lavoro, al Ministro della Sanità ed al Ministro della Pubblica Amministrazione. Fateci lavorare, fateci guadagnare il pane per le nostre famiglie, permetteteci di essere professionisti completi.

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