Da Vittorio Emanuele II a Mussolini fino a Berlusconi. E oggi dopo Renzi la continuità… / MATTINALE 150

2 settembre 2018

Tutto comincia con Vittorio Emanuele II che usa e getta Garibaldi. Poi Mussolini, i fuochi della Prima Repubblica, Tangentopoli e, finalmente, appena 25 anni fa, le madri timorate accompagnano le proprie figlie nell’alcova di Berlusconi… Poi il PD di un personaggio collodiano che fugge dal proprio cervello. E oggi la forma ‘lumbard’ del teatro dell’assurdo, accrocco di furbastri, grossier, bottegai fin nel profondo…

“Labuntur anni, Postume, Postume …”.

Scorrono via gli anni, Postumo … canta Orazio!

Appena 25 anni fa tante madri italiane accompagnavano le loro figlie fino all’alcova di Silvio Berlusconi con lo stesso spirito con cui in un tempo ormai lontano le contadine mettevano le loro pollastre sotto il gallo più gagliardo. Oggi, ormai, quello stesso Silvio deve stare molto attento a non farsi trafiggere nella confusione dell’aia dal nuovo gallo, come quel gallo della barzelletta. “Buongiorno, Marta, grazie Marta”, “Buongiorno Silvio, grazie Silvio’.

E dire che l’uomo di Arcore si iscrive a pieno titolo tra gli uomini della Provvidenza, personaggi dei quali ogni 60/70 anni i poteri forti dell’itala terra si servono senza tante cerimonie.

Cominciò nel 1860 Vittorio Emanuele II, il savoiardo, il quale, da ex contadino capì subito il carattere di Garibaldi, vanesio, e avido di gloria e ricchezze e disse, con maturo cinismo: “Ce ne serviremo”.

A cose fatte, nemmeno un saluto, un “Grazie, Giuseppe”.

Dopo 60 anni fu la volta di Mussolini. Corona, Vaticano, Agrari e Industriali lo elessero come uomo delle pulizie di un’Italia piena di casini e di teste calde. Le teste furono rotte, i casini igienizzati, e via per altri 70 anni (la guerra, si sa, per i ricchi è la continuazione della politica con altri mezzi, a volte un incidente necessario).

Tra una bomba qui e un attentato lì (quando il gioco si fa duro i duri scendono in campo), il sistema uscito dalla II guerra mondiale tenne, fino a quando non cadde il Muro, e la politica italiana, per eccesso di sicurezza non fece un clamoroso autogol infognandosi nella melma della corruzione sistemica e organizzata.

Ritorna il pericolo rosso ed ecco sorgere tra antenne e parabole l’uomo di Arcore, già collaudato dalla fondazione onlus “Craxi e c.”, che garantisce tutti i fronti, compreso quello malavitoso. Non è il massimo, non somiglia nemmeno da lontano ai suoi predecessori, ma questo passa il convento.

Basta però per fare fronte e rendere meno difficile la continuità, sperando che, proprio per la sua modestia, non faccia troppi danni.

Tutti e tre questi salvatori della patria hanno in comune, per un periodo più o meno lungo, il consenso di larghi strati della popolazione. Un consenso acritico, illogico, ventrale, così irrazionale da crescere anche quando il demiurgo viene colto con le mani nel sacco o con il sorcio in bocca.

Inopinatamente, in questi ultimi anni, i danni li fanno gli altri, i figli e poi i nipoti del Partito comunista, che di sigla in sigla (PCI, PDS, DS, PD), scarrocciano fino a cedere il partito a una sorta di personaggio collodiano, sempre in fuga da tutto e tutti, prima di tutto dal suo cervello. Fino a quando un pescecane che lo divori, il Pinocchio del Mugello lo trova.

E’ un suo pari, questo, un imbonitore di vecchia data, un animale da palcoscenico che parla di cose serie suscitando, invece che legittime preoccupazioni, un misto appiccicoso di ilarità e speranza.

E’ di Genova (non Genova per noi, purtroppo). Siccome il momento è particolarmente grave, ecco che viene anche evocata una compagnia di giro di provincia, la Lega nord, un accrocco di furbastri, grossier, bottegai fin nel profondo delle loro viscere, che riesce a inventarsi una forma lumbard di teatro dell’assurdo.

I “Periferici di Brescia” che parlano al PAESE di interessi nazionali. E il Paese beve avidamente. Non importa quante e quali cazzate faccia e dica il “cazzaro verde”, il consenso cresce e cresce.

Però non è l’uomo giusto e nemmeno il “bibitaro” lo è.

Il generoso “atto di fiducia” di Confindustria, che somigliava anche troppo ad un avvertimento, è agli sgoccioli. Che cosa apparirà da tutti questi puntini sparsi per l’Italia?

Meno male che c’è l’Europa, altrimenti ci sarebbe da prepararsi ad un “atto dimostrativo”. Uno sciopero, una serrata degli datori di lavoro? Mi contenterei.

Foto tratta da abruzzo24ore.tv

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