Pippo Giordano commenta il documentario della RAI sul Maxi-processo di Palermo (VIDEO)

21 ottobre 2018

Pippo Giordano è un “sopravvissuto”. Ex ispettore della DIA, ha vissuto, in prima fila, la lunga e dolorosa stagione della lotta alla mafia. Ha lavorato al fianco di personaggi che hanno fatto la storia dell’antimafia, da Giovanni Falcone a Paolo Borsellino, da Ninni Cassarà a Natale Mondo, per citarne solo alcuni. Ha scritto questo post su Facebook a commento di un documentario RAI sul Maxi-processo di Palermo che noi abbiamo il piacere di pubblicare

di Pippo Giordano

Il documentario RAI dedicato al max-processo di Palermo, dove compaio per qualche secondo, mi ha molto rattristato. E confesso che si sono inumiditi gli occhi dalla commozione nel rivedere i volti di UOMINI assassinati da Cosa nostra. Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Lillo Zucchetto, Beppe Montana, Ninni Cassarà, Roberto Antiochia e Natale Mondo. A loro va il mio commosso ricordo.

Colgo l’occasione per riaffermare che la mia vita fu funestata da episodi amari e che sovente mi impediscono di addormentarmi con serenità. Nel buio della stanza, scruto il soffitto e rivedo il film di tutta la mia vita. Già nell’infanzia fui costretto a convivere con la visione dei primi cadaveri. Già da bambino frequentavo le case di coloro che poi risultarono essere il gotha di Cosa nostra. E quando una volta raccontai un episodio nel quale Michele Greco, il “Papa”, sanò un contenzioso tra mio padre e un altra persona, in tanti mi offesero dicendo  se ne vanta pure”.

Io volevo solo descrivere com’era la “società” degli anni ’50. Ma si badarono bene di evidenziare che il racconto terminava, con un altro episodio, degli anni ’80 quando da poliziotto non mi rifiutai di andare insieme a Cassarà, ad eseguire la perquisizione della casa di Michele Greco, che pure la moglie mi conosceva. La mia lotta a Cosa nostra fu improntata nel rispetto della Legge e anche verso quegli uomini che si erano macchiati di omicidi.

All’ultimo mafioso che arrestai prima di smettere di interessarmi di mafia, gli offrii di tasca mia la colazione prima di condurlo all’Ucciardone. Non ho mai confuso il ruolo istituzionale; sapevo bene che operare in una zona di “confine” non era affatto facile e mai dico mai – lo dico con franchezza – chiusi la porta in faccia della mia casa quando qualche “amico degli amici” bussava per palare con me. E il giorno dopo informavo il mio ufficio.

Sono orgoglioso di aver salvato la vita ad un giovane sposo facendolo fuggire di nascosto da Palermo. I killer lo cercavano per ucciderlo. Arrivai prima io. Ora è un nonno felice.

Il mio amaro bilancio, contiene anche lati positivi, ovvero che il destino mi fece incontrare UOMINI splendidi. Aver lavorato nell’Università delle investigazioni – come la definirono gli americani dell’FBI, riferendosi alla Squadra mobile di Palermo – per me fu un immenso onore. Conobbi UOMINI che segnarono una svolta alla lotta alla mafia.

Oggi voglio salutare con tanto affetto i miei colleghi della Mobile di allora e di adesso anche se non li conosco personalmente.

Qui il video: 

Foto tratta da antimafiaduemila.com

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