Il crollo del Ponte Morandi di Genova: due questioni cruciali/ MATTINALE 137

19 agosto 2018

La prima questione è piuttosto semplice: bisogna capire se la concessionaria sia responsabile del disastro avvenuto. La seconda è un po’ più complessa: bisogna capire se nella stipula e nella successiva gestione della convenzione siano state pagate mazzette. Analizziamo con la ‘lente d’ingrandimento’ le due questioni

Attorno al caso del crollo del Ponte Morandi di Genova si agitano sostanzialmente due questioni:

1) Se la concessionaria Autostrade sia responsabile del disastro.

2) Se nella stipula e nella successiva gestione della convenzione siano state pagate mazzette.

Sul primo punto non ho dubbi, poiché la concessionaria è responsabile del buon funzionamento del bene avuto in concessione e poiché tra i suoi obblighi c’è quello di tenere in efficienza il ponte, come se ne fosse custode. Essendo lo stesso ponte crollato per cause non imputabili al volere divino o al “rescrictum principis”, ma a deficienze dello stesso, è chiaro che la società concessionaria non ha messo in campo tutte le azioni di monitoraggio dello stesso ponte atte a consentire l’accertamento tempestivo della sua inidoneità alla funzione; ovvero che, se le ha fatte, non ha operato con la dovuta attenzione e avvalendosi di tutti i mezzi di cui la moderna scienza delle costruzione dispone.

Per decidere sul secondo punto è necessario e sufficiente confrontare l’operato della pubblica amministrazione con i precetti che disciplinano siffatto operato: se non vi è coincidenza tra l’azione posta in essere e l’insieme delle norme che la disciplinano, è ovvio e consequenziale che c’è stato un processo corruttivo, riconducibile a dazioni di denaro o altre utilità.

Analizziamo questi strumenti.

E’ stato perseguito l’interesse pubblico? Ovvero l’interesse proprio della pluralità o collettività di individui che costituiscono la comunità?

E’ stato correttamente adottato in tutte le sue fasi il procedimento amministrativo che ha portato alla concessione?

Si tratta, ricordiamolo, di una sequenza ordinata di atti finalizzata all’emanazione di un provvedimento amministrativo. La correttezza del procedimento amministrativo è garanzia che l’azione dell’amministrazione pubblica è volta al perseguimento del pubblico interesse. Da ciò i vincoli al rispetto di regole preordinate.

Esiste una serie di principi comuni a tutti i tipi di procedimento amministrativo. Vediamo quali sono questi principi.

Necessarietà, la mancanza del procedimento comporta l’annullabilità dell’esercizio dell’attività.

Esatta e completa individuazione dei fatti e degli interessi; l’amministrazione deve valutare gli interessi su cui la decisione andrà ad influire, nel caso i fatti assunti alla base della decisione siano infondati, il procedimento è illegittimo.

Congruità, coerenza, logicità o ragionevolezza con il presupposto, ovvero ci deve essere corrispondenza tra le premesse che hanno mosso l’amministrazione e le sue conseguenze.

Imparzialità, ha radici nell’art. 97 della Costituzione.

Conoscibilità.

Proporzionalità, la scelta dell’amministrazione deve comportare il minor sacrificio possibile sia per le finanze pubbliche che per l’eventuale lesione di diritti o interessi privati.

Questi principi sono stati tutti rispettati? Sviluppando il ragionamento ci si deve chiedere: era interesse pubblico privatizzare il servizio autostradale?

I vantaggi economici che ne ha tratto la pubblica amministrazione sono superiori a quelli che ne avrebbe tratto conservando il servizio pubblico?
Ovvero i vantaggi del concessionario sono superiori a quelli del concedente, configurandosi così un danno erariale?

Nelle pattuizioni con il concessionario la Pubblica amministrazione ha conservato la “naturale” supremazia amministrativa (la cui più significativa espressione è la possibilità di revoca ad nutum della concessione), oppure si è posta in una condizione di inferiorità? E se è successo, quali sono state le motivazioni?

Sono state rispettate, nella fattispecie, le regole sulla scelta del contraente, alla scadenza di ogni periodo contrattuale?

Eventuali proroghe dell’affidamento in atto, tutte contra legem, sono state motivate?

La fase della Comunicazione, fase integrativa dell’efficacia del provvedimento concessivo, è stata rispettata? E se no, perché?

Risulta che il provvedimento di concessione è stato segretato, manco fosse la strage di Peteano. Dalla comparazione tra regole del procedimento in questione e il ravvedimento stesso ognuno può trarre le sue conclusioni.

Personalmente io mi trovo nella stessa situazione in cui si trova chi giunge in un isola deserta e vi trova un orologio. Ne può dedurre con assoluta certezza che in quell’isola c’è stato qualcuno, ma non è in grado di dire chi fosse.

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