Elezioni in Spagna, la vittoria socialista non regala un Governo. Catalogna in primo piano

29 aprile 2019

Il PSOE non può governare da solo. Chi dovrebbe allearsi con i socialisti. Il vero problema è che anche alleandosi con altre formazioni non indipendentiste i voti per dare vita a un Governo non basterebbero. Lo scenario descritto da un giornalista spagnolo. Che fa il punto della situazione anche su Minorca e le isole Baleari 

di Jordi Ribera
(articolo tratto da Menorcaaldia.com)

I risultati di queste elezioni spagnole sono passibili di diverse analisi. Alcune sorgono a prima vista, ma altre hanno un carico di profondità che deve essere controllato con più attenzione. Tutto ciò rende la nuova mappa politica generata dai voti un puzzle nel quale può risultare molto complicato inserire i 176 pezzi che danno la maggioranza assoluta, con la questione catalana molto presente.

Tra le cose più ovvie è che il risorgere dell’estrema destra ha risvegliato il voto di sinistra, in particolare quello al PSOE. I socialisti hanno mobilitato quasi 7,5 milioni di elettori, due più di tre anni fa. Dato che Unidas Podemos ‘solo’ ne ha perso 1,3 milioni, ne consegue che i socialisti hanno recuperato voti persi.

In questo senso è anche degno di nota il fatto che il PSOE è stato in grado di parlare di welfare e di altre misure sociali, mentre PP, Ciudadanos (C’s) e VOX sembravano bloccati in una battaglia per vedere chi avrebbe punito di più la Catalogna se fossero andati al Governo, invece che parlare dei loro programmi.

La destra ha ottenuto qualche voto in più. Nel 2016, PP e Ciudadanos raggiunsero circa 11.030.000 voti. Nel 2019 queste due formazioni più VOX rappresentano 11.170.000 persone. Soltanto 140.000 in più. Ciò che precedentemente aveva raccolto da solo il PP ora è costretto a condividerlo con altri due partiti. Se si aggiungono tutti i casi di corruzione che hanno portato alla perdita del potere, non sorprende questo travaso di voti a VOX e C’s. E vedremo quanto durerà questo viaggio nel deserto.

Tutto ciò rende la matematica parlamentare molto complicata. Il PSOE non può governare da solo. Avrebbe bisogno del sostegno di PP o Ciudadanos affinché ci possa essere un patto tra due sole formazioni. Qualcosa di impensabile e inaccettabile per i militanti dei tre movimenti politici. Le grida di “Con Rivera no” in Calle Ferraz ne sono un chiaro esempio.

Il problema è che non ci sono voti sufficienti in altre formazioni non indipendentiste per avere il sostegno necessario o per eleggere un presidente del governo a maggioranza semplice.

In Catalogna, ERC, di Oriol Junqueras ha vinto per la prima volta le elezioni generali con 15 deputati. Junts per Catalunya, di Carles Puigdemont, ha iniziato la serata con cattivi presagi e la paura di una debacle, ma si è conclusa con l’ottenimento di sette seggi, uno in meno di quello che aveva fino ad ora. Questi 22 seggi, e non dimentichiamo anche i 4 di EH Bildu (partito basco), possono impedire qualsiasi tentativo da parte del PSOE nel caso volesse cercare un accordo con il resto delle forze di sinistra e di centro non indipendentiste.

Dobbiamo ricordare che Navarra Suma, con i suoi due deputati, è anche contraria ai partiti progressisti. La somma totale di queste forze più PP, Ciudadanos e VOX dà 175 seggi. O qualcuno si astiene al secondo turno o il PSOE e chiunque lo sostenga non raggiungerebbero la maggioranza necessaria.

La “fortuna” di Pedro Sánchez è che ERC ha optato negli ultimi tempi per uno spirito negoziale più forte di Junts x Catalunya. Dovremo vedere fino a dove può arrivare questo dialogo, se esiste. Un’astensione del gruppo parlamentare dell’ERC o il suo sostegno a Pedro Sánchez più quello di Unidas Podemos potrebbe superare la barriera del 176.

Ci sarà una lunga attesa: i patti di governo saranno quasi chiusi prima delle elezioni del 26 maggio. Nessuna parte vorrà mostrare debolezza con un accordo che prevede incarichi prima delle prossime elezioni. Tuttavia, le conversazioni che ci sono per la formazione del tavolo del Congresso già saranno in grado di indicare dove si sta dirigendo la politica dei patti.

MINORCA E BALEARI – Nel caso di Minorca ci sono diverse note da aggiungere. La spinta, o la battuta d’arresto, di queste elezioni generali avrà effetto il 26 maggio, ma dobbiamo anche tenere conto delle forze di natura locale o regionale, che nelle elezioni generali perdono elettori a scapito dei partiti spagnoli, in una sorta di voto utile.

Gli elettori del PSOE sono esultanti, come pure quelli di Unidos Podemos, ma non dovrebbe sorprendere se parte del consenso ottenuto vada il 26 maggio ad altre forze di area locale in cui la conoscenza personale del candidato è più importante. In questo senso, anche i partiti progressisti come Més, che ha un’importante base sociale, avranno qualcosa da dire. Prevedibilmente saranno necessari per governare anche se, probabilmente, con un peso inferiore rispetto a quattro anni fa quando il PSOE era al minimo e ci fu un certo trasferimento di voti di socialisti disincantati verso gli eco-sovranisti.

VOX ha ottenuto un buon risultato, ma meno del previsto. Con un PP che riconosce a Minorca un (duro) “tocco di attenzione” nelle parole di Coia Sugrañes, Toni Camps mantiene intatte le sue opzioni per accedere al Consell. Però con la disgregazione del voto di destra, sebbene in complesso senza aver guadagnato nuovi elettori, sembra difficile, non impossibile, che possano assumere il potere tanto nel Consell quanto nel Parlament delle Baleari aggiungendo i seggi ottenuti da PP, Ciudadanos e VOX.

Foto tratta fa kmtro0.it

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