Paradossi/La ‘sinistra’ italiana dice no alla nazionalizzazione delle autostrade…

20 agosto 2018

Accusano il governo M5S-Lega di essere di destra. Ma poi, attraverso i soliti ‘giornaloni, si schierano a favore dei privati-affaristi che hanno divorato l’Italia…

Italia, terra di paradossi.  Con i suoi ‘giornaloni’ e la sua pseudo sinistra che accusano il governo M5S-Lega di essere di destra per finire loro stessi a farsi portavoce delle istanze più destrorse che possano circolare. E’ la trama che sta svelando, in questi giorni, il dibattito sulla nazionalizzazione delle autostrade, in primo piano dopo il disastro di Genova.

In un Paese ‘normale’, la sinistra e i giornaloni della sua orbita non dovrebbero avere alcun dubbio: nessuna logica del profitto privato deve inficiare settori quali il trasporto pubblico e la gestione, della rete autostradale. Questo settore deve rimanere in mano pubbliche. Non si discute.  Questa è una posizione di sinistra.

In Italia, invece, succede il contrario. Il governo M5S-Lega sarà pure di destra, ma chi sta difendendo gli interessi della destra liberista, in questo come in altri casi, paradossalmente, è chi dovrebbe trovarsi ai suoi antipodi.

Un canovaccio che conosciamo bene: nell’ultimo decennio ad ‘assassinare’ i valori e le battaglie della sinistra è stato proprio quel partito, il PD, che doveva rappresentarli. A seguire  i sindacati, e l’immancabile codazzo dei giornaloni finanziati da questi gruppi di potere che hanno svenduto diritti e democrazia sull’altare della finanza ultra liberista.

Eccoci dunque ai nostri giorni: chi si sta opponendo, con i soliti metodi subdoli, quello delle analisi suggerite dai privati affaristi, alla nazionalizzazione delle autostrade?

Ma certo, giornali come La Repubblica, ad esempio. Il tempio del patto del Nazareno, di quel renzismo, misto al berlusconismo che altro non è se non il paladino di quel liberismo che ha massacrato l’Italia negli ultimi venti anni.

Sulla stessa lunghezza d’onda, va da sé, La Stampa e il Corriere della Sera. Che, come ha notato Il Fatto Quotidiano, in questi giorni, hanno evitato di nominare la famiglia Benetton:

“C’ è un grande assente nel racconto della tragedia di Genova: la famiglia veneta è il principale azionista di Atlantia, società che controlla Autostrade per l’Italia, gestore del Ponte Morandi dove si è verificato il disastro. Eppure il suo nome non compare quasi mai nelle prime cronache del crollo.

“…Mentre all’estero dal Financial Times a Le Figaro, dal Guardian al New York Times, tutti hanno sottolineato come Autostrade per l’Italia faccia capo alla famiglia Benetton, in Italia la società sembra non aver padroni”.

Come mai?

Continua il Fatto:

“Autostrade per l’Italia, ad esempio, è partner ufficiale del Giro d’ Italia, che vuol dire Rcs (e quindi Cairo communications, nei cui conti la Corsa rosa ha un impatto decisivo): sponsorizza i traguardi volanti, gli sprint intermedi all’interno delle tappe a cui è dedicato striscione d’ arrivo e premio economico. La sua controllante “Atlantia”, invece, è tra i 9 top sponsor che hanno “finanziato interamente” l’ ultima Repubblica delle idee, il festival del quotidiano”.

E ancora:

“Non è l’unico legame, visto che Monica Mondardini, consigliere indipendente di Atlantia, è anche vicepresidente del gruppo Gedi, che edita La Repubblica, La Stampa e L’ Espresso.

Le televisioni non sono da meno. Con Sky, Autostrade ha prodotto un intero programma: Sei un Paese meraviglioso, arrivato alla terza stagione, puntata dopo puntata descrive le bellezze dell’Italia (e, visto che ci siamo, anche le “esperienze di viaggio originali e coinvolgenti” che si possono vivere sulla rete).

Con Mediaset, Benetton ha fatto affari attraverso la società 21 investimenti che aveva creato insieme a Medusa (quindi Fininvest) la catena di multisale The Space, poi rivenduta nel 2014. Tutti, giornali e tv, radio e siti web, beneficiano dei massicci investimenti in pubblicità, per realizzare la nuova strategia comunicativa che era stata ben descritta un paio di anni fa su Agorà, la rivista del gruppo.

“La vecchia cara pubblicità non esiste più, non si comunica ma si racconta: siamo entrati nell’era della narrazione”. In cui il nome Benetton non viene mai associato a una disgrazia.

Particolari che non sono sfuggiti nemmeno a La Verità di Maurizio Belpietro:

“Certo, se in campo editoriale il potere dei Benetton come azionisti si è sicuramente attenuato rispetto ai bei tempi (fino al luglio 2006 avevano anche il 25,8% del Gazzettino, una quota ceduta quell’anno a Caltagirone per 40 milioni di euro), va anche detto che la loro influenza sulla carta stampata non è indifferente. United Colors of Benetton è tra i principali investitori di tutti i grandi quotidiani, sui quali spesso campeggiano le paginate ispirate dall’aggressivo marketing fotografico di Oliviero Toscani”.

“Nel 2016 i giornali specializzati stimavano che l’investimento pubblicitario annuo dell’azienda di Ponzano Veneto (tra tv, carta e internet) girasse sui 60 milioni annui, 25 dei quali sul mercato italiano. Non sono noti, invece, i budget di Autogrill e Aeroporti di Roma, altre due società che fanno capo ai Benetton e spesso compaiono con le loro pubblicità”.

Tutto chiaro?

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