Ex Province siciliane: i soldi ci sono, basta toglierli agli ‘appaltisti’ ferroviari di Palermo e Catania/ MATTINALE 257

2 maggio 2019

Noi siamo favorevoli alla momentanea soppressione delle ex Province siciliane. Che andrebbero ripristinate nel rispetto dello Statuto. Tuttavia, per onestà intellettuale, va detto che i fondi per i prossimi due anni ci sono: basterebbe requisire le risorse finanziarie del nuovo Tram di Palermo e dell’eterna Circumetnea di Catania: grandi appalti in meno e servizi in più per tutti cittadini siciliani 

Si può amministrare la cosa pubblica senza soldi, nascondendo non soltanto i ‘buchi’ di Bilancio, ma anche il perché sono spariti questi soldi? In Sicilia la grande scommessa è in corso e, fino ad ora – questo bisogna riconoscerlo – la politica ci sta riuscendo. L’unico ‘neo’, chiamiamolo così, è rappresentato da Messina, dove il sindaco metropolitano, Cateno De Luca, ha consegnato la fascia tricolore al Prefetto.

Ovviamente, si tratta della fascia tricolore di sindaco metropolitano – cioè di presidente della Provincia di Messina con il nome cambiato in Città metropolitana di Messina – mentre Cateno De Luca rimane sindaco di Messina città capoluogo di provincia.

Scusate il gioco di parole, ma sono gli inghippi confusionari creati dai passati Governi nazionali di centrosinistra, e avallati dai passati Governi regionali di centrosinistra. In base a una legge sbagliata e fallimentare – non a caso voluta dal Governo fallimentare di centrosinistra di Matteo Renzi, la legge sulle Province che porta il nome dell’ex Ministro Graziano Delrio – i sindaci di Palermo, Catania e Messina diventano anche sindaci metropolitani di Palermo, Catania e Messina.

Insomma, hanno cambiato nome alle ex Province di Palermo, Catania e Messina e le hanno affidate, senza elezioni, sindaci di Palermo, Catania e Messina. Non si tratta di una specificità siciliana, è così per tutti i capoluoghi di provincia trasformati dalla legge Delrio in Città metropolitane.

Può sembrare strano, ma il PD al Governo dell’Italia, per le ex Province trasformate nominalmente in Città metropolitane, ha, di fatto, rispolverato una legge fascista, voluta dal tanto vituperato Benito Mussolini.

“In Italia, dal 1926 al 1945 – leggiamo su Wipipedia – durante l’epoca fascista, con la promulgazione di due delle cosiddette leggi fascistissime, ovvero della legge 4 febbraio 1926, n. 237 (“Istituzione del Podestà e della Consulta municipale nei comuni con popolazione non eccedente i 5000 abitanti”) e del regio decreto 3 settembre 1926, n. 1910 (“Estensione dell’ordinamento podestarile a tutti i comuni del regno”), gli organi democratici dei Comuni furono soppressi e tutte le funzioni svolte in precedenza dal sindaco, dalla Giunta comunale e dal Consiglio comunale furono trasferite al podestà, che era nominato dal governo tramite regio decreto. Il podestà d’epoca fascista rimaneva in carica cinque anni con possibilità di rimozione da parte del prefetto oppure di riconferma oltre i cinque anni canonici”.

La stessa, identica cosa è avvenuta in Sicilia per le Province di Palermo, Catania e Messina dove, in un colpo solo, sono stati aboliti Presidente della Provincia, Giunta provinciale e Consiglio provinciale. I poteri, come durante il fascismo, sono stati trasferiti ai rispettivi sindaci di Palermo, Catania e Messina ma, invece di chiamarli “podestà”, come quando c’era “Lui”, li hanno chiamato sindaci metropolitani.

Ma così come la cucuzza, anche se la cucini in mille modi, sempre cucuzza rimane, anche la concentrazione di tre poteri in un’unica figura nominata e non eletta dal popolo – figura tipica dei regimi antidemocratici o, se si preferisce, fascisti – tale rimane: e cioè antidemocratica.

Attenzione: De Luca, nel consegnare la fascia tricolore di sindaco metropolitano, ha invitato il Governo regionale a bloccare le elezioni provinciali. Ma va ricordato che per Palermo, Catania e Messina ,e elezioni provinciali ripristinerebbero soltanto il Consiglio provinciale: resterebbero in carica i sindaci metropolitano-podestà che, forse, bontà loro, in presenza di soldi, potrebbero nominare i proprio assessori-aiutanti.

Insomma: per le ex Province di Palermo, Catania e Messna rimarrebbe l’impostazione sostanzialmente fascista.

Un po’ diverso – anche se con nomi diversi – lo scenario nelle altre sei ex amministrazioni provinciali della Sicilia. Dove, sempre nel nome della ‘democrazia’, sono stati sospesi i tre organi: Presidente, Giunta provinciale e Consiglio provinciale. Sostituiti dalle figure del commissario nominato dal Governo regionale.

In Sicilia hanno cambiato il nome alle Province di Agrigento, Caltanissetta, Enna, Ragusa, Siracusa e Trapani chiamandole “Liberi Consorzi di Comuni”. Un modo vergognoso di ‘scimmiottare’ lo Statuto siciliano che prevede l’abolizione delle Province e la loro sostituzione con “Liberi Consorzi di Comuni”.

Ma “Liberi Consorzi di Comuni” significa che ogni Comune, liberaente, sceglie con chi vuole stare. L’Assemblea regionale siciliana, invece, calpestando lo Statuto che dovrebbe difendere – e quindi calpestando la stessa Autonomia siciliana – ha stravolto la previsione statutaria e l’ha usata strumentalmente imponendo il cambio di nome alle ex sei Province, lasciandole così com’erano!

Siamo, inoltre, ben oltre la vergogna istituzionale.

Anche in questo caso, attenzione, nulla di nuovo. Fino ai primi anni ’60 del secolo passato, infatti, le amministrazioni provinciali della Sicilia erano rette da soggetti nominati dal Governo regionale. Le prime elezioni provinciali sarebbero state celebrate a metà anni ’60.

Noi torniamo spesso a parlare delle ex Province. E lo facciamo perché c’è molta disinformazione. Il sindaco metropolitano Cateno De Luca, ad esempio, dovrebbe spiegare meglio perché la Provincia di Messina e, in generale, le ex Province siciliane sono senza soldi.

Questo blog scrive da qualche anno che le Province siciliane hanno bisogno di 500 milioni di euro all’anno per svolgere le funzioni che la Legge gli affida. Ma i soldi non ci sono. C’erano, ma i passati Governi di centrosinistra hanno scippato tutti i soldi alle ex Province siciliane.

Oggi si tenta di far passare per ‘cattivo’ l’attuale Governo nazionale. Peccato che l’attuale Governo nazionale è stato massacrato dall’attuale Commissione europea che gli ha tagliato i fondi e, in condizioni di ristrettezze, non può ripristinare i fondi alle Province siciliane che – lo ribadiamo – i Governi Renzi e Gentiloni hanno tagliato alle ex Province siciliane.

A questo punto, una verità che viene nascosta. Non è vero che tutte le ex Province siciliane sono senza soldi. Ce ne sono due che sono piene di soldi: l’ex Provincia di Palermo e l’ex Provincia di Catania.

Dovete sapere che gli ex Governi nazionali di centrosinistra hanno tagliato sì i fondi alle ex Province siciliane, ma hanno riempito di soldi le Province di Palermo e di Catania – che allora erano gestite dal centrosinistra – per gestire appalti ferroviari.

La verità va sempre detta. E la verità è che, i passati Governi nazionali di centrosinistra hanno tolto alle ex Province i soldi per la manutenzione delle strade provinciali, hanno tolto i soldi per la manutenzione delle scuole, hanno tolto i soldi per l’assistenza agli studenti disabili, hanno tolto i soldi per i controlli ambientali.

In compenso, ci sono i soldi per grandi appalti, non in tutte le ex Province siciliane, ma solo per alcune. Questo ci dà la misura quasi esatta di così diventata, in Italia, la ‘sinistra’ a trazione PD: una sinistra per la quale gli appalti vengono prima dei cittadini.

Noi siamo favorevoli alla momentanea abolizione delle ex Province siciliane, da ripristinare nel rispetto dello Statuto quando le condizioni finanziarie lo consentiranno. Ma se si volesse veramente tenere in vita le ex Province i soldi, per due anni, ci sarebbero.

Basterebbe requisire i fondi per gli appalti del Tram di Palermo e dell’eterna Circumetnea di catania: con questi fondi, sommati ai 200 milioni all’anno oggi disponibili, le ex Province siciliane avrebbero a disposizione poco più di un miliardo di euro per andare avanti per due anni.

Ci sarebbero meno grandi appalti (e quindi meno soldi a iosa per i soliti noti) e più servizi ai cittadini. Si andrebbe, è vero, in contraddizione, con la “sinistra ferroviaria” di Palermo e Catania: pazienza, ce ne faremo una ragione!

Solo che appena si tolgono soldi agli “investimenti” i vecchi politici siciliani insorgono: e hanno ragione: sugli appalti hanno i “giochi fatti” e lì ci sono i fondi per la “politica”…

Qualcuno potrebbe obiettare: non si può fare, perché le somme sono state già impegnate. A questi rispondiamo che, qualche anno fa, il Governo nazionale di centrosinistra tolse al Sud somme – si trattava dei fondi PAC – che i Distretti sociosanitari della Sicilia avevano già programmato di spendere per anziani e infanzia!

Quei soldi destinati ad anziani e infanzia in Sicilia finirono in buona parte alle imprese del Centro Nord Italia (agevolazioni e sostegno alle imprese del Centro Nord con i soldi destinati a vecchi e bambini poveri del Sud: grande Italia!).

Adesso cosa ci vengono a dire che i soldi ad anziani e minori siciliani è stato giusto toglierli, mentre non si possono togliere i soldi agli ‘appaltisti’ ferroviari della Sicilia?

Voi che ne dite?

Foto tratta da Blog Sicilia

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