Un ultimo saluto al compagno Pietro Ancona, socialista di altri tempi

2 aprile 2019

Pietro Ancona, grande protagonista del Socialismo siciliano degli anni ’60, ’70 e ’80 oggi ha lasciato questa Terra. Scrivo un suo ricordo con tanta malinconia. Ripensando ad Agrigento – la provincia nella quale era nato – e alle sue intuizioni sugli effetti che avrebbe avuto nel mondo e in Italia la caduta dell’Unione Sovietica  

Per me Pietro Ancona (nella foto tratta da ilpartitocomunista.it) non aveva età: era un uomo che andava oltre il tempo. Il suo primo ricordo è degli anni ’70, qualche anno prima che diventasse segretario generale della Cgil siciliana. Bettino Craxi era già segretario nazionale del Psi e Aldo Moro era morto da alcuni mesi. Non ricordo se eravamo nel 1978 o nel 1979. Piersanti Mattarella era presidente della Regione, questo lo ricordo bene. E i socialisti erano al Governo della Regione, mentre i comunisti fremevano per entrare in Giunta.

Non era una riunione ufficiale di socialisti, ma un incontro tra amici della stessa idea politica. Io ero tra i più giovani. Il craxismo aveva già cominciato a prendere piede, ma non in provincia di Agrigento, dove Craxi avrebbe avuto sempre difficoltà.

In effetti, sto svicolando un po’ perché la riunione tra amici si svolse a Palermo. Cito Agrigento perché pietro Ancona, che oggi ha lasciato questa Terra, era un agrigentino: e anche io sono originario della provincia di Agrigento.

Oggi, ripensando a Pietro Ancona, sono sempre più convinto di aver conosciuto due ‘Pietri’ Ancona: uno alla fine degli anni ’70 e poi negli anni ’80, quando ha ricoperto la carica di segretario generale della Cgil siciliana (dalla fine degli anni ’70 fino al 1985); e l’altro negli ultimi sette-otto anni, su Facebook.

Il Pietro Ancona che ho conosciuto alla fine degli anni ’70 era sì agrigentino, era sì socialista, ma era un po’, come dire?, ‘abbottonato’. Ricopriva un ruolo importante e non poteva andare sopra il rigo: e non ci andava.

Quella volta, durante la riunione – molte di quelle persone oggi non ci sono più (per esempio, un compagno della Lega delle cooperative, agrigentino come Ancona, che mi ha sempre difeso, anche, anzi soprattutto, quando andavo sopra il rigo – manifestai i miei dubbi su Craxi. Non mi era dispiaciuta la sua linea sulla vicenda Moro (solo negli ultimi anni ho capito fino in fondo la posizione di Craxi, che doveva conoscere, già allora, il contesto internazionale in cui si snodava la vicenda Moro), ma non mi convinceva la sua idea di socialismo.

Confesso che, su Craxi, sono sempre stato prevenuto. Era milanese e i socialisti milanesi, per definizione, non li ho mai ‘digeriti’. Erano, i socialisti milanesi, quelli che nei primi del ‘900 reggevano il gioco a Giovanni Giolitti, “Il Ministro della malavita”, come lo definiva Gaetano Salvemini. Con tutto il rispetto, non ho mai capito cosa ci sia stato, di socialista, nel socialismo milanese, da Filippo Turati a Craxi. Ma questa è un’altra storia.

Quella volta Ancona mi difese.

Quello che mi è piaciuto di Ancona è sempre stato – soprattutto quando, a metà anni ’80, si cominciò a capire che l’Unione Sovietica stava per sbriciolarsi – il suo legame con la Russia. E con Stalin. 

Sono cresciuto, tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80, tra i giovani socialisti, in un mondo che dava per scontato che dietro Stalin c’era tutto il male possibile. Guai, per un socialista, soprattutto dopo il Midas, a parlar bene di Stalin. Invece Ancona ne parlava bene: e a me la cosa incuriosiva.

Alla fine degli anni ’80 avevo letto tutti i libri di Carlo Alianello – l’autore che mi ha fatto scoprire la falsa storia del Risorgimento nel Sud – e mi chiedevo: ma se questi ‘briganti’ hanno falsificato la storia del Sud negli anni della ‘presunta’ unificazione italiana, perché non dovrebbero farlo anche con Stalin?

Di Pietro Ancona debbo dire che è stato uno dei primi a teorizzare gli effetti che, con la scomparsa dell’Unione Sovietica, avrebbe avuto sulla vita in Europa – e segnatamente in Italia – il primato dell’economia sulla politica. Ancona aveva perfettamente intuito la fine che ha fatto la cosiddetta sinistra italiana e, soprattutto, la fine che ha fatto l’Italia: senza sovranità monetaria, con la sovranità politica dimezzata e senza sinistra.

Perché per Ancona, come scriveva begli ultimi anni su Facebook, la sinistra, nel mondo, non poteva fare a meno dell’Unione Sovietica.

Leggo qua e là della partecipazione di Ancona alla stagione di lotta contro i missili Cruise a Comiso accanto a Pio La Torre. Questa, in verità, è un’altra pagina un po’ più complessa. Magari ci scriviamo qualche altra volta.

Oggi voglio salutare un vecchio compagno socialista che non ha mai smarrito l’idea di un Socialismo, anche duro, anche tragico: ma Socialismo alla stato puro.

Foto di prima pagina tratta da rischioalcolato.it

 

 

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