terza pagina /Per Alexandre Dumas Alicudi è incomprensibile…

26 ottobre 2018

La nostra rubrica dedicata alle pillole culturali: gli incipit tratti dai grandi romanzi, gli aforismi di scrittori e filosofi, i siciliani da non dimenticare, gli anniversari di fatti storici noti e meno noti, la Sicilia dei grandi viaggiatori, i proverbi della nostra tradizione e tanto altro ancora. Buona lettura

terza pagina

(a cura di Dario Cangemi)

Incipit

Un classico buongiorno. O, se preferite, un buon giorno ricordando un grande romanzo. Il modo migliore di iniziare una giornata: l’incipit di un grande libro. Se lo avete già letto sarà un bel ricordo. Se no, potrebbe invogliarvi alla lettura.

«Io cerco sempre di comunicare qualcosa di non comunicabile, di spiegare qualcosa di inspiegabile, di parlare di ciò che ho nelle ossa e che soltanto in queste ossa può essere vissuto».

Franz Kafka, “Lettere a Milena”

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Pensieri sparsi

L’aforisma, la sentenza, sosteneva Nietzsche, sono le forme dell’eternità. L’aforisma é paragonato dal filosofo tedesco alle figure in rilievo, che, essendo incomplete, richiedono all’osservatore di completare ‘’col pensiero ciò che si staglia davanti’’.

«Ho provato, ho fallito. Non importa, riproverò. Fallirò meglio».

Samuel Beckett, “Peggio tutta”

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Siciliani notevoli da ricordare

il 26 ottobre 1984 moriva a Paternò il sacerdote, padre Gregorio.

Francesco Centamore, in religione padre Gregorio, nacque a Troina il 20 (30 Anagrafe) gennaio 1914 da Alfio e da Rubina Artimagnella. Vestì l’abito cappuccino il 28.7.1929. Professione semplice 29.7.1930. Prof. solenne 27.1.1935. Ordinato sacerdote 31.7.1938. Guardiano del Convento dei Cappuccini a Paternò 1945-1948. Continuò il suo intenso apostolato a Nicosia 1948-66, a Troina 66-80, a Paternò.

Con entusiasmo e abnegazione ordinò la Biblioteca dei Padri Cappuccini di Troina, ne curò lo schedario e l’arricchì di pregevoli volumi. Fu il primo parroco della Parrocchia di Santa Maria degli Angeli annessa al Convento dei Cappuccini a Troina. A Nicosia fu cappellano del carcere. Morì nel Convento dei Cappuccini a Paternò il 26.10.1984 alle ore 6 a 70 anni e 9 mesi. Predicatore apprezzatissimo, umile ubbidiente dotto casto, amò particolarmente i bambini, i giovani, i sofferenti. Più volte venne a trovare gli alunni della scuola media statale ‘Virgilio’ e di altre scuole e con essi scherzava e dialogava quasi da pari a pari con serafico e bonario sorriso, con battute e immagini fresche affettuose giovanili. Seguì la Regola di S. Francesco d’Assisi con la sublime donazione della propria vita al servizio e per la redenzione dei fratelli. Propagò il soffio della carità e la luce della santità di Fra Felice da Nicosia 1715-1787 e di altri umili e illustri Francescani. Fece erigere un monumento di bronzo al beato Felice e ne ricompose le spoglie.

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Eventi e fatti storici

1905 – La Norvegia diventa indipendente dalla Svezia La nuova Norvegia indipendente (con Oslo come capitale) presentava condizioni di vita estremamente misere che costrinsero molti norvegesi all’emigrazione e a ciò si aggiunse anche la difficilissima esperienza della seconda guerra mondiale segnata dall’occupazione tedesca. Nei decenni successivi la Norvegia è passata dall’essere una società rurale a una società industriale urbanizzata: la svolta è arrivata alla fine degli anni sessanta con la scoperta del petrolio e del gas naturale, che in breve tempo ha reso la Norvegia uno degli Stati più ricchi del mondo.

Nel 1807 la Danimarca-Norvegia entrò nelle Guerre Napoleoniche al fianco della Francia. Ciò ebbe un effetto devastate nella già fragile economia norvegese. L’anno successivo, la Svezia invase il paese e nel 1809 venne firmato il trattato di Jönköping che lasciava intatti i confini. Tuttavia questo conflitto pose le basi per l’esito delle Guerre Napoleoniche in Scandinavia. Dopo la battaglia di Lipsia nel 1813, la Danimarca-Norvegia fu sconfitta e il sovrano Cristiano VIII fu costretto a cedere la Norvegia alla Svezia tramite il trattato di Kiel (14 gennaio 1814). A causa di una dimenticanza nel testo del trattato le dipendenze norvegesi (Islanda, Groenlandia e Isole Faroe) rimasero però alla Danimarca.

Vi fu un tentativo di riconquistare la sovranità sul paese da parte del viceré e principe ereditario del regno di Danimarca-Norvegia che incoraggiò membri rappresentativi di diverse classi sociali a radunarsi a Eidsvoll per dichiarare l’indipendenza, adottare una costituzione e eleggere re il principe Christian Frederik. A tutt’oggi il 17 maggio è festeggiato come giorno della costituzione democratica della Norvegia indipendente. La Svezia reagì dichiarando guerra nello stesso anno, nelle trattative di pace (Convenzione di Moss) Christian Frederik accettò di rinunciare alle sue rivendicazioni sul trono norvegese e a tornare in Danimarca se la Svezia avesse riconosciuto la costituzione democratica e avesse accettato un’unione non “stretta”. Il 4 novembre 1814 il parlamento norvegese (Stortinget) elesse quindi il sovrano svedese come sovrano di Norvegia, la corona svedese era rappresentata da un governatore detto Statolder, spesso di origini nobili e in più occasioni la carica fu ricoperta dal principe ereditario. L’unione si disciolse pacificamente nel 1905 quando, dopo diversi anni di disordini politici, la Svezia riconobbe l’indipendenza della Norvegia. Il parlamento offrì il trono al principe Carlo di Danimarca che accettò dopo che un referendum aveva stabilito che la forma di governo sarebbe stata quella monarchica. Il 18 novembre salì al trono con il nome Haakon VII.

Altri accadimenti:

1831

fucilazione di carbonari a Palermo

1913

elezioni politiche XXIV legislatura, il sistema è uninominale maggioritario

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Viaggiatori in Sicilia

Se il viaggio è desiderio di conoscere l’altro e, al tempo stesso, possibilità di riconoscere se stessi. E’ affascinante notare come la Sicilia rappresenta per chi non vi è nato un’attrazione irresistibile, calamitando fantasie e immaginari dei viaggiatori stranieri che, forti della propria identità, vengono in Sicilia per capirne la conclamata diversità e forse trovano per lo più quello che credevano di voler trovare secondo la loro formazione, i loro desideri. In passato, l’identità univoca dei centri da cui provenivano i viaggiatori, bagaglio e ideale di cultura di cui erano portatori e di cui cercavano conferma in Sicilia, si è scontrata con l’identità plurale dell’isola in cui giungevano, quella pluralità tipica delle periferie e pure delle dimore di frontiera, con il loro intreccio di genti e di culture.

Raccontiamo oggi di alcune tappe del viaggio dello scrittore Alexandre Dumas. le Eolie,  tra i pochi stranieri che si sono spinti fino a queste isole nel XIX secolo.

Ai confini del mondo, Alicudi

Dopo aver attraversato la Romagna, la Calabria e la Sicilia, la speranza li trasporta ondeggiando a riva, mentre lasciano Palermo con un po’ di nostalgia. Li sovrasta un cielo che si confonde col mare, tanto è l’azzurro che lo impregna. Il tempo trascorso in movimento per Dumas è fresco e piacevole, mai guastato dai disagi e gli inconvenienti tipici del racconto d’esplorazione. «Erano quelle le ore dolci del viaggio, quando si sogna senza pensare, quando il ricordo del paese abbandonato e degli amici assenti torna alla memoria, come quelle nuvole dalle forme umane che scivolando dolcemente su un cielo azzurro cambiano d’aspetto; prendono forma, si disfano e riformano venti volte in un’ora». Alicudi è tristemente desolata, non c’è vegetazione che riposi gli occhi, ma la sua miseria non intacca mai lo spirito dell’avventuriero che si interroga sulle esistenze inconcepibili dei pescatori, anonime vite trascorse in una terra senza riposo: «Quando si vive in un certo mondo e in un certo modo, ci sono delle esistenze che diventano incomprensibili. Chi ha trattenuto questa gente su quel vulcano spento? Vi sono cresciuti come le eriche dalle quali prende il nome? Quale motivo impedisce loro di abbandonare quest’orribile soggiorno? Non vi è alcun angolo del mondo ove non starebbero meglio di lì. Ma questa roccia arsa dal fuoco, questa lava indurita dall’aria, queste scorie scalfite dall’acqua delle tempeste, possono essere una patria?».

La montagna di piuma, Lipari

Lipari e Vulcano vivevano separate, finché la lava non ha colmato la distanza fra loro. Dumas snocciola qualche informazione sull’isola di Lipari, l’antica Eolia e terra di Eolo, dove Ulisse sbarcò dopo l’incontro con Polifemo. Dopo una breve passeggiata, i tre assistono al frettoloso commiato di una famiglia al proprio figlio, un bambino morto e steso su un giaciglio. Attorniato dai propri parenti e amici, questi non sembrano però particolarmente affranti e continuano indisturbati le loro occupazioni. Dumas e i suoi compagni di viaggio seguono, unici presenti, la cerimonia funebre fino alla fossa comune dove il cadaverino viene buttato senza troppi riguardi. Rimangono tutti sconcertati dal trattamento riservato al piccolo, ma presto vengono distratti dall’arrivo dei francescani che li ospitano per la notte dimostrando loro gentilezza e accoglienza. L’autore non potrà dimenticare «[…] il piccolo convento dall’aria orientale e la sua bella calma che gli dava l’aspetto di una moschea più che di una chiesa». I francesi approdati da pochi giorni sono oggetto di curiosità, la popolazione eoliana infatti è abituata agli sbarchi dei marinai, ma altri non si fanno vedere spesso da quelle parti. Il governatore di Lipari e dell’arcipelago li ospita e li conduce per i territori desolati, contento di avere finalmente compagnia; si annoia a morte e passa la vita col cannocchiale in mano in cerca di piccole novità.

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Rapporti tra scrittori e la Sicilia

Quando pensiamo alla Sicilia, inevitabilmente i ricordi personali si sovrappongono alle descrizioni letterarie, così come i fatti di attualità si intrecciano con le fantasie mitologiche e il folklore si confonde con i luoghi comuni, suggerendo all’immaginazione percorsi alternativi.

Quegli odori di alga seccata al sole e di capperi e di fichi maturi non li ritroverà mai da nessuna parte; quelle coste arse e profumate, quei marosi ribollenti, quei gelsomini che si sfaldano al sole…

(Dacia Maraini)

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La scuola poetica siciliana

La scuola poetica siciliana è la prima forma di letteratura laica in Italia. Suo promotore fu l’Imperatore Federico II di Svevia. Questa scuola vide il suo apice tra il 1230 e il 1250. Nacque come una poesia di corte, infatti autori dei più noti sonetti sono lo stesso Federico II e membri della sua corte quali Pier delle Vigne, Re Enzo, figlio di Federico, Rinaldo d’Aquino, Jacopo da Lentini (funzionario della curia imperiale), Stefano protonotaro da Messina…La lingua usata era il siciliano o meglio il siculo-appulo.

‘’Misura, providenzia e meritanza

fanno esser l’uomo sagio e conoscente

e ogni nobiltà bon sen[n]’avanza

e ciascuna ric[c]heza fa prudente.

Nè di ric[c]heze aver grande abundanza

faria l’omo ch’è vile esser valente,

ma della ordinata costumanza

discende gentileza fra la gente.

Omo ch’è posto in alto signoragio

e in riccheze abunda, tosto scende,

credendo fermo stare in signoria.

Unde non salti troppo omo ch’è sagio,

per grande alteze che ventura prende,

ma tut[t]ora mantegna cortesia.’’

Misura, providenzia e meritanza Federico II

XIII secolo

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Proverbi Siciliani

Il proverbio è la più antica forma di slogan, mirante non già ad incentivare l’uso di un prodotto commerciale, bensì a diffondere o a frenare un determinato habitus comportamentale, un particolare modo di valutare le cose, di interpretare la realtà.

Cu prima nun pensa all’uttimu suspira. (Chi non pensa prima di agire, alla fine non gli resta che sospirare.)

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