Sicilia in default 4/ “Io, prigioniero nella mia azienda agricola da due giorni tra strade che franano e ponti che crollano”

3 novembre 2018

La testimonianza di Ettore Pottino, presidente di Confagricoltura Sicilia. Al telefono, mentre è ancora ‘prigioniero’ nella propria azienda Agricola di Resuttano, visto che l’unica strada – guarda caso provinciale – è franata, ci racconta come una semplice pioggia, complice l’abbandono del territorio da parte delle ‘autorità’, possa creare danni incredibili. Una storia che è la metafora di una Sicilia fallita gestita, da incapaci 

Al telefono Ettore Pottino, presidente di Confagricoltura Sicilia, titolare di un’azienda agricola dalle parti di Resuttano, provincia di Caltanissetta, al confine con la provincia di Palermo, è sereno:

“Anzi stamattina non c’è vento. Volendo, l’elicottero potrebbe anche atterrare. Ma ieri, per tutto il giorno, siamo rimasti isolati. Perché il vento di ieri avrebbe impedito anche l’atterraggio ad un elicottero. Se qualcuno di noi si fosse sentito male, ebbene, ci sarebbe stato poco da fare. E’ normale che ciò avvenga nel 2018?”.

“Quello che succede è semplicemente incredibile: trovarsi nella propria azienda agricola, che è anche azienda agrituristica, ed essere prigionieri. Sì, prigionieri non tanto delle piogge, ma dei danni provocati dall’abbandono del territorio, soprattutto dall’abbandono di una strada provinciale, dove le frane e gli smottamenti si sono portati via tutto”.

“E’ la strada che, dallo svincolo per Resuttano, porta alle contrade Ciolino e Monaco di Mezzo. E’ una strada provinciale (nella foto a sinistra dopo la frana). Completamente abbandonata. C’è un ponte che, nel maggio dello scorso anno, stava venendo giù. Abbiamo segnalato il pericolo. Ed è stato realizzato un bypass. Ebbene, le piogge di questi giorni si sono portate via ponte e bypass”.

“Se ci ripenso, siamo arrivati in azienda qualche ora prima del disastro. Quando siamo passati già pioveva. Ho pensato, passando, che sarebbe successo qualcosa? No. Tutto sommato il bypass è durato oltre un anno. Certo, non vedendo interventi sulla strada, da parte dell’ex Provincia di Palermo, le domande, tante domande, me li sono sempre poste. Una, in particolare: si possono abbandonare così le strade da dove passano tante persone? Secondo me, no. Eppure è quello che sta succedendo. Leggo che quasi tutte le strade provinciali della Sicilia sono state abbandonate. E mi domando: nessuno fa qualcosa?”.

“Oggi è il secondo giorno: e siamo ancora qui. Non c’è più il vento di ieri. Per ora non piove. Ci guardiamo intorno: non c’è da dove passare. Siamo isolati. Tutto questo è normale? In lontananza abbiamo avvistato qualche mezzo. Pensiamo, ipotizziamo che facciano capo alla ex Provincia di Palermo. Sembra che stiano intervenendo. Speriamo che sia così”.

“Detto questo, sapete quanto è costata alla mia azienda non l’alluvione – perché non c’è stata alcuna un’alluvione – ma una semplice pioggia che ha sbriciolato una strada provinciale abbandonata? Ieri mattina aspettavamo venti persone. Quando abbiamo capito che non sarebbero potute arrivare nel nostro agriturismo – da dove dovevano arrivare? – li abbiamo chiamate e gli abbiamo spiegato la situazione. E così il lungo fine settimana, con venti prenotazioni, è andato a farsi benedire”.

“Certo, spiegare alle persone che l’unica strada che porta alla nostra azienda agrituristica non c’è più, perché è stata inghiottita dal degrado, non è stato facile. Che cosa dovevo dire? Che la politica ha fatto fallire le ex Province siciliane, lasciandogli in capo le competenze sulla manutenzione delle strade provinciali, ben sapendo che non se ne sarebbe potuto occupare?”.

“Dopo di che fare impresa, in Sicilia, è diventato difficile. Già è difficile l’ambiente, sono difficili le condizioni economiche, è difficile avere a che fare con le banche. Per gli imprenditori agricoli, poi, i problemi si moltiplicano. Il prezzo del grano duro tradizionale è pari a 18 euro al quintale. In pratica, lo dobbiamo vendere sotto costo. Puntiamo sui grani duri in biologico e arriva il Ministero e ci dice che non possiamo coltivare il grano in biologico un anno sì e un anno no, ma un anno sì e due anni no. Un’assurdità che combatto dal 2009”.

“La Sicilia, la Sardegna e altre Regioni del Sud Italia, negli ultimi anni, investendo e rischiando, hanno rilanciato la varietà di grano duro Senatore Cappelli. Siccome per la pasta di alta qualità è insuperabile e il mercato è in crescita, è arrivato un gruppo del Nord Italia e non ha avviato la coltivazione come si fa in un Paese libero, ma si è preso tutto: grazie al Ministero, di fatto, oggi gestisce questa varietà di grano antico in condizioni di monopolio!”.

“Noi che abbiamo rilanciato una varietà di grano duro che era stata abbandonata negli anni ’60 del secolo passato siamo stati tagliati fuori. Sì, è vero, possiamo coltivare il grano duro Senatore Cappelli: ma non possiamo venderlo come tale e non possiamo vendere la pasta fatta con il grano duro Senatore Cappelli, se non passando per questo gruppo del Nord! E’ normale che una varietà di grano duro che ha fatto la storia della granicoltura del Sud Italia sia passata sotto le bandiere monopolistiche di un gruppo del Nord?”.

“Potrei continuare con l’invasione di olio d’oliva ‘extra’ vergine – addirittura anche ‘biologico’ – tunisino, con il pomodoro cinese o nord africano e via continuando con frutta e ortaggi. Sa qual è la verità? La verità è che la Sicilia è fallita. Ma è un fallimento culturale prima che economico e finanziario. Lo scrivete spesso voi de I Nuovi Vespri della Sicilia in default. Tutto vero. Avete ragione. Ripeto: fare impresa in Sicilia è sempre più difficile, fare impresa agricola sta diventando impossibile. Sapete quanti agricoltori siciliani, ogni due-tre anni, sono costretti a vendere parte dei propri terreni per pagare i debiti?”.

Foto tratta da uvadatavola.com          

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