L’ultimo saluto a Gianni Parisi, comunista d’altri tempi, esponente di una sinistra siciliana che non c’è più

23 aprile 2019

Il ricordo di Gianni Parisi, l’esponente del Pci siciliano scomparso qualche giorno fa. L’occasione non soltanto per parlare di un grande protagonista della politica siciliana di fine anni ’70, anni ’80 e anni ’90 del secolo passato, ma anche per ricordare avvenimenti e personaggi che hanno segnato una stagione politica

Confesso che, negli ultimi tempi, quando lo intravedevo in via Dante, non lo andavo ad ‘inquietare’. Camminava con il bastone, con a fianco la moglie Svetlana. Ogni tanto pensavo di strappargli un’intervista. Chissà cosa pensava realmente Gianni Parisi, scomparso a 83 anni, dell’attuale PD, di Matteo Renzi, del renzismo ancora presente e di quello che resta della sinistra in Italia.

Non l’ho fatto per un motivo semplice: perché conoscevo piuttosto bene Parisi e perché non mi avrebbe detto nulla. Però qualcosa in quello che ormai è il mio blog su Parisi la devo scrivere, se non altro perché, per cinque anni della mia vita, dalla primavera del 1986 fino alla primavera del 1991, ho parlato con lui quasi ogni giorno.

Un anno prima al giornale L’Ora di Palermo, mettiamola così, si era liberato il posto di cronista politico. Chi si occupava di questo settore aveva preso la via di Roma. Temporaneamente misero me. Ma prima di parlare dell’anno 1986, devo dire chi era Gianni Parisi e come e quando l’avevo conosciuto. Rispetto al 1986 debbo tornare indietro nel tempo, quando ogni tanto nella casa di Palermo dove ho vissuto spuntava Girolamo ‘Mommo’ Li Causi.

Perché cito Li Causi? Per sottolineare che Parisi apparteneva alla vera ‘razza’ dei comunisti siciliani: comunisti di alto livello, da Li Causi a Pio La Torre, a Libero Attardi. Comunisti senza se e senza ma: comunisti siciliani non ‘contaminati’ dal ‘milazzismo’, stagione politica piuttosto oscura. Chi va ad approfondire la stagione dei Governi regionali di Silvio Milazzo – 1958-1960 – non troverà i nomi di Li Causi e La Torre.

Scuola di vita comunista vera, quella che ha forgiato Gianni Parisi (che aveva studiano economia a Mosca). Ho letto qua e là di Gianni Parisi ritratti un po’ ecumenici. Non mi hanno molto convinto. Parisi era un leone ruggente, tutto d’un pezzo, prendere o lasciare. Ed era, soprattutto, fuori da tutti i ‘giochi’ consociativi nei quali, spesso, la sinistra comunista siciliana è inciampata a partire dagli anni ’50 del secolo passato.

Molti ‘compagni’ socialisti degli anni ’80 non lo ‘digerivano’ molto: e siccome sono stato testimone di quegli anni, posso affermare che non sempre i socialisti – che allora erano al Governo della Regione, mentre il PCI era all’opposizione – avevano ragione: qualche volta avevano ragione e qualche volta avevano torto.

Allora non avevo ancora trent’anni e avevo intrapreso la carriera giornalistica con alle spalle un passato di giovane socialista che non ho mai rinnegato (anche se il Partito socialista è scomparso rimango socialista). Ma sto divagando. Prima di arrivare al Parisi deputato regionale debbo ricordare Parisi segretario regionale del Pci siciliano in anni cruciali: fine anni ’70, il tempo di Piersanti Mattarella presidente della Regione siciliana.

E’ giusto, oggi, raccontare l’ultimo anno della presidenza Mattarella – il 1979 – visto che, spesso, viene dimenticato.

Il Pci, in Sicilia, aveva iniziato il processo politico chiamato ‘Compromesso storico’ qualche anno prima dell’elezione di Piersanti Mattarella a Palazzo d’Orleans. Presidente della Regione era il democristiano Angelo Bonfiglio, al quale il gruppo parlamentare del Pci all’Ars concedeva una ‘bonaria’ opposizione.

In realtà, in quegli anni, gli accordi tra Dc e Pci erano cominciati nei Comuni: soprattutto al Comune di Palermo con la Dc di Salvo Lima. Oggi i comunisti smentiranno, ma i fatti sono questi. Alla Regione si ‘patteggiavano’ le leggi di spesa. Per lo più spartizioni di basso livello (al Comune di Palermo le spartizioni erano molto più consistenti).

Con Piersanti Mattarella presidente della Regione il livello politico della Regione si alza e si comincia a parlare di leggi di settore. Ma ai comunisti siciliani, partecipare al Governo della Regione fuori dalla ‘stanza dei bottoni’, non andava più a genio: governare dalle commissioni legislative dell’Assemblea regionale siciliana non gli bastava più: volevano entrare al Governo della Sicilia.

E’ per questo che, il 1979 vede, soprattutto negli ultimi mesi, il Pci siciliano all’opposizione. Non era un’opposizione al Governo Mattarella: era un’opposizione di ‘sistema’ e al ‘sistema’: a quel ‘sistema’ contrassegnato dall’ombra degli Stati Uniti: quegli americani che i comunisti al governo, in quegli anni, non li volevano proprio: non li volevano in Italia e non li volevano in una Regione come la Sicilia dove gli USA avevano – e hanno ancora – interessi militari strategici.

E’ stato un errore scatenare un’opposizione dura al Governo Mattarella? A giudizio di chi scrive il Pci siciliano dell’epoca svolgeva un ruolo positivo, con un Parisi segretario regionale che, per quello che poteva fare, non ricoprendo ancora il ruolo di deputato dell’Ars, chiudeva gli spazi che riusciva a chiudere al ‘consociativismo’ che, peraltro, lo stesso Mattarella aveva ridotto.

La verità è che Piersanti Mattarella gli avversari li aveva dentro il suo partito – la Dc – e soprattutto in un contesto internazionale ostile alla sua idea di politica che aveva ereditato dal suo maestro, Aldo Moro, che, è noto, era stato ucciso nella primavera del 1978. Un delitto, quello di Aldo Moro,  che aveva indebolito Piersanti Mattarella e il suo Governo siciliano.

Sorvolo sugli anni bui della Regione, 1981-1986, la prima legislatura di Parisi. E vado subito al 1986, quando diventa capogruppo del Pci all’Ars. Ricordo ancora la sua prima telefonata che ho ricevuto al giornale. Allora non c’erano i cellulari. Le telefonate, al giornale L’Ora, le passava il signor Sabato. Parisi mi aveva chiamato saltando Roberta, figura centrale nel gruppo parlamentare del Pci all’Ars.

“Che fa avvicini?”. E così qualche ora dopo mi ritrovai nella stanza del capogruppo del Pci con un Parisi sorridente:

“Facciamo un’intervista e parliamo un po’ di storia?”.

Non lo conoscevo ancora benissimo: ma avendolo visto all’opera nei due anni precedenti immaginavo – e non mi sbagliavo – che la sua gestione del gruppo parlamentare del Pci sarebbe stata ‘scoppiettante’. E la cosa non mi dispiaceva, perché quando in politica c’è la passione vera, al di là dell’asprezza degli scontri, scrivere di politica, di cronaca politica, è un piacere.

Sono stati cinque anni intensi. A me il presidente della Regione siciliana dell’epoca, Rino Nicolosi, non dispiaceva: nella Dc era uno dei migliori, un ingegnere chimico con la testa che ‘andava a tremila’.

Sono stato testimone di tanti scontri politici tra Parisi da una parte e il Governi Nicolosi dall’altra parte. Parisi accusava il presidente Nicolosi di aver dato vita a un ‘Governo parallelo’, per sfuggire ai controlli dell’Ars.

La verità, forse – almeno a giudizio di chi scrive – è un po’ diversa. La stagione del consociativismo tra DC e Pci aveva ‘impapocchiato’ la vita parlamentare dell’Ars. Le commissioni legislative erano diventate lo snodo per accordi sottobanco, spartizioni di risorse e altre piccole e grandi vergogne.

Nicolosi, che era un presidente un po’ decisionista, voleva esercitare in pieno le proprie prerogative di presidente della Regione. E siccome non tutti gli atti della presidenza della Regione debbono passare dall’Ars, Nicolosi applicava alla lettera questo principio.

Poi, in realtà, ci prese un po’ gusto. E cominciò a non portare in Aula – cioè a Sala d’Ercole – i provvedimenti che, invece, sarebbe stato giusto far conoscere al Parlamento siciliano. A Parisi questo modo di fare non andava proprio giù: da qui la battaglia contro il ‘Governo parallelo’ di Nicolosi che ‘fuggiva’ da Sala d’Ercole.

Che dire? Che in certe occasioni aveva ragione Nicolosi; e in altre occasioni aveva ragione Parisi.

Ma anche Parisi, come Piersanti Mattarella, gli avversari li doveva fronteggiare dentro il suo partito. E siccome il personaggio – lo ribadisco – era refrattario al consociativismo, aveva un bel da fare, dentro il suo gruppo parlamentare (che allora, come numero di deputati, era secondo solo al gruppo parlamentare democristiano), per tenere i suoi su una linea di opposizione. Tanto che, in alcune occasioni, quando lo scontro politico si faceva duro, si aveva la sensazione – che in realtà era più che una sensazione – che non tutto il gruppo parlamentare del Pci sposasse la linea del suo capogruppo…

Un personaggio del Pci siciliano di quegli anni molto diverso da Parisi era il “Michelangelo della discordia”, al secolo Michelangelo Russo, parlamentare del Pci eletto ad Agrigento, provincia dove la tradizione comunista non ha mai brillato… Russo, in quegli anni, ricopriva la carica di presidente della commissione Bilancio e Finanze, dopo aver ricoperto, dal 1979 al 1981 la carica di presidente dell’Assemblea regionale siciliana.

Con Russo sulla ‘plancia di comando’, la commissione Bilancio e Finanze dell’Ars veniva chiamata “l’imbuto rosso”: e la cosa, ovviamente, non passava inosservata (per la cronaca, Russo lascerà la presidenza della commissione Bilancio e Finanze dell’Ars con strascichi polemici notevoli: ma questa è un’altra storia).

Nelle ricostruzioni che ho letto in questi giorni è stato ricordato il Governo regionale di Giuseppe Campione, del quale Parisi è stato vice presidente. I giudizi positivi su questo Governo ci stanno. Ma ci stanno anche le cose che il Governo Campione-Parisi non ha voluto o potuto fare. E tra queste ne ricordo una in particolare: la vicenda Banco di Sicilia-Sicilcassa. 

E’ nota la fine ingloriosa delle due grandi banche della nostra Isola. Che non sono state sbaraccate dalla Banca d’Italia perché erano messe male: perché, in quegli anni, nel Centro e nel Nord Italia, c’erano banche che avevano gli stessi problemi (e, in alcuni casi, problemi ben più gravi) delle due banche della nostra Isola.

La Banca d’Italia – approfittando anche della fine della cosiddetta Prima Repubblica – ha utilizzato Banco di Sicilia e Sicilcassa per salvare alcune banche del Centro Italia. Nulla di nuovo: la Banca d’Italia è sempre stata e continua ad essere antimeridionale.

Il Governo Campione-Parisi avrebbe potuto fare qualcosa per impedirlo? Forse, se ci avesse provato, il Governo regionale sarebbe saltato. E sarebbe saltato con qualche mese di anticipo. Il Governo Campione-Parisi faceva ‘ombra’ all’allora leader della Rete, Leoluca Orlando: ed è proprio per questo, per non perdere l’alleanza con Orlando, che l’allora segretario del Pci-Pds, Achille Occhetto, decreta la fine del Governo Campione (il Pci, alla fin degli anni ’80, si era trasformato in Pds).

Sempre per la cronaca, va detto che Parisi non è mai rimasto, come dire?, ‘incantato’ da Leoluca Orlando e dall’alleanza tra il suo partito e il sindaco di Palermo di quegli anni. E non poteva che essere così: Parisi, da comunista di antica scuola, non amava i compromessi, così come non li ha mai amati Nino Mannino, altro dirigente del Pci al quale la sottomissione del suo partito ad Orlando non è mai andata a genio.

Chi ha avuto ragione? Parisi, Nino Mannino e i comunisti che cercavano di mantenere l’identità della sinistra? O i dirigenti della sinistra post comunista siciliana che, da Orlando in poi, con la Margherita e oltre la Margherita, e poi, con Renzi in ‘poppa’, sono perfino arrivati a intruppare nel PD certi ‘catanesi’?

Parlano i fatti: 150 mila voti circa alle ultime elezioni regionali, 11 deputati (grazie a una legge elettorale sbagliata: con una legge corretta il PD in questa legislatura non avrebbe più di 7-8 deputati all’Ars), di cui soltanto due di estrazione post comunista. Mentre in molte città della Sicilia – Palermo in testa – per racimolare consiglieri comunali, il PD deve nascondere il proprio simbolo…

Altro ricordo. Fine anni ’90. Parisi non è più parlamentare dell’Ars. In quel periodo, con alcuni amici e amiche, abbiamo fondato un quindicinale: L’Inchiesta Sicilia. Tra le tante interviste, c’è anche quella a Parisi. Che racconta un episodio molto indicativo avvenuto alla fine degli anni ’80. Quando, da capogruppo, i soliti ‘agrigentini’ del suo partito gli fanno incontrare Filippo Salamone, all’epoca dei fatti titolare di una di uno dei più noti gruppi imprenditoriali della Sicilia.

Parisi, alla fine degli anni ’80, era molto critico sulla gestione degli appalti pubblici in Sicilia. Con riferimento soprattutto agli appalti ‘acquatici’: dighe e opere idriche in generale.

Chi di voi è fortunato – e io non sono tra questi, perché non ho conservato le copie de L’Inchiesta Sicilia – può andare a leggersi quell’intervista. Dove si nota la solitudine di Parisi rispetto agli ‘intrallazzi appaltistici’ di quegli anni: e di questo potrebbe parlare anche Franco Piro, che di ‘battaglie’ politiche, in quegli anni, ne ha fatte tante.

Una cosa molto bella – almeno dal mio punto di vista – mi piace ricordarla di Parisi. Quando un suo compagno di partito delle Madonie rimase coinvolto in una brutta vicenda non esitò a difenderlo, pur sapendo che gli sarebbe costato molto, soprattutto se la storia fosse finita male. Parisi tirò dritto e difese il suo compagno di tante battaglie politiche. E questo gli fa onore.

Ultima notazione: le accuse che, a un certo punto, piombarono, a freddo, sulla testa di Parisi. A me veniva da sorridere: accusare Parisi di fatti anche gravi non stava né in cielo, né in terra. Lo incontrai e gli dissi quello che pensavo:

“Guardi che lei, onorevole, a certi banditi della Sicilia, politici e non politici, ‘botte in testa’ non è che gliene ha risparmiate. E quelli lo sa come sono…”.

‘Sta vicenda lo fece stare male. Poi le cose si chiarirono: ovviamente, Parisi era estraneo a tutto. Ci scrisse pure un libro: “La storia capovolta”.

Negli ultimi tempi ci scambiavamo qualche battuta su Facebook. Ma nemmeno tante.

Colgo l’occasione per porgere le condoglianze alla sua famiglia.

Foto tratta da lasicilia.it

 

 

 

 

AVVISO AI NOSTRI LETTORI

Se ti è piaciuto questo articolo e ritieni il sito d'informazione InuoviVespri.it interessante, se vuoi puoi anche sostenerlo con una donazione. I InuoviVespri.it è un sito d'informazione indipendente che risponde soltato ai giornalisti che lo gestiscono. La nostra unica forza sta nei lettori che ci seguono e, possibilmente, che ci sostengono con il loro libero contributo.
-La redazione
Effettua una donazione con paypal


Commenti