Gianfranco Miccichè e Giuseppe Milazzo: i due paladini della miseria della politica

19 giugno 2019

Nei partiti politici gli avversari interni sono la normalità. Rientrano nella stessa dialettica politica. Ma trasferire in un dibattito parlamentare i risentimenti personali frutto di beghe elettorali significa abbassare il livello del dibattito e, soprattutto, immiserire il proprio ruolo. Quello che ha fatto ieri a Sala d’Ercole Giuseppe Milazzo, che ha solo descritto se stesso e i propri limiti politici e, perché no?, anche umani   

di Adriana Vitale

Ieri, nel corso della seduta dell’Assemblea regionale siciliana, si è consumata l’ennesima sceneggiata ad opera di chi siede nelle agiate e comode poltrone, dentro gabbie dorate. Un attacco al Governo da chi – almeno in teoria – dovrebbe sostenere il Governo.

Dal suo ‘gabiotto’ l’ormai quasi ex capogruppo di Forza Italia, Giuseppe Milazzo (ex, visto che a breve dovrebbe togliere il disturbo per andare a ricoprire il ruolo di parlamentare europeo: grande lungimiranza degli elettori siciliani…), con il suo solito fraseggio sincopato (nel senso musicale) ha attaccato il vice presidente della Regione e assessore all’Economia, Gaetano Armao, per beghe tutte interne a Forza Italia.

Insomma, una mezza vendetta personale – più da operetta che da aula parlamentare – di chi ha scambiato il proprio ruolo di deputato per quello difensore d’ufficio del suo ‘principale’, il presidente dell’Ars, Gianfranco Miccichè.

Attacchi scomposti, quelli di Milazzo. Contro un accordo tra Stato e Regione sulle questioni finanziarie che, discutibile o meno, in tutti i casi è stato condiviso da tutto il Governo del quale, fino a prova contraria, fa parte anche Forza Italia.

Già a Sala d’Ercole gli equilibri politici sono precari. Renderli ancora più precari per beghe interne non è certo il massimo della lungimiranza politica. Ma, si sa, a Milazzo non si può chiedere di essere ciò che non è…

Da qui una sorta di benaltrismo, utile solo a decapitare teste, quello espresso, peraltro in modo confuso, da Milazzo: una raffazzonata resa dei conti da parte di chi dimostra di essere incapace finanche di lavare i panni sporchi nella riservatezza che il decoro politico e parlamentare dovrebbe imporre.

L’arroganza del potere, certe volte, dà alla testa. E gioca brutti scherzi. Se poi c’è di mezzo la mancanza di politica vera, la ‘frittata’ è fatta.

Viene da chiedersi: ma certi personaggi per i quali contano solo le poltrone e i voti acchiappati come capita sono in grado di comprendere cosa vuol dire perdere il lavoro, ovvero lo stato naturale dell’essere padroni della propria vita, quello stato che consente di non chiedere?

Questi politici intrisi di piccole miserie personali conoscono la realtà della Sicilia odierna? Sanno cosa vuol dire per una madre accompagnare alla stazione il proprio figlio che lascia la nostra Isola per cercare fortuna altrove?

La nostra sensazione è che, oggi, accanto a politici siciliani che cercano, pur tra mille difficoltà, di dare risposte, ci siano anche piccoli nani che mai e poi mai potranno comprendere cosa vuol dire la disperazione del non poter fare la spesa, di non poter pagare una bolletta, l’umiliazione di non poter onorare un debito, perdere la casa, vivere di stenti, dormire in macchina.

Quando in politica le miserie personali prendono il posto degli interessi generali appare con chiarezza la presenza di politicanti che vivono scollati dalla realtà: cosa, questa, che si traduce in sdegno e disaffezione verso la politica da parte della gente. Perché chi usa il potere per il potere, fine a se stesso, ad uso e consumo personale, familiare e per pochi intimi amici e amici degli amici, non fa che offendere la politica e allontanare dalla politica i cittadini.

 

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