Il dopo elezioni in Sicilia: hanno vinto tutti, compreso il PD di Faraone sempre più ‘inciuciato’ con Gianfranco Miccichè

29 aprile 2019

I grillini hanno confermato il trend decrescente. La Lega non ha sfondato, ma ormai è una realtà in tanti Comuni siciliani. Chi non ammette la sconfitta è il segretario regionale del PD, Davide Faraone, che si rifugia dietro la vittoria delle liste civiche, provando a mettere il ‘cappello’ qua e là. la verità è che in Sicilia il PD alleato di Forza Italia di Gianfranco Miccichè tiene a bada il PD di Zingaretti

Elezioni comunali in Sicilia: ovviamente hanno vinto tutti. I più insistenti nei commenti positivi (per loro, ovviamente) sono gli esponenti della vecchia politica – centrodestra e centrosinistra – che, invece di occuparsi dei propri problemi, si preoccupano di far sapere che “i grillini hanno perso” e che “la Lega di Salvini non ha sfondato”.

I grillini, indubbiamente, non hanno vinto. Ma non hanno nemmeno straperso. Il trend è decrescente: ma considerati i danni combinati da Luigi Di Maio (o da chi lo consiglia o, molto più verosimilmente, gli impone certe scelte dissennate: vedi ILVA, TAP e abbandono dell’agricoltura siciliana), tutto sommato questa forza politica tiene: perde voti, ma tiene.

Il commento del parlamentare nazionale Aldo Penna, anche se un po’ troppo ottimistico, racconta una certa verità:

“Il MoVimento 5 Stelle si manifesta oramai come una solida opzione di cambiamento: siamo al ballottaggio in due importanti Comuni (Caltanissetta e Castelvetrano) e se le nuove regole che il Movimento è prossimo a darsi, con la possibilità di alleanze con alcune liste civiche, fossero state pienamente operative già da questa tornata elettorale, saremmo andati al ballottaggio anche in altri Comuni. Il duro lavoro dà i suoi frutti e alle europee ne avremo conferma”.

Se è vero che i grillini sono al ballottaggio a Caltanissetta e a Castelvetrano, è altrettanto vero che difficilmente tutti i partiti che danno vita alla vecchia politica – Lega compresa – andranno in ordine sparso: con molta probabilità, troveranno la formula per prendersi i due Comuni.

Si dice che la Lega, in Sicilia, non abbia sfondato. Ed è vero. Ma, come abbiamo cercato di illustrare stamattina, nelle elezioni comunali la vecchia politica ha buon gioco a far prevalere i fatti locali sulla dialettica politica.

Alle elezioni europee gli elettori che si recheranno alle urne saranno più liberi: e i leghisti potrebbero prendere più voti.

Detto questo, la Lega ha conquistato il primo sindaco siciliano: si tratta del primo cittadino di Motta Sant’Anastasia, Comune di poco più di 12 mila abitanti. Gli abitanti hanno rieletto Anastasio Carrà, sindaco uscente del centrodestra. La sua lista civica appoggiata dai leghisti – o, forse, a maggioranza leghista – ha superato di poco il 44% dei voti: quindi elezione al primo turno (in Sicilia, rispetto al resto d’Italia, per essere eletti al primo turno bisogna superare il 40% e non il 50%: i soliti papocchi legislativi fatti dal Parlamento siciliano nel nome dell’Autonomia che la vecchia politica utilizza solo per queste balordaggini).

Un po’ grottesco il commento del segretario regionale del PD siciliano, il renziano Davide Faraone, che al Giornale di Sicilia on line dichiara:

“Il M5s se lo conosci lo eviti, perdono e non vanno nemmeno al ballottaggio laddove hanno governato negli ultimi 5 anni (Gela e Bagheria). Salvini – continua Faraone – piazze piene urne vuote. E’ venuto in Sicilia a fare il gradasso e torna in Padania con qualche selfie ma a mani vuote”.

“Sui 7 Comuni più grandi al voto – aggiunge Faraone – con il modello civico vinciamo o al primo turno o andiamo al ballottaggio con buone speranze di vittoria. Purtroppo non ce la facciamo a Castelvetrano e a Caltanissetta. Molto bene i nostri candidati nei piccoli Comuni dove le esperienze civiche sono da sempre una regola. Buon lavoro a Domenico Venuti, riconfermato sindaco a Salemi e a Pippo Laccoto, nuovo sindaco di Brolo”.

A parte i toni acidi verso i grillini e i leghisti, leggendo i nomi degli eletti e analizzando in generale la presenza del PD in questa tornata elettorale non si avverte la presenza di questo partito. Faraone si fa scudo con il “modello civico” che, in realtà, può anche essere letto in un altro modo: come il tentativo di nascondere agli elettori il simbolo del PD e, soprattutto, di nascondere le alleanza con Forza Italia di Gianfranco Miccichè.

Di fatto, nel PD siciliano i renziani di Faraone non danno spazio al PD del segretario nazionale Zingaretti. Ma questa lotta interna porta molta confusione tra militanti ed elettori.

Di fatto, quella sinistra che nel PD siciliano non si vede più, in molti Comuni siciliani ormai si mescola e si confonde con il centrodestra e, in particolare, con gli azzurri di Miccichè.

Più onesto il commento di un altro dirigente del PD siciliano, Antonio Ferrante:

“Le amministrative in Sicilia – dice Ferrante sanciscono la sconfitta del modello amministrativo a Cinquestelle, con risultati imbarazzanti nei Comuni dove hanno governato. La Lega, pur riuscendo a entrare in tanti Consigli comunali (e qui già si ammette che la Lega, anche nei Comuni siciliani, sta diventando una realtà ndr), non riesce a sfondare. Tutto il resto è frutto di accordi locali senza il minimo contributo da parte del PD siciliano, fatto che rende stucchevole il tentativo di mettere il cappello sull’impegno di tanti amici nei vari comuni”.

Ferrante, senza tanti giri di parole, rimprovera al segretario regionale Faraone non solo di non aver partecipato a tutte le alleanze – in alcuni casi un po’ strane – sottoscritte qua e là dal PD, ma accusa anche Faraone di aver messo il “cappello” su alcune vittorie nei Comuni dove Faraone non ha messo né piede, né bocca.

“In tante città importanti – continua Ferrante – i nostri dirigenti, mancando una cabina di regia autorevole e legittimata sul piano regionale, hanno costruito alleanze a volte complicate pur di arginare i grillini e l’avanzata delle destre. A loro va il nostro rispetto, ma soprattutto l’impegno, dopo le elezioni europee, a rimettere sul tavolo la ‘questione siciliana’. Perché corriamo seriamente il rischio di vedere scomparire il Partito Democratico dai gruppi consiliari, oggi, anticamera dello scioglimento della nostra casa politica comune”.

 

 

 

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