Sul Titanic

La Sicilia ultima in tutto, le lacrime di coccodrillo di Luca Bianchi e il nullismo del Governo Musumeci

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Luca Bianchi, oggi direttore della SVIMEZ, che dipinge a tinte fosche quello che resta dell’economia siciliana, è stato, nella scorsa legislatura, assessore all’Economia del disastroso Governo di Rosario Crocetta… E che dire di Nello Musumeci che, nello scorso gennaio, pensando che Berlusconi e Renzi avrebbero vinto le elezioni del successivo 4 marzo, taceva sullo scippo di 800 milioni di IVA alla Sicilia?

Confessiamo che, nel leggere le dichiarazioni di Luca Bianchi, direttore generale della SVIMEZ (Associazione per lo Sviluppo dell’Industria nel Mezzogiorno) siamo rimasti stupiti non dai dati che ha fornito sulla Sicilia, ma del silenzio di Bianchi – che, lo ricordiamo, è stato assessore regionale all’Economia nella passata legislatura – sulle ragioni che hanno portato la nostra Isola ad essere ultima in Italia (e non soltanto in Italia).

Cominciamo con i dati forniti da Bianchi. La Sicilia, ci dice il direttore della SVIMEZ, è l’unica regione del Mezzogiorno italiano che non cresce, anzi arretra. Sì, invece di andare avanti, va indietro come il gambero. Perde punti e scende, addirittura, al di sotto degli indicatori del 2008, l’anno in cui, nel mondo, è iniziata la grande crisi.

“In un Mezzogiorno che, negli ultimi due anni, ha ricominciato a crescere velocemente – dice Bianchi – la Sicilia si conferma come la regione con la minore crescita. Noi stimiamo per il 2017 un Pil dell’Isola ad appena +0,4%, cioè mancano ancora 12 punti di Pil rispetto a quello del 2008; mentre quello dello Sud va a +1,4%. Dunque, il Sud cresce quasi quattro volte più della Sicilia, che così resta tagliata fuori. Cosa, questa, ha pesanti impatti sociali”.

Drammatica la situazione dell’occupazione. “La disoccupazione giovanile in Sicilia – osserva il direttore della SVIMEZ –  con riferimento ai giovani di età compresa fra 15 e 34 anni è scesa al 26%. Di fatto, 10 punti in meno rispetto al tasso di occupazione giovanile del 2008. In pratica, la Sicilia ha perso un punto ogni anno”.

Non c’è da stupirsi, quindi, se i giovani siciliani scelgono la via dell’emigrazione. Stando ai dati forniti dalla stessa SVIMEZ, negli ultimi quindici anni hanno lasciato la nostra Isola quasi 180 mila persone, di cui ben 126 mila giovani”.

Disastroso, tranne alcune, poche punte di una certa importanza, lo stato dell’industria nella nostra Isola. L’industria siciliana conta oggi “un numero ridottissimo di imprese”. Quelle sopravvissute, dice sempre Bianchi, “sono più solide, più capitalizzate, presentano migliori indicatori, crescono nell’export e nella loro struttura, ma sono troppo poche per potere sostenere, da sole, l’aggancio alla ripresa”.

Servirebbe, per il direttore della SVIMEZ, un grande piano di investimenti pubblici. Ma “la Sicilia – aggiunge – brilla per scarsa capacità di utilizzo dei fondi dell’Unione Europea. Il Por Sicilia è, con quello del Molise, quello che di fatto ancora non è partito dal 2014: infatti, gli impegni sono appena l’1,2% del budget e le somme pagate non arrivano allo 0,2%”.

Questi dati, in verità, ci sembrano un po’ esagerati.

Tutto questo, osserva ancora Bianchi, “incide sugli investimenti che mancano”, così come manca “una politica pubblica, nazionale e regionale, di accompagnamento dei settori economici che vanno bene, come, per esempio, il turismo”.

Drammatica anche la spesa sociale. In Sicilia mancano gli asili nido ed è carente l’assistenza domiciliare. Non parliamo della sanità, dover si pensa ancora oggi a ‘risparmiare’ per pagare altri settori dell’amministrazione regionale (certo, qualche parola sul Governo Gentiloni che ha tagliato i fondi del sociale Bianchi avrebbe potuto dirla: o non si deve dire che la ‘sinistra’ italiana ha massacrato le fasce deboli della società italiana?).

Infine le Zone economiche speciali (Zes). “Le Zes – sottolinea sempre Bianchi – potrebbero essere una grande occasione di sviluppo. Ma mentre Campania, Puglia e Calabria hanno già presentato le proprie proposte al governo nazionale, la Regione siciliana sta ancora lavorando alla sua proposta”.

Per carità, tutto vero. Però, da Bianchi, che in Sicilia ha avuto responsabilità di Governo proprio quando la Regione siciliana – con riferimento al passato Governo di Rosario Crocetta a ‘trazione’ PD – decideva di regalare un sacco di soldi a Roma (vedi i due ‘Patti scellerati’ Renzi-Crocetta: quello del giugno 2014 e quello del giugno 2016) ci si aspettava qualche parola in più.

D’accordo, Bianchi, a un certo punto, per quello che ricordiamo noi, decise chi chiamarsi fuori dal Governo della Regione perché non se la sentiva di contribuire a massacrare le finanze della Sicilia.

Ci stanno anche le responsabilità della Regione sulla lentezza nella spesa dei fondi europei. Ma ci sta anche il fatto che lo Stato, di fatto, ha preteso e ottenuto da Governi regionali ascari – con riferimento alla passata Programmazione dei fondi europei – che le poche cose fatte (per giunta male) da ANAS e Ferrovie venissero finanziate con i fondi europei. 

Per non parlare del ‘Patto di stabilità’ imposto dalla stessa Unione Europea, che sulla carta eroga i fondi strutturali e poi, però, mette limiti di spesa.

Per il resto, ci sta anche l’attuale Governo regionale che, come scriviamo spesso, lo scorso gennaio, non ha contestato gli scippi del Governo nazionale. opzione politicamente demenziale messa in atto per non disturbare l’allora Governo romano di centrosinistra (Gentiloni): un centrosinistra che avrebbe dovuto diventare alleato di Berlusconi, quando erano in tanti a pensare che il leader di Forza Italia e il PD di Renzi, alle elezioni politiche chi si sarebbero celebrate il successivo 4 marzo, avrebbero trovato i voti per dare vita al Governo dell’inciucio.

Purtroppo, per il presidente della Regione, Nello Musumeci, e per il presidente dell’Ars, Gianfranco Miccichè, le cose sono andate male perché il Governo dell’inciucio Renzi-Berlusconi è stato ‘bocciato’ dagli elettori.

Così, oggi, Musumeci e Miccichè si ritrovano con una Regione siciliana senza soldi, senza nemmeno avere contestato lo scippo di 800 milioni di euro di IVA, perché lo scorso dicembre – è vero presidente Musumeci? è vero presidente Gianfranco Miccichè? – dovevate stare zitti perché così vi aveva ‘ordinato’ Berlusconi. 

Così oggi Musumeci e il suo assessore all’Economia Gaetano Armao ricorrono alla Consulta di qua, ricorrono alla Consulta di là 8già, il Governo dei ricorsi…), ‘magheggiano’ con la legge di stabilità 2019, rifiutando la manovra chiesta dalla Corte dei Conti e via continuando a gestire i problemi che in parte hanno ereditato e che in parte hanno accettato in silenzio.

Chi è causa dei suoi mal pianga se stesso…

Foto tratta da traditiocatholica.blogspot.com

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