terza pagina/16 ottobre 1853: San Filippo del Mela ottiene l’autonomia comunale

16 ottobre 2018

La nostra rubrica dedicata alle pillole culturali: gli incipit tratti dai grandi romanzi, gli aforismi di scrittori e filosofi, i siciliani da non dimenticare, gli anniversari di fatti storici noti e meno noti, la Sicilia dei grandi viaggiatori, i proverbi della nostra tradizione e tanto altro ancora. Buona lettura

terza pagina

(a cura di Dario Cangemi)

Incipit

Un classico buongiorno. O, se preferite, un buon giorno ricordando un grande romanzo. Il modo migliore di iniziare una giornata: l’incipit di un grande libro. Se lo avete già letto sarà un bel ricordo. Se no, potrebbe invogliarvi alla lettura

“La mente dell’artista, per poter compiere lo sforzo prodigioso di liberare nella sua totalità l’opera che è in lui, dev’essere incandescente. Non ci dev’essere in essa alcun ostacolo, alcuna materia non consumata”.

Virginia Woolf, “Una stanza tutta per sé”

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Pensieri sparsi

L’aforisma, la sentenza, sosteneva Nietzsche, sono le forme dell’eternità. L’aforisma é paragonato dal filosofo tedesco alle figure in rilievo, che, essendo incomplete, richiedono all’osservatore di completare ‘’col pensiero ciò che si staglia davanti’’.

“Sogno di dipingere e poi dipingo il mio sogno”.

(Vincent Van Gogh)

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Siciliani notevoli da ricordare

Ricordiamo oggi Pietro Bonanno e Balsamo, barone di Ravanusa.

Nel 1636 diviene barone di Ravanusa. Pietro Bonanno e Balsamo, figlio di Giacomo Bonanno e Colonna e di Antonia Balsamo, marchesa di Limina e Roccafiorita. Pietro sposa Violante Notarbartolo di Ugo dei Baroni di Villanova e di Antonina Naselli (Comiso). Muore senza prole in Palermo ove le sue spoglie furono sepolte nella Chiesa del Noviziato dei Crociferi, il 16 ottobre 1659.

Pietro Bonanno Balsamo s’investì, a 25 marzo 1641, del Marchesato di Limina come donatario di Pietro, suo zio materno (Registro Cancelleria IX° Indizione foglio 170).

Fu altresì P.pe di Roccafiorita e s’investì di esso Principato, a 6 giugno 1647, come erede particolare di Pietro Balsamo suddetto. Fu deputato dei Regno nel 1661.

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Eventi e fatti storici

16 ottobre 1853: San Filippo del Mela ottiene l’autonomia comunale.

San Filippo, amministrativamente dipendente da sempre da Santa Lucia del Mela, ottenne l’autonomia comunale il 16 ottobre 1853.Con la creazione del Comune, non immediatamente fu conseguita la completa autonomia e indipendenza anche nel campo dei beni patrimoniali e demaniali, a cui il paese aspirava. Infatti, I confini tra i due Comuni vennero fissati con Regio Decreto del 15 novembre 1858.
Il suo territorio fu teatro di gran parte degli scontri tra Borboni e Garibaldini nei giorni precedenti alla battaglia di Milazzo del 20 luglio 1860.

Nel 1877, al toponimo fu aggiunto l’appellativo di “del Mela”, dal nome del fiume che scorre a ovest del territorio comunale e che ne è in parte confine. Nell’Ottocento secolo il territorio filippese era ricoperto da numerose colture di vigneti, oliveti, agrumeti e alberi da frutto.

Grande importanza, inoltre, rivestivano l’allevamento del bestiame e la produzione della seta. Intorno alla metà del secolo, poi, molte donne praticavano l’attività di filandiere.

Particolarmente diffuse erano anche le industrie della calce e del gesso.

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Viaggiatori in Sicilia

Se il viaggio è desiderio di conoscere l’altro e, al tempo stesso, possibilità di riconoscere se stessi. E’ affascinante notare come la Sicilia rappresenta per chi non vi è nato un’attrazione irresistibile, calamitando fantasie e immaginari dei viaggiatori stranieri che, forti della propria identità, vengono in Sicilia per capirne la conclamata diversità e forse trovano per lo più quello che credevano di voler trovare secondo la loro formazione, i loro desideri. In passato, l’identità univoca dei centri da cui provenivano i viaggiatori, bagaglio e ideale di cultura di cui erano portatori e di cui cercavano conferma in Sicilia, si è scontrata con l’identità plurale dell’isola in cui giungevano, quella pluralità tipica delle periferie e pure delle dimore di frontiera, con il loro intreccio di genti e di culture.

Raccontiamo oggi..,  l’avventura di William Henry Smyth, astronomo e ammiraglio britannico.

William Henry Smyth (Westminster 1788 – Bedford 1865) a 17 anni entrò nella Marina britannica e dopo una serie di operazioni carto-idrografiche, nel 1815 fu promosso capitano e gli venne affidato l’incarico di lavorare a dei rilevamenti lungo le coste del Mediterraneo. Nel 1846, con un editore di Londra, pubblicò due libri, frutto dei suoi soggiorni in Sicilia e Sardegna tra il 1823 e il 1824 durante una missione carto-idrografica. Nel 1828 costruì a Bedford un osservatorio astronomico dove trasferì l’intera sua strumentazione, fra cui un rifrattore equatoriale, da lui progettato e costruito, uno dei primi in Europa. Nel 1850 pubblicò a Londra una sintesi delle sue ricerche ed esperienze come cartografo. La sua bibliografia alla British Library di Londra registra 23 titoli.

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Rapporti tra scrittori e la Sicilia

Quando pensiamo alla Sicilia, inevitabilmente i ricordi personali si sovrappongono alle descrizioni letterarie, così come i fatti di attualità si intrecciano con le fantasie mitologiche e il folklore si confonde con i luoghi comuni, suggerendo all’immaginazione percorsi alternativi.

“Sai cos’è la nostra vita? La tua e la mia? Un sogno fatto in Sicilia. Forse stiamo ancora lì e stiamo sognando”.

(Leonardo Sciascia)

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La scuola poetica siciliana

La scuola poetica siciliana è la prima forma di letteratura laica in Italia. Suo promotore fu l’Imperatore Federico II di Svevia. Questa scuola vide il suo apice tra il 1230 e il 1250. Nacque come una poesia di corte, infatti autori dei più noti sonetti sono lo stesso Federico II e membri della sua corte quali Pier delle Vigne, Re Enzo, figlio di Federico, Rinaldo d’Aquino, Jacopo da Lentini (funzionario della curia imperiale), Stefano protonotaro da Messina…La lingua usata era il siciliano o meglio il siculo-appulo.

‘’Distretto core e amoruso

gioioso mi fa cantare;

e certo s’io son pensuso,

non è da maravigliare:

c’Amor m’à usato a tal uso

che m’à sì preso la voglia,

che ’l disusare m’è doglia

vostro piacere amoruso.

L’amoroso piacimento

che mi donava allegranza,

vegio che reo parlamento

me n’à divisa speranza.

Ond’io languisco e tormento

per [la] fina disianza,

ca per lunga dimoranza

troppo m’adastia talento….’’

‘’Distretto core e amoruso’’ Odo delle Colonne

XIII secolo

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