I ‘veleni’ della magistratura: riformare il Csm escludendo i membri laici

9 giugno 2019

Fuori i politici dalla magistratura. Se all’epoca della nascita del Consiglio superiore della magistratura (Csm) i politici erano una necessità, oggi non è più così. Oggi va potenziata l’indipendenza della magistratura. Debbono essere gli stessi magistrati a regolare il proprio organismo, senza intrusioni della politica

di Pippo Giordano 

La vicenda del Consiglio superiore della magistratura (Csm), sotto il profilo deontologico e morale, è di una gravità inaudita. A me sembra che alcuni hanno ridotto il Csm come gli orticelli per anziani, dove ognuno coltiva per sé e, alla bisogna, per gli “amici” degli amici, utilità personali in prebende o altre finalità di potere. La vicenda è assai sconcertante e surreale, perché gli attori non sono personaggi privati, ma uomini che, nel momento di indossare la toga, hanno giurato fedeltà alla Repubblica.

Ed è proprio per questo giuramento tradito, che il mio pensiero non può che andare a tutti i magistrati assassinati dalla becera violenza terroristica e mafiosa, proprio per non essere venuti meno al giuramento. In tanti esprimono meraviglia per gli accadimenti recenti, pensano che scoperchiare il ‘Vaso di Pandora’ sia pratica recente. No!

E’ da tantissimo tempo che alcuni magistrati infangano la toga e lo hanno fatto con disarmante semplicità, da far accapponare la pelle. Soldi, soldi, regalie e potere il virus che contagia le bacate menti di taluni magistrati. Costoro non si rendono conto del danno che hanno e stanno procurando a tutta la magistratura, sana, onesta e soprattutto integerrima e rispettosa nel compiere il proprio dovere, facendo rispettare con imparzialità le Leggi.

Appare risibile, oltre che disgustoso, la difesa ad oltranza di alcuni politici, che tentano di giustificare o, in alternativa, sminuire l’assurdo comportamento dei magistrati traditori. Ed appare più evidente il roboante silenzio di alcuni politici che, mutando le tre scimmiette, non vedono, non sentono e non parlano. E quando qualcuno di loro apre bocca , ahimè, fa più danni, ovvero allontana ancor di più il consenso dei cittadini verso la magistratura.

Come si fa a dire “…la sera ognuno può fare quel che vuole!” Parole di Cosimo Maria Ferri (PD), in risposta ad un cronista, che gli aveva chiesto di commentare gli incontri notturni tra il magistrato Luca Palamara, l’ex sottosegretario Lotti e altri togati. Non c’era bisogno, da questa vicenda del Csm, certificare l’annoso conflitto permanente esistente tra toghe e politici. Entrambi, pur animati da buona volontà, non riescono a convolare a nozze: un matrimonio non consumato per l’avvenuto divorzio ancor prima della funzione civile o religiosa.

Ricordo, gli attacchi virulenti, conditi da frasi diffamatorie e ingiuriose ad opera di un ex presidente del Consiglio dell’epoca. Non faccio il nome solo il cognome: Berlusconi. All’uopo, nemmeno il Guardasigilli dell’epoca, Angelino Alfano, sentì la necessità di difendere l’intera magistratura.

L’attacco frontale verso la magistratura si materializzò con la famosa pupiata davanti al Tribunale di Milano, alla quale partecipò la “crema” di Forza Italia. Ora ci sta provando il ministro dell’Interno Matteo Salvini, individuando alcuni magistrati – peraltro donne – “disobbedienti”, secondo il suo punto di vista, della linea di Governo.

L’ho già ripetuto tante volte, specialmente dopo le mancate nomine del magistrato Giovanni Falcone, che occorre maggiormente, oggi, l’urgenza e necessità di riformare il Csm, escludendo dal Consiglio i membri laici. Fuori i politici dalla magistratura. Se all’epoca della nascita del Csm era necessario, oggi non lo è più. Aumentare l’indipendenza della magistratura, vuol dire che siano gli stessi magistrati a regolare il loro Organismo, senza intrusioni di politici.

Foto tratta da stampacritica.org

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