Antonello Montante e Silvana Saguto: i due processi che fanno tremare la Sicilia che conta

20 febbraio 2019

Due casi giudiziari nati a Caltanissetta. Con una differenza. Nel caso di Montante, la politica – della quale l’ex presidente di Confindustria Sicilia è stato un esponente – non ha certo creato problemi a questo personaggio, accogliendolo nel proprio ‘seno’; mentre la magistratura sta provando a capire come stanno le cose in riferimento a Silvana Saguto, componente della stessa magistratura. Il processo Montante che resta a Caltanissetta. Le parole di fuoco di Silvana Saguto su Pino Maniaci. E la replica di TeleJato 

Noi non ci occupiamo quasi mai di cronaca giudiziaria. Ma due accadimenti non possono non essere commentati. E sono due accadimenti nati per il lavoro svolto dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Caltanissetta. E da lì, infatti, che sono partite le inchieste su Antonello Montante, ex presidente di Confindustria Sicilia, e su Silvana Saguto, ex presidente della Sezione per le misure di prevenzione del Tribunale di Palermo.

Due storie diverse. Due processi ‘pesanti’ come macigni. Due vicende che toccano la politica siciliana (Montante) e la stessa magistratura.

Con una differenza fondamentale: e cioè che, nel caso Montante, la politica – e in particolare il centrosinistra della Sicilia, del quale Montante è stato alleato – non ha fatto nulla per fare luce su questo personaggio; mentre nel caso di Silvana Saguto è la stessa magistratura che sta provando a fare luce su quanto avvenuto.

Cominciamo con Montante. Accusato di essere il capo di un’associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e allo “spionaggio”, l’ex presidente di Confindustria Sicilia è sotto processo davanti ai giudici di Caltanissetta. La notizia è che i giudici della sesta sezione penale della Cassazione hanno respinto la richiesta di rimessione per legittimo sospetto avanzata dai suoi difensori. Insomma, il processo a Montante resta al Tribunale di Caltanissetta.

I legali dell’ex presidente di Confindustria Sicilia, Carlo Taormina e Giuseppe Panepinto, si sono ricolti alla Cassazione sottolineando che nel procedimento ci sarebbero state alcune “anomalie”. Il processo, che si svolge col rito abbreviato, in attesa della decisione della Cassazione, era stato sospeso dal Gup del Tribunale di Caltanissetta.

Con il pronunciamento della Cassazione, che ha rigettato la richiesta dei legali di Montante, il processo all’ex numero uno di Confindustria Sicilia resta a Caltanissetta.

Un po’ più, come dire?, ‘pirotecnico’ il processo all’ex presidente della Sezione per le misure di prevenzione presso il Tribunale di Palermo, Silvana Saguto. Che, piano piano, sta cominciando a tirare fuori gli ‘artigli’.

E’ una donna che ha alle spalle decenni di vita nella magistratura: tant’è vero che ha ricordato di aver iniziato la carriera con “Rocco Chinnici, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino”. E questa è stata la partenza.

Leggiamo le dichiarazioni della dottoressa Saguto nel giornale on line Live Sicilia. Parole misurate, ma molto precise:

“Ho fatto il processo Mattarella, poi ci furono le stragi e la mia vita è cambiata. Sono finita sotto scorta. Ho presieduto il maxi quater. Ho arretrato 99 persone, sono sempre le stesse persone, alcune le hanno arrestate di nuovo di recente nella nuova cupola”.

Questa è la ricostruzione precedente al suo arrivo alla Sezione per le Misure di prevenzione.

Poi ci sono i processi patrimoniali:

“Con il mio rientro a Palermo i sequestri sono aumentati del 400 per cento”. Merito non solo suo, perché “il Tribunale non procede di ufficio, se a Palermo ci sono stati tanti sequestri dipende dalla sezione e dalla Procura. Non è che eravamo matti, la Procura ci proponeva i sequestri e poi venivano confermati”.

A questo punti arriva quello che Live Sicilia definisce “il colpo di scena” che, in verità, non è proprio qualcosa di inatteso. La dottoressa Saguto parla della “agenda in cui mettevo i biglietti che ricevevo ogni giorno. Mi venivano segnalati amministratori giudiziari da nominare. È pieno di nomi. Intanto me li segnalavano i miei colleghi: La Cascia, Guarnotta, Tona, D’Agati. Me li segnalavano anche avvocati. Erano persone di cui mi fidavo. Chiedevo solo che fossero persone qualificate. Lei dottore Bonaccorso (Maurizio Bonaccorso le sta seduto di fronte perché insieme a Claudia Pasciuti è il pm dell’accusa ndr) dovrebbe ricordarla l’agenda perché veniva nella mia stanza”.

La dottoressa Saguto, leggiamo sempre su Live Sicilia “annuncia di volere consegnare l’agenda blu piena di nomi e biglietti da visita al tribunale”.

Durissimo il giudizio della dottoressa Saguto su Pino Maniaci, il direttore di TeleJato che, in realtà, è stato tra i primi a puntare i riflettori sulla gestione di questo delicato settore della vita giudiziaria. E’ andato fino in fondo, Maniaci, con molto coraggio e con grande professionalità, non mollando mai la presa. Dice di lui l’ex presidente della Sezione per le misure di prevenzione:

“Non pensavamo potesse danneggiarci. Abbiamo sottovalutato la possibilità mediatica di gente di scarsa cultura. Siamo stati convocati qua (in Procura a Caltanissetta, ndr) da Gozzo e Paci (Domenico Gozzo e Gabriele Paci erano pm a Caltanissetta, ndr). Mi hanno chiesto degli incarichi. Gli ho detto che mio marito (l’ingegnere Lorenzo Caramma pure lui imputato, ndr) lavorava in una sola misura che non era del mio collegio e l’aveva avuta anni prima con il presidente Cesare Vincenti. Si chiuse lì. Non fu aperto un procedimento penale. Maniaci ne continuava a parlare, fino a quando la eco divenne maggiore di questa specie di televisione. Televisione che faceva l’antimafia e si prendeva i soldi della mafia. Prendeva soldi dal proprietario di una cava. Certo è curioso. Impastato (un altro imprenditore a cui erano stati sequestrati i beni, ndr) aveva dato la macchina alla figlia di Maniaci. Abbiamo chiesto che il Csm ci tutelasse ma il Csm chiuse la pratica perché non ne valeva la pena, era una piccola emittente squalificata”.

“Uno dei capitoli chiave del processo – leggiamo sempre su Live Sicilia – è la consegna di venti mila euro a Saguto da parte dell’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, recordman di incarichi da amministratore giudiziario. Sarebbe stato il prezzo della corruzione. Secondo l’accusa, Cappellano Seminara consegnò il denaro una sera di giugno a casa del magistrato dove li aveva portati dentro un trolley. Ecco come Saguto ricostruisce l’episodio: ‘Mai ricevuto soldi da Cappellano. Sarete voi (dice rivolgendosi al Tribunale ) e il pm a dimostrare che me li ha dati. Se pensavano che Cappellano aveva dei soldi con sè perché non l’hanno fermato? Dicono per evitare la discovery dell’indagine. Cosa c’era di più importante di trovare i soldi?”. Perché l’amministratore allora andò a casa Saguto alle dieci di sera? “C’erano dei documenti da firmare. Veniva di sera perché di giorno lavorava sempre. Anche altre persone venivano di sera. E poi per ventimila euro c’è bisogno di un trolley?'”.

Sul sito di TeleJato leggiamo la replica di Pino Maniaci, il battagliero direttore di questa televisione, sulla quale non ci sono mai state ombre.

Maniaci ricorda che il merito, rivendicato dalla dottoressa Saguto, di aver fatto aumentare i sequestri del 400 per cento non tiene conto dei metodi” seguiti, se è vero che sono finiti “in un unico calderone anche imprenditori che con la mafia non avevano nulla a che fare e senza accennare all’allegra gestione dei beni sequestrati portata avanti dal cerchio magico degli amministratori giudiziari cui dava gli incarichi”.

Maniaci riporta un passo delle dichiarazioni della dottoressa Saguto:

“L’altra sera ho ritrovato l’agenda in cui mettevo i biglietti che ricevevo ogni giorno. Mi segnalavano amministratori giudiziari da nominare. La consegnerò al tribunale questa agenda……, le segnalazioni arrivavano dai miei colleghi: La Cascia, Guarnotta, D’Agati, Tona. Ma c’erano anche avvocati che mi facevano segnalazioni. Persone di cui io mi fidavo… In questa agenda ci sono tutti. Tutti mi facevamo segnalazioni. Chiedevo solo che fossero persone qualificate, soprattutto persone che provenivano dal Dems, il corso voluto dai professori universitari Fiandaca e Visconti….Con i beni sequestrati lavoravano i figli dei miei colleghi Ingargiola e Puglisi; il fratello di Teresi lavorava con Collovà. Ma non è un pregiudizio, accadeva così”.

“Sono nomi buttati là senza particolari accuse o riscontri, così – si legge nel sito di TeleJato – tanto per azionare la macchina del fango o per procurarsi un ombrello dietro la giustificazione del ‘Così fan tutti’ nel senso che tutti navigavano all’interno di un sistema di amministrazione della giustizia che, secondo la Saguto era ‘normale e corretto'”.

“Un occhio di riguardo è riservato a Pino Maniaci – leggiamo sempre sul sito di TeleJato – perché, secondo lei gli elementi e i dati delle inchieste di Telejato erano ‘Le farneticazioni di un ignorante’, mentre, al contrario: ‘La presidente della commissione antimafia Bindi ha invece riconosciuto il mio lavoro'”.

Maniaci riporta un passo delle dichiarazioni della dottoressa Saguto, là dove cita l’attuale presidente della commissione Antimafia del Parlamento siciliano, Claudio Fava:

“Infine sul conto di Maniaci aggiunge di avere saputo da Claudio Fava (che faceva parte della Commissione parlamentare antimafia del Parlamento nazionale, ndr): ‘Mi disse: “Come possiamo aiutarvi, ma a questo non lo dovevamo arrestare?”. Era una battuta, per me Maniaci non esisteva, ho sbagliato a non querelarlo subito così si stava zitto. Sono andati dietro a un pazzo”.

Foto tratta da sicilianetwork.info

 

 

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