Due elettori siciliani su tre non hanno votato. E’ da qui che la Sicilia deve ripartire sul modello catalano

27 maggio 2019

La Sicilia deve ripartire dal 65% degli elettori che ha giustamente disertato le urne. Oggi più che mai è necessario dare vita a un movimento autonomista e sicilianista, fortemente legato ai temi della nostra terra. A cominciare dall’agricoltura. E’ questa la grande scommessa del futuro

Il 63-64% degli elettori siciliani ha disertato le urne. E questo è un fatto positivo: significa che, vista dalla nostra Isola, l’Europa dell’euro è lontana dai nostri interessi. Partiti e movimenti faranno di tutto per far dimenticare il fatto che due siciliani su tre non sono andati a votare.

Ma i siciliani che vogliono costruire qualcosa di alternativo alla politica italiana tradizionale è da questo dato politico importantissimo che debbono partire. Ci riferiamo non soltanto al variegato universo di sigle indipendentiste, autonomiste e sicilianiste, ma a tutti i siciliani di buona volontà che hanno capito che la politica nazionale e, peggio ancora, la politica europea, danneggia la Sicilia.

Serve una forza politica locale: ed è a questa prospettiva che si deve lavorare. Partendo dall’agricoltura, dalla tutela dell’ambiente e dalla valorizzazione delle energie alternative e dei beni culturali legati al turismo. Il resto sono chiacchiere.

Già i siciliani, alle ultime elezioni regionali, hanno perso una grande occasione. L’ex titolare di questo blog, Franco Busalacchi, ha provato generosamente a mettere assieme tutte le sigle. Con molta probabilità c’è stato un po’ di confusione, magari anche incomprensioni.

La verità è che se il movimento Siciliani Liberi – che in quel momento era retti da Massimo Costa e Antonella Pititto – fosse riuscito a guardare oltre il momento, ci sarebbe stata in corsa una forza politica che, nonostante i sabotaggi che sono arrivati dalla parte orientale dell’Isola, avrebbe con molta probabilità superato il 2%.

Purtroppo in quel momento le divisioni e le incomprensioni hanno preso il sopravvento sull’unità di un mondo – quello indipendentista, autonomista e sicilianista – sempre variegato e diviso tra sognatori, eterni solipsisti e, perché no?, anche professionisti dell’inconcludenza. Peccato.

Per la seconda volta la Sicilia ha ‘bruciato’ l’occasione di dare vita a una forza politica legata al proprio territorio. La prima volta è avvenuta con Noi Siciliani, nel 1996. Allora la difficile unione di anime diverse portò all’elezione di un deputato: ma tutto finì lì.

Nel novembre del 2017 – lo ribadiamo – l’occasione si è ripresentata. Ma chi avrebbe dovuto coglierla si è lasciato abbacinare da vacua vanagloria personale e da calcoli sbagliati dettati dall’inesperienza e dalla presunzione. Ribadiamo: peccato.

Ora bisogna ripartire. Ciro Lomonte, leader di Siciliani Liberi, è molto più aperto e meno rigido dei suoi predecessori. E ci sono tanti altri autonomisti e sicilianisti intelligenti: pensiamo a Francesco Paolo Catania, a Fonso Genchi, ad Antonio Fricano, a Mario Di Mauro, al mai domo Giuseppe Scianò e a tanti altri i cui nomi, in questo momento, non ci vengono in mente: ma è come se li avessimo elencati tutti.

E’ dalla Sicilia che la Sicilia deve ripartire: dalla bellissima manifestazione dello scorso 30 marzo a Palermo e non dal 35% della vecchia politica-politicante di queste ore. Deve ripartire da chi si è giustamente astenuto e anche da chi abbandonerà la vecchia politica che ha continuato a votare e che non gli darà nulla.

Alla Sicilia serve una forza politica sul modello catalano. E su questo che si deve cominciare a lavorare.

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