Ministro Salvini, invece di chiudere i porti apra gli archivi sulla strage di Portella della Ginestra/ MATTINALE 323

28 marzo 2019

Il nostro appello – ovviamente – è rivolto anche al Presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte. E al Ministro Salvini. Entrambi, oggi, hanno il potere di aprire e rendere pubblici gli archivi segreti sulla Strage di Portella della Ginestra. Sarebbe un bel colpo, che segnerebbe una secca discontinuità con tutti i Governi italiani che si sono succeduti dal 1948 ad oggi 

Lo sappiamo: ormai quando si parla del Ministro degli Interni, Matteo Salvini, la mente va subito ai migranti, alle “invasioni” degli stessi migranti, ai porti italiani da chiudere e, da qualche ora, anche alla “castrazione chimica” per gli stupratori. Argomenti ‘interessanti’, non c’è dubbio, ricchi di ‘umanità’ e di cultura. Ciò posto, siccome l’attuale Governo italiana è il primo, dal lontano 1948, che non ha nulla a che spartire – anche per ragioni anagrafiche – con gli anni bui del secondo dopoguerra, invitiamo il Ministro Salvini – e, naturalmente, anche il Presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte – a considerare l’ipotesi di raccontare agli italiani e al mondo la verità sulla Strage di Portella della Ginestra.

Signor Presidente del Consiglio e signor Ministro degli Interni, noi siamo grani ammiratori di Wikipedia, che svolge un fondamentale servizio di informazione e di cultura. Ma c’è una cosa che non riusciamo a ‘digerire’. Quando su google scriviamo “Strage di Portella della Ginestra” compare l’articolo di Wikipedia e, in quello che noi giornalisti indichiamo con la formula di “attacco” leggiamo:

“La strage di Portella della Ginestra fu un eccidio commesso in località Portella della Ginestra, in provincia di Palermo, il 1º maggio 1947 da parte della banda criminale di Salvatore Giuliano che sparò contro la folla riunita per celebrare la festa del lavoro provocando undici morti e numerosi feriti” (QUI PER ESTESO IL RACCONTO DI WIKIPEDIA DELLA STRAGE DI PORTELLA).

Ribadiamo: con tutto il grande rispetto che proviamo per Wikipedia, a noi questa tesi non ci ha mai convinto.

Sapete come vanno i fatti, egregi Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e Ministro Matteo Salvini. Dovete sapere che, in Sicilia, esiste una generazione non solo di giornalisti, ma anche di semplici cittadini attenti che è cresciuta con un libro che, negli anni ’70 del secolo passato, ha fatto scuola: “Guida ai misteri e piacerti di Palermo”, scritto da un giornalista che si chiamava Pietro Zullino (QUI PER CHI NE VUOLE SAPERE DI PIU’ SU PIETRO ZULLINO).

In questo libro, con la scusa di raccontare la storia di Palermo, Zullino racconta la storia in parte la storia della mafia e, in parte, di due grandi misteri: la storia della banda Giuliano e del giornalista Mauro De Mauro, naturalmente rispetto a quello che allora si sapeva.

Zullino definisce la storia della banda Giuliano come “l’intrigo fondamentale”: sciolto il nodo gordiano della storia della banda Giuliano – che non è una storia semplice: anzi – si dovrebbero chiarire tante altre cose.

Voi, egregi Presidente Conte e Ministro Salvini, non ci crederete: ma gli echi della strage di Portella della Ginestra e della banda Giuliano arrivano fino ai nostri giorni. Perché, in questa storia, ci sono fatti, personaggi e cose che, in un modo o nell’altro, non sono ancora oggi mai scomparsi.

Voi non potete immaginare con quanta speranza, nel 1996, quando Romano Prodi varò il suo primo Governo, la Sicilia attendeva dall’allora Ministro degli Interno, Giorgio Napolitano, l’apertura degli archivi segreti del Viminale dove, con molta probabilità, sono conservati gli atti che potrebbero fare luce sugli aspetti della Strage di Portella della Ginestra rimasti misteriosi. Ma gli archivi sono rimasti chiusi.

Si sa, ad esempio, che il celebre ‘attacco’ di Tommaso Besozzi, il grande giornalista che, per primo, si accorse che il cadavere che giaceva a terra nel cortile De Maria, a Castelvetrano – che per tutti era il cadavere di Salvatore Giuliano – potrebbe, chissà, essere riscritto. Besozzi si accorse che il sangue del cadavere, invece di colare verso il basso, andava verso l’alto e scrisse:

“Di sicuro c’è soltanto che è morto”.

Oggi, chissà, potrebbe essere aggiornato:

“Di sicuro c’è soltanto che c’è un morto”.

Eh già, perché c’è chi sostiene – e non da ora, ma già da allora – che il cadavere trovato a terra nel cortile Di Maria, a Castelvetrano, non era quello di Salvatore Giuliano, ma di uno che gli somigliava molto.

Leggenda? Forse. Ma vi possiamo assicurare che, da sempre, tra Montelepre (il paese di Turiddu Giuliano) e Giardinello di storie se ne raccontano tante.

Potremmo citare gli scritti del compianto Giuseppe Casarrubea, che ha passato la vita a ricostruire le trame del secondo dopoguerra in Sicilia.

Pensate un po’: Giuseppe Casarrubea è stato uno dei primi a visionare gli archivi americani che raccontano il secondo dopoguerra in Sicilia: perché, bene o male, gli Stati Uniti d’America – non sappiamo se tutti o in parte – gli archivi li hanno messi a disposizione degli studiosi. In Italia, invece, gli archivi del Ministero degli Interni sulla Strage di Portella delle Ginestre sono ancora sigillati. Chissà perché…

Così, ancora oggi, non sappiamo qual è stato il ruolo svolto in questa storia da quello che, qualche anno dopo Portella, diventerà Ministro della Repubblica: Bernardo Mattarella.

Proprio ieri, con l’amico Ignazio Coppola, discutevamo del ruolo dell’avvocato Antonino Varvaro, che all’epoca dei fatti era un esponente di spicco dell’ala di sinistra del Separatismo siciliano e che, poi, sarebbe diventato parlamentare regionale del Pci.

Che rapporti ci sono stati tra Varvaro e la banda Giuliano? Non l’abbiamo mai capito. Così come non ci è mai stato chiaro il ruolo che ebbe in questa storia l’allora leader del Pci siciliano, Girolamo Li Causi, grande persona per bene che, però, qualche ruolo, in questa storia, l’ha giocato.

Per non parlare di due esponenti delle forze dell’ordine: Ettore Messana – il primo ad affermare che a sparare a Portella erano stati gli uomini della banda Giuliano – e Ciro Verdiani.

Un altro fatto certo, ormai acclarato, è che la mattina dell’1 maggio del 1947 – giorno in cui andò in scena la Strage a Portella della Ginestra – alcuni esponenti importanti della sinistra socialista e comunista, chi per un motivo, chi per un altro, non riuscirono a prendere parte alla festa del lavoro finita in tragedia. Si sa che nella vita ci vuole anche fortuna, e loro, quella mattina, di fortuna, ne ebbero tanta.

Giuseppe Montalbano, un grande dirigente del Pci che lascerà sdegnato il suo partito a si ritirerà a vita privata – uomo politico che all’epoca dei fatti era un protagonista della sinistra siciliana – nei primi anni ’80 diede alle stampe un libro che, in tanti, facevano a gara per sminuirlo: per sminuire il libro e per sminuire, soprattutto, chi l’aveva scritto, descritto quasi in termini pirandelliani (errore che poteva commettere solo chi non aveva letto “I vecchi e i giovani” di Luigi Pirandello, libro che racconta la Sicilia e l’Italia post unificazione, dove l’autore mette da parte i temi a lui cari e parla di fatti storici con la descrizione di caratteri che arrivano fino ai nostri giorni, intrighi e falsi storici compresi).

Il libro di Giuseppe Montalbano s’intitola “Mafia, politica e storia” e a un neofita come chi scrive – ma anche al padre di chi scrive, che neofita, in materia di fatti personaggi e cose di Sicilia non era affatto – già allora sembrava una mezza anticipazione di quanto custodito negli archivi del Viminale.

Anche in questo libro di Giuseppe Montalbano il ‘caso Giuliano’ è centrale. E, come nel libro di Zullino, i fatti di Portella si proiettano negli anni successivi: negli anni in cui l’autore era ancora vivo e scriveva e dava alla stampe il libro.

Ci ha colpito, in particolare, una lunga lista di morti violente che fanno seguito alla Strage di Portella e che arrivano fino alla fine degli anni ’70.

Attenzione: non sono solo i cosiddetti ‘morti eccellenti’, ma anche l’eliminazione di personaggi apparentemente secondari che, invece, secondo il professore Montalbano (Giuseppe Montalbano fu per tanti anni docente alla facoltà di Giurisprudenza di Palermo), secondari non lo erano affatto.

Un convegno dello scorso anno ci ha restituito la giusta immagine di Pietro Scaglione, ucciso a Palermo il 5 maggio del 1971. Un magistrato d’altri tempi, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale del capoluogo della Sicilia, che non si piegò mai agli intrighi dell’Italia e che, per questo, non solo è stato ucciso, ma anche denigrato da morto.

Anche Scaglione – come tanti altri – si occupò del cosiddetto “Intrigo fondamentale”.

Ma il tempo è galantuomo e, piano piano, la verità sta venendo a galla. Non tutta, ancora. Per questo abbiamo scritto l’articolo che state leggendo.

Presidente Conte, Ministro Salvini, fate un regalo all’Italia: aprite gli archivi del Viminale sulla Strage di Portella. Voi lo potete fare. Sarebbe veramente un segnale di cambiamento. Di vero Governo del cambiamento.

Coraggio, Presidente Conte e Ministro Salvini, l’1 maggio si avvicina. Provate a passare alla storia come coloro i quali hanno fatto luce su un mistero italiano che, forse, è la chiave di tanti altri misteri successivi.

Foto tratta da castelvetranoseinunte.it   

 

 

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