L’inquinamento nelle città portuali: le emissioni nell’aria delle navi da crociera. I ‘casi’ di Palermo, Messina e Augusta

6 giugno 2019

Un articolo del sito d’informazione ‘Fronte ampio’ fa il punto della situazione dell’inquinamento nei porti. “L’inquinamento delle città portuali deriva in gran parte dallo stazionamento delle navi da crociera ormeggiate ai moli. Queste città galleggianti devono tenere i motori accesi per funzionare e garantire i servizi di bordo ai passeggeri. In questo modo però vengono liberati nell’aria fumi altamente tossici che compromettono la qualità dell’aria, l’ambiente e la salute dei cittadini”. La situazione in Sicilia 

C’è un motivo in più per rivedere, migliorandolo, il sistema del turismo imperniato sulla navi da crociera: l’inquinamento che le stesse navi provocano nell’atmosfera immettendo nell’aria che respiriamo un quantitativo non certo ininfluente di sostanze inquinanti. Non è un tema nuovo, semmai è stato sottovalutato. Ma un articolo pubblicato dal sito d’informazione Fronte ampio, che riprende il Rapporto pubblicato ieri da  Transport & Environmen, fa il punto della situazione nel mondo. Così scopriamo che, a anche su questo versante, in Italia siamo messi proprio male!

La prima cosa che scopiamo, leggendo l’articolo di Fronte Ampio, è che questo inquinamento potrebbe benissimo essere in parte ridotto:

“L’inquinamento delle città portuali deriva in gran parte dallo stazionamento delle navi da crociera ormeggiate ai moli – si legge nell’articolo -. Queste città galleggianti devono tenere i motori accesi per funzionare e garantire i servizi di bordo ai passeggeri. In questo modo però vengono liberati nell’aria fumi altamente tossici che compromettono la qualità dell’aria, l’ambiente e la salute dei cittadini”.

Non c’è bisogno di essere esperti in energia per cimentarsi in una semplice considerazione: passi che ancora, magari, è presto per parlare di navi che si muovono grazie alle energie alternative, ma per il fabbisogno dell’energia che serve per stazionare nei porti queste grandi navi non potrebbero utilizzare il solare al posto degli inquinanti idrocarburi?

Invece, come si racconta nell’articolo di Fronte ampio, le navi stazionano nei porti con i motori accesi. Risultato? Un bollettino di guerra, a cominciare da Venezia, dove le grandi navi, a quanto pare, non costituiscono un pericolo per gli incidenti che possono provocare, ma per l’inquinamento assicurato:

“Nel capoluogo Veneto, ogni anno – leggiamo sempre nell’articolo di Fronte ampio – 68 grandi navi stazionano quasi 8.000 ore in porto a motori accesi, emettendo 27.520 kg di ossidi di zolfo: 20 volte la quantità dello stesso inquinante prodotta dalle automobili nell’intera area comunale, Marghera e Mestre comprese. A Venezia le navi da crociera emettono ogni anno 600.337 kg di ossidi di azoto e 10.961 kg di particolato”.

Qualcuno ha informato i cittadini di Venezia di tutto questo? Ma la città lagunare non è un caso unico: l’inquinamento provocato dalle navi, infatti, interessa tutta l’Europa:

“Le 203 navi da crociera che si spostavano per i mari europei nel 2017 – leggiamo ancora nell’articolo di Fronte ampio – hanno emesso circa 20 volte più ossidi di zolfo (SOx) dei 260 milioni di automobili circolanti nell’UE”.

Scendendo nei particolari, scopriamo un mondo verso il quale, forse, non avevamo mai posto grande attenzione: scopriamo, ad esempio, che l’Italia paga un prezzo molto alto a questa forma di inquinamento:

“La classifica europea delle città portuali più inquinate dalle emissioni delle navi da crociera – leggiamo su Fronte ampio – vede al quarto posto Civitavecchia con 76 vascelli che stazionano per ben 5.466 ore all’anno, emettendo 22.293 chili di ossidi di zolfo, quasi 55 volte la quantità di SOx prodotta dalle 33.591 auto circolanti in città. A questi si aggiungono 500.326 kg di ossidi di azoto, pari a 381 volte i NOx emessi dai veicoli circolanti, e 8.898 kg di particolato. Al dodicesimo posto troviamo Napoli, seguita da Genova. Poi La Spezia (18°), Savona (20°), Cagliari (30°), Palermo (35°), Messina (36°), Bari (50°). Le città di porto, quindi, oltre a essere esposte all’impatto del traffico cittadino, devono fare i conti con l’inquinamento legato alle navi che porta anche a raddoppiare, se non peggio, le concentrazioni di questi veleni alle quali i cittadini sono esposti”.

Un discorso a parte merita Palermo dove il traffico cittadino – con relativo inquinamento – viene reso problematico dai lavori ferroviari che ormai durano da anni e da un’ampia Zona a Traffico Limitato (ZTL).

Chissà se qualche autorità – per esempio l’ARPA (Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente) – si è mai presa la briga di studiare gli effetti combinati della navi che entrano ed escono dal porto di Palermo (a cominciare dalla navi da crociera che stazionano nel porto), dal traffico veicolare reso problematico dagli appalti ferroviari e dalle strade chiuse al traffico che creano percorsi obbligati e maggiore inquinamento in certa aree della città.

E’ un tema – o forse un problema – che dovrebbe interessare i tanti cittadini che vivono, ad esempio, nell’area portuale di Palermo.

Volendo, si tratta solo di studiare bene il fenomeno. Per mettere i cittadini del capoluogo siciliano nelle condizioni di difendersi. Ci hanno sempre detto che il turismo crocieristico è fonte di sviluppo economico. Sicuramente è così. Ma forse è arrivato il momento di ragionare anche sull’inquinamento.

Non siamo i soli a segnalare problemi di inquinamento nell’area portuale di Palermo: anche Legambiente ha posto la questione (QUI UN ARTICOLO).

Anche nel porto di Augusta non mancano problemi (COME POTETE LEGGERE IN QUESTO ARTICOLO).

Per non parlare del porto di Messina (COME POTETE LEGGERE QUI).

I mezzi per ottenere e analizzare i dati non mancano. “I tecnici di Transport & Environmen – leggiamo sempre nell’inchiesta – si sono serviti del sistema di identificazione e tracciamento delle navi attraverso satellite. Sono quindi stati in grado di stimare le emissioni delle imbarcazioni per ogni punto attraversato sulla mappa, compresi gli stazionamenti in porto”.

Insomma, restando a Palermo, ma anche a Messina, con i mezzi che oggi mette a disposizione la scienza non dovrebbe essere difficile studiare bene il fenomeno a tutela della salute dei cittadini.

Leggendo l’articolo di Fronte ampio scopriamo anche che c’è una grande differenza tra quanto avviene nel Mediterraneo e quanto avviene nel Mare del Nord:

“Quattro su cinque delle città portuali più inquinate dell’UE si trovano nel Mar Mediterraneo. Questo dato ci ricorda che, nell’Europa meridionale, la normativa sulle emissioni navali è meno stringente. Nel Mare del Nord invece è in vigore una SECA (Sulphur emission control area) che ha portato al dimezzamento delle emissioni grazie a un limite al tenore di zolfo contenuto nei carburanti fissato allo 0.1%. Sempre nel Nord Europa a breve entrerà in vigore una NECA che consentirà di ridurre anche le emissioni di ossidi di azoto dalle navi”.

L’articolo riporta anche una dichiarazione di Anna Gerometta, presidente di Cittadini per l’aria:

“È ormai assodato che l’esposizione alle massicce quantità di inquinanti che provengono dalle navi comporta un incremento del rischio di tumori, dell’incidenza di asma, di malattie neurologiche e può determinare danni gravi al sistema cardio respiratorio oltre che allo sviluppo degli organi del bambino. Non si può consentire che le vacanze su mezzi insostenibili di alcuni possano determinare un danno grave alla salute di molti”.

Aggiunge Veronica Aneris, responsabile nazionale per l’Italia di Transport & Environmen:

“Le città stanno giustamente mettendo al bando i diesel più dannosi per l’ambiente ma lasciano campo libero alle compagnie da crociera che emettono fumi tossici altamente dannosi sia per chi sta a bordo che per chi sta sulle coste adiacenti. Questo è inaccettabile”.

QUI, PER ESTESO, L’ARTICOLO DI FRONTE AMPIO 

 

 

 

 

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