I Comuni siciliani che vogliono fare ‘cassa’ con gli abusivi: la vicenda arriva all’Ars/ MATTINALE 307

12 marzo 2019

L’incredibile storia dei Comuni siciliani che, in un quadro di incertezza normativa, stanno provano, a umma umma, a fare ‘cassa’ sulla pelle dei cittadini che hanno realizzato abusivamente la propria casa (spesso la prima casa) arriva finalmente all’Ars. Il merito è di due parlamentari – Marianna Caronia ed Edy Tamajo – che hanno sollevato la questione con due emendamenti. Intanto è nato il Movimento nazionale ‘Io abito’ che annuncia battaglia in Sicilia, in Campania e nel Lazio   

Ogni tanto la politica siciliana si ricorda che esistono i problemi reali. Due parlamentari regionali – Marianna Caronia ed Edy Tamajo – con due emendamenti presentati al disegno di legge sul cosiddetto ‘Collegato alla Finanziaria’ – hanno acceso i riflettori su una vicenda a nostro modesto avviso incredibile: ovvero il tentativo, da parte dei Comuni siciliani, di fare ‘cassa’ sulla pelle delle disavventure di chi ha costruito una casa abusivamente.

Perché parliamo di “disavventure”? perché, in molti casi, l’abusivismo non è stato voluto dai cittadini, ma da una politica miope o, peggio, truffaldina, che nel corso dei decenni, sul dramma sociale della casa, ha costruito campagna elettorali (e fortune politiche).

Ma andiamo con ordine.

Noi abbiamo già affrontato questo spinoso tema intervistando, lo scorso 5 gennaio, il professore Giuseppe Gangemi, docente di Urbanistica presso la facoltà di Architettura di Palermo (QUI LA SUA INTERVISTA).

Oggi torniamo sull’argomento visto che, forse, il tema potrebbe finalmente essere affrontato in Assemblea regionale siciliana durante il dibattito sul citato ‘Collegato alla Finanziaria.

La vicenda in questione riguarda oltre 700 mila abitazioni abusive realizzate in Sicilia nel corso degli ultimi decenni.

Se ci trovassimo davanti a un numero limitato di abitazioni abusive, ha sottolineato il professore Gangemi, l’abbattimento di tali edifici sarebbe  doveroso. Ma se la questione riguarda oltre settecentomila abitazioni che, in tanti casi, sono diventate prime case, “il problema – ha ricordato lo scorso 5 gennaio il professore Gangemi – non è più amministrativo e penale: è anche sociale. In questo scenario l’abbattimento diventa problematico. Con risvolti ambientali non indifferenti”, perché “se si comincia a demolire le abitazioni abusive bisogna stabilire, prima, dove allocare gli sfabbricidi”.

Insomma, una volta abbattute le case abusive si pongono due problemi.

Primo problema: dove smaltire gli sfabbricidi, cioè i materiali che derivano dalle demolizioni: riutilizzarli? costituire apposite discariche? Non si capisce.

Secondo problema: una volta abbattuta un’abitazione abusiva ed eliminato gli sfabbricidi bisogna ripristinare i luoghi.

Sia per l’abbattimento, sia per lo smaltimento degli sfabbricidi, sia per il ripristino dei luoghi occorrono fondi.

I costi dell’abbattimento sono a carico del proprietario dell’immobile abusivo. Ci sono i cittadini che possono sostenere i costi dell’abbattimento di un immobile abusivo; ma ci sono anche cittadini – e in Sicilia sono tantissimi – che non hanno i soldi per pagare l’abbattimento.

E poi – come già ricordato – bisogna trovare le risorse per lo smaltimento degli sfabbricidi e per il ripristino dei luoghi.

A meno che non si pensi di abbattere le abitazioni abusive lasciando sul luogo di abbattimento gli sfabbricidi e non ripristinando i luoghi. Ma sarebbe un vero disastro ambientale!

Il problema, lo ribadiamo, è serio e, finalmente, la politica siciliana ha battuto un colpo. Anzi, due colpi con due emendamenti.

Leggiamo insieme il primo dei due emendamenti presentati all’Ars:

“Per gli immobili non suscettibili di sanatoria, che impegnano un’area costituente agglomerato urbano ai sensi del codice della strada è obbligatorio redigere un piano delle demolizioni che preveda i tempi e le fasi
delle demolizioni con i relativi criteri e modalità tecniche, i siti di deposito e le quantità degli sfabbricidi, nonché una previsione progettuale del ripristino dello stato dei luoghi ed i relativi costi di dettaglio delle opere con indicazione delle risorse finanziarie complessive e le fonti di finanziamento effettivamente disponibili. Il piano delle demolizioni è sottoposto alla Valutazione Strategica Ambientale o a verifica di assoggettabilità a seconda del dimensionamento delle superfici impegnate dall’agglomerato medesimo.
Le procedure di adozione, pubblicazione ed approvazione del piano delle demolizioni seguono quelle dei Piani particolareggiati con i tempi dimezzati.
In attesa dell’entrata in vigore dei piani di demolizione, l’esecuzione degli atti relativi all’acquisizione ed alla demolizione è sospesa”.

Il secondo emendamento così recita:

“1. Gli immobili acquisiti al patrimonio comunale in applicazione dell’articolo 31, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 e successive modifiche ed integrazioni, per i quali è stata dichiarata con deliberazione del Consiglio comunale la pubblica utilità per finalità di edilizia residenziale pubblica, possono essere assegnati con carattere di prelazione ai soggetti in possesso alla data di entrata in vigore della presente legge dei requisiti previsti dall’articolo 4 della legge regionale 31 maggio 1994, n. 17 e successive modifiche ed integrazioni.
2. Fatte salve le limitazioni previste dal comma 5 dell’articolo 31 del DPR n.
380/2001, il diritto di abitazione sull’immobile è conferito anche ai soggetti in possesso del requisito al momento dell’avvenuta acquisizione dell’immobile al patrimonio comunale”.

Il primo emendamento punta a fare chiarezza sugli abbattimenti degli immobili abusivi: abbattimenti che non possono essere effettuati senza un programma e, soprattutto, senza Valutazione Ambientale Strategica (VAS) e senza un piano finanziario che preveda come e dove allocare gli sfabbricidi e come ripristinare i luoghi.

Il secondo emendamento punta all’applicazione di una legge regionale che, in verità, non è mai stata molto ‘gettonata’: la legge regionale numero 17 del 1994. E’ la legge che consente ai Comuni di acquisire le abitazioni realizzate abusivamente. Per farne che cosa?

Da quello che sappiamo – e dalle notizie che ci arrivano – molti Comuni siciliani avrebbero inviato ai titolari delle abitazioni abusive lettere in cui chiedono agli stessi titolari delle case abusive gli affitti arretrati e gli affitti mensili.

In pratica, applicando la legge regionale numero 17 del 1994, i Comuni avrebbero acquisito le abitazioni abusive e le starebbero affittando agli stessi cittadini che hanno realizzato abusivamente le case!

Ma un argomento così delicato, che in Sicilia riguarda circa 700 mila nuclei familiari, non dovrebbe essere oggetto di un dibattuto nel Parlamento dell’Isola?

In molti casi i Comuni chiedono ai cittadini cifre considerevoli: 100 mila, 150 mila, 200 mila euro di arretrati e affitti mensili che vanno da 600-700 euro mensili e mille, mille e 500, 2000 euro e oltre mensili nel caso di ville.

La nostra sensazione – cosa che abbiamo già scritto – è che i Comuni siciliani, quasi tutti senza soldi, avrebbero deciso, nel silenzio generale, di risanare i propri bilanci facendo pagare il conto agli abusivi!

Roma, con i Governi nazionali e regionali di centrosinistra – con riferimento alla passata legislatura – ha svuotato le ‘casse’ della regione siciliana e dei Comuni dell’Isola. E l’attuale politica siciliana che fa? Vuole fare pagare il conto agli abusivi della Sicilia?

Il tutto in un quadro di incertezza normativa, perché la magistratura, in molti casi, ha già avviato le demolizioni di immobili abusivi, com’è avvenuto a Triscina, in provincia di Trapani.

Noi abbiamo chiesto al professore Gangemi se il progetto dei Comuni siciliani sia quello di fare ‘cassa’ con gli abusivi. E ci ha risposto così:

“Un collegamento potrebbe esserci. Con l’incubo della demolizione i cittadini potrebbero valutare se optare per il diritto di abitazione: questo gli eviterebbe di affrontare l’onere della demolizione. Detto questo, bisognerebbe fare chiarezza. Con quali criteri vengono effettuate queste operazioni? Chi è che valuta il valore di un immobile, il costo dell’eventuale affitto e degli eventuali arretrati da corrispondere ai Comuni? Chi propone e chi approva tali scelte? Ribadisco: su questi punti bisognerebbe fare chiarezza”.

Il tema è serio: chi ha valutato il valore degli immobili? E perché i cittadini dovrebbero pagare cifre così esose?

Non solo. In genere, quando c’è una sanatoria edilizia il cittadini paga una volta e si mette in regola con la legge. In questa vicenda, invece, i Comuni hanno iniziato a chiedere soldi ai cittadini in un quadro – lo ribadiamo – di incertezza normativa. Paradossalmente, i cittadini potrebbero pagare gli ‘arretrati’ (una barca di soldi!), potrebbero iniziare a pagare gli ‘affitti’, ma una bella mattina la casa per la quale hanno pagato gli ‘arretrati’ e per la quale pagano ‘l’affitto’ potrebbe essere abbattuta!

Ancora: i cittadini, pagando, diventano proprietari degli immobili, finalmente diventati legali, o rimangono affittuari a vita a sostegno – sempre a vita – dei Bilanci dei Comuni? E questo sarebbe un modo civile di amministrare la cosa pubblica? 

Per non parlare del fatto che tantissimi cittadini siciliani sono diventati titolari di abitazioni abusive senza responsabilità (mancanza di strumenti urbanistici o uso distorto degli stessi strumenti urbanistici: a favore di alcuni e a sfavore di altri).

Per non parlare, ancora – e qui entriamo nel caso di chi ha realizzato le abitazioni lungo le coste – di cittadini che oggi si ritrovano titolari di abitazioni entro i 150 metri dalla battigia (e quindi in area di inedificabilità assoluta) non perché hanno violato la legge, ma perché l’erosione della costa (fenomeno molto diffuso nel Messinese, ma non soltanto in questa provincia) ha avvicinato il mare alle loro abitazioni che erano state costruire regolarmente, mentre oggi, a causa dell’erosione della costa, si ritrovano entro i 150 metri dalla battigia…

Insomma, i problemi, in questa storia, sono tanti: e bene hanno fatto i due parlamentari regionali – Marianna Caronia e Edy Tamajo – a gettare due pietre (i due emendamenti) nella stagnante politica siciliana.

Intanto, per la cronaca, è sorto un movimento che sta raccogliendo tante adesioni. Si chiama Io abito ed è un movimento nazionale, visto che questo problema non è solo siciliano, ma è molto avvertito anche i Campania e nel Lazio.

E’ probabile che di questo movimento sentiremo parlare presto.

Foto tratta da pisanews.net 

 

 

 

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