In Grecia le politiche di austerità imposte dalla Troika hanno ucciso 700 bambini. Ma tutto tace

10 maggio 2019

Della crisi economica in Grecia non si parla più. Eppure, in questo Paese, la gente continua a soffrire e a morire. Sono gli effetti delle politiche di austerità imposte dalla Troika. Le ‘confessioni’ del vice direttore del ‘Corriere della Sera’ Federico Fubini. Nel nome della ‘Grande Europa dell’euro’ si può pure morire. Magari in silenzio, come in Grecia. Per non dare armi nelle mani ai ‘populisti’… E meno male che dobbiamo avere paura del ritorno del fascismo. Invece con la UE dell’euro va tutto bene…

di C. Alessandro Mauceri

Della crisi in Grecia, ormai, non si parla più. Non perché sia tutto risolto: l’economia non si è ripresa (ad esempio, i dati recenti dell’UE sull’IVA non incassata vedono questo Paese al secondo posto – peggiore – in Europa, dietro la Romania). Semplicemente si è deciso di non parlarne. E se di un problema non si parla, a livello internazionale, è come se non esistesse.

E invece il problema c’è, eccome se c’è! I numeri non lasciano dubbi.
Secondo una ricerca citata dal Lancet alcuni anni fa, il modo in cui è stata gestita la crisi in Grecia avrebbe causato la morte di centinaia di bambini. I dati pubblicati dalla rivista inglese derivano da uno studio Economic Crisis, Restrictive Policies, and the Population’s Health and Health Care: The Greek Case (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3698730/).

Di questi dati, però, stranamente molti hanno deciso di non parlarne. Ad ammetterlo, nei giorni scorsi, è stato Federico Fubini, vicedirettore del Corriere della Sera, che intervistato da Tv2000 (visibile qui https://www.facebook.com/watch/?v=466835297190537) in occasione dell’uscita del suo libro, ha dichiarato molto semplicemente che lui conosceva questi dati, ma ha deciso di non scrivere nulla.

“Faccio una confessione, c’è un articolo che non ho voluto scrivere. Guardando i dati della mortalità infantile in Grecia mi sono accorto che facendo tutti i calcoli, con la crisi” ”sono morti 700 bambini in più di quanti ne sarebbero morti se la mortalità fosse rimasta quella di prima della crisi. La crisi e il modo in cui è stata gestita ha avuto questo effetto drammatico e ci sono altri dati che confortano questa mia conclusione”, come i bambini nati sottopeso.

Una dichiarazione che lascia basiti. Prima di tutto perché, in realtà, le conseguenze sulla salute dei bambini e delle persone della crisi economica in Grecia sono ben note, diffuse e documentate almeno dal 2011. Sono numerose le ricerche che hanno confermato che “esiste ormai un’ampia evidenza scientifica, se ce ne fosse bisogno, degli effetti della crisi economica sulla salute”(www.saluteinternazionale.info). Anche l’autorevole rivista Le Scienze ha scritto che “la riduzione delle disuguaglianze nell’assistenza sanitaria è sempre stata una priorità dell’agenda politica di molti Paesi europei. Eppure queste disuguaglianze si sono ampliate nel periodo che va dagli anni ottanta agli anni duemila”.

Un altro studio ha parlato di “tubercolosi, influenza, virus del Nilo occidentale, Hiv, malattie polmonari e quelle legate alla scarsa igiene orale. Ma avanzano anche le patologie psichiatriche come la depressione”.

A presentare questo quadro drammatico sulla salute in Grecia, a sei anni dall’inizio della crisi economica e della conseguente recessione, è il rapporto Eurofound, Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro. Secondo gli esperti, “sebbene in Grecia i livelli di aspettativa di vita sono ancora alti, si stima che nei prossimi anni potrebbero addirittura scendere”, come ha riportato nel 2014 il sito online Greek Reporter.

Le cause principali dell’aumento delle malattie in Grecia sono la povertà e l’accesso limitato al sistema sanitario. A differenza di precedenti crisi finanziarie, inoltre, sono aumentate alcune malattie: la tubercolosi, l’influenza e le malattie sessualmente trasmissibili.

Anche il report del Center for Disease Control and Prevention greco (Keelpno) aveva sottolineato “che malaria e virus del Nilo occidentale sono riapparse in Grecia nel 2010”, mentre le infezioni da Hiv “sono aumentate a causa del crollo del sistema assistenziale che salvaguardava i tossicodipendenti”.

Un altro recente studio condotto dall’Università di Atene ha dimostrato che la malattia di cui soffrono di più i greci è l’ipercolesterolemia (15,8 %), seguono le malattie mentali più comuni associate con la crisi: i disturbi d’ansia (12,2 %) e la depressione (9,4%). Nessuna sorpresa quindi che anche il tasso di mortalità infantile risulti aumentato.

Nel 2017, uno studio condotto da Philip Philippides, della School of Public Health all’Imperial College di Londra, pubblicato su Scientific Reports ha analizzato i dati di quel periodo (fino al 2015): ancora una volta, i risultati hanno confermato che i trend dei casi di suicidio e della mortalità infantile erano peggiorati durante la crisi, così come i decessi per malattie respiratorie e incidenti.

The Guardian ne ha parlato nel 2017, denunciando una riduzione delle risorse destinate alla spesa pubblica di oltre un terzo dal 2009 in poi (più di 5 miliardi di euro). Si parla di forniture per gli ospedali talmente scarse che negli ospedali spesso vanno esaurite medicine, guanti, garza e pure la carta. La perdita di oltre il 25% della produzione nazionale – e una recessione che ha visto sempre più persone ricorrere all’assistenza sanitaria primaria – ha aggravato gli effetti corrosivi dei tagli che, nel caso degli ospedali pubblici, sono stati spesso indiscriminati.

Dati e studi che confermano il rapporto tra crisi economica, carenza di risorse economiche e salute dei cittadini e che hanno portato, all’inizio di Dicembre 2017, un’infermiera specializzata ad intraprendere una marcia di protesta, per denunciare la situazione mostrando un cartello su cui era scritto “il Ministero si è trasferito a Bruxelles”.

Non è facile, quindi, capire il timore del vicedirettore del Corriere della Sera al punto di non parlare di 700 bambini sotto un anno d’eta morti a causa della crisi in Grecia: gli effetti delle politiche di austerity imposte alla Grecia dalla Troika e le conseguenze disastrose sulla popolazione erano ben note e dimostrate.

Il problema semmai potrebbe essere un altro: è normale che chi fa il giornalista di professione decida di non informare i propri lettori, di non condividere con loro un evento di una simile gravità? E se così è, perché ha deciso di farlo ora, riportando questi dati sul libro appena pubblicato?

Fubini si è giustificato dicendo che non ha voluto mettere nelle mani degli antieuropeisti una “clava” contro l’Europa e quello che rappresenta. Ovvero “la democrazia fondata sulle istituzioni e sulle regole”, secondo Fubini. Forse il vicedirettore del Corriere della Sera dimentica che i singoli Stati europei sono basati su “democrazia” e su “regole”, solo che queste non sono imposte da nessuno, ma decise autonomamente. Anzi, mentre i Parlamenti dei singoli stati propongono le leggi e le votano, il Parlamento europeo ha il compito di “adottare” la legislazione dell’UE, insieme al Consiglio dell’UE, “sulla base delle proposte della Commissione europea” alla quale “chiede di presentare proposte legislative” (come si legge sul sito ufficiale). Una differenza non da poco e con un impatto non indifferente sulla “democrazia” e sulle “regole” dei singoli Stati.

Che la situazione in Grecia fosse grave, anzi critica e drammatica, lo si è sempre saputo: nel 2011, nel 2014, nel 2015, nel 2017 e anche dopo. Così come molti sapevano che la causa di tutto questo era una sola: i tagli imposti dalla Troika.

La morte di 700 bambini non era giustificabile allora e non lo è ora. E decidere di non parlarne, forse, non è servito a migliorare la situazione. Anzi. Neanche nel mondo “mediatico” in cui viviamo oggi, dove se una notizia non “gira” in rete, non c’è, non esiste.

Foto tratta da popoffquotidiano.it

 

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