Il ‘nocciolino’ di sansa si vende a 20 euro al quintale, il grano duro siciliano a 18 euro al quintale!

2 agosto 2018

La notizia – che è assurda già di per sé, perché il ‘nocciolino’ di sansa è ciò che residua dalla lavorazione delle olive da olio – diventa paradossale se si pensa che questo sottoprodotto viene utilizzato anche dai panifici per i forni. Se ne deduce che, in Sicilia, per cuocere il pane conviene bruciare il grano duro… In alternativa, per ridare valore al grano siciliano, ci sarebbero i controlli sanitari sul grano estero che arriva in Sicilia. Ma ci vorrebbe un Governo regionale vero… 

“Oggi, andando dal mio fornitore di sansa per riscaldamento, per curiosità, ho chiesto il prezzo del ‘nocciolino’ e mi ha detto che si vende a 20 c.mi… Ho chiesto poi il prezzo del grano e mi ha risposto: 18 centesimi. Mi pare logico che, se non fosse per l’attaccamento che noi Siciliani abbiamo per il grano e quindi per il pane, converrebbe bruciare grano…”.

Così scrive sulla propria pagina Cosimo Gioia, agricoltore, da sempre produttore di grano duro, impegnato nella battaglia – difficile, molto difficile – per rilanciare il grano duro della nostra Isola.

Il paradosso raccontato da Gioia, di una Sicilia nella quale il grano duro – che, sotto il profilo della qualità, è uno dei migliori al mondo – costa meno della sansa utilizzata per produrre energia (compresa l’energia che serve per cuocere il pane!) dà la misura della ‘follia’ del mondo in cui viviamo.

Per carità: nulla contro il ‘nocciolino’ di sansa. Nei siti specializzati leggiamo che si ratta di “un combustibile ampiamente utilizzato, sia per riscaldamento residenziale, sia per uso industriale (serre, panifici, etc.), particolarmente apprezzato per l’ottimo potere calorifico 4600/4800 kcal e il relativo contenuto di ceneri intorno all’1%” (QUI UN APPROFONDIMENTO).

L’assurdità di questa storia non sta nel ‘nocciolino’ di sansa, che anzi è un prodotto ecologico: l’assurdità sta nel presso del grano duro, che costa meno della metà del Desert Durum, il grano duro prodotto in Arizona e in  Califonia, che non ha, sotto il profilo organolettico, caratteristiche migliori del grano duro siciliano.

E allora? E allora la disgrazia del grano duro siciliano è, per l’appunto, quello di ritrovarsi in Sicilia… 

Gioia racconta che il prezzo del grano duro siciliano tradizionale “purtroppo resta bloccato lì da due anni e non ci può niente. Siamo destinati a fallire e, visto che il 60% della Sicilia vive, ESCLUSIVAMENTE di cerealicoltura e quindi il danno e’ incommensurabile… Il clima, poi, quest’anno, tra grano non germinato e capricci del tempo preannuncia un danno di più del 30%. Avevo chiesto al Presidente Musumeci che, in piena campagna elettorale, fece anche un’interrogazione sul controllo sanitario del grano importato, di intensificare questo monitoraggio e mi parve entusiasta. Il vero motivo del basso prezzo è quello dell’importazione selvaggia di prodotti scadenti e malsani”.

Qui arriviamo al tema che questo blog tratta spesso: i mancati controlli sul grano estero che arriva con le navi (ma ormai non soltanto con le navi: a quanto pare, il grano duro canadese, trasportato sui mezzi gommati dà meno nell’occhio…).

Gioia cita il ruolo dell’attuale assessore regionale all’Agricoltura, Edy Bandiera e ci regala anche una notizia:

“L’assessore – scrive – poi aveva fatto di questa richiesta un proprio motivo di battaglia. A dire il vero una ventina di giorni fa, con tanto di foto su Facebook, sono stati fatti controlli su una nave a Catania o Pozzallo, non ricordo dove, proveniente dal Kazakistan con campioni inviati al laboratorio.
E’ chiaro che la nave ha scaricato ed invaso i mulini. Bisognava essere più tempestivi e bloccare lo scarico in attesa dei risultati che, generalmente, in un paio di giorni arrivano e lo so perché li ho fatti io personalmente…”.

Gioia, nel primo anno del Governo regionale di Raffaele Lombardo, ha svolto il ruolo di dirigente generale del dipartimento Agricoltura ed è stato il primo – e finora unico – dirigente generale a promuovere i controlli sanitari sui carichi di grano estero che arrivano in Sicilia con le navi.

Controlli durati qualche mese, perché poi venne mandato via di corsa.

Qualche settimana fa, dopo cinque mesi di ‘annacamento’, il Governo regionale ha annunciato la costituzione di un gruppo di esperti che effettueranno i controlli non soltanto sul grano estero che arriva in Sicilia, ma su tutte le derrate alimentari: annuncio che, fino ad oggi, in stile Governo Musumeci, è rimasto tale (proprio in queste ore il Governo Musumeci ‘annuncia’ trattative finanziarie con lo Stato: buona notte…).

Gioia ci dà un’ulteriore notizia: la regione ha effettuato dei prelievi, ha promosso analisi sul grano estero arrivato in Sicilia, ma non ha reso noti i risultati.

“Non sarebbe interessante conoscere i dati rilasciati dal laboratorio con tanto di timbro e pubblicarli, visto che si tratta di un atto ufficiale e, per di più, concernente la salute pubblica? Mi chiedo ancora: ma i controlli sul ‘Gliphosate’ (o glifosato) li hanno fatti visto che, in Italia, e figuriamoci in Sicilia, non ci sarebbero laboratori idonei a tale rilevamento?”.

Constatazione finale amara, a proposito del grano al glifosato non controllato (o controllato e con i dati tenuti nascosti):

“Possibilmente lo stiamo mangiando ora, così, tanto per sapere se non è la solita presa per i fondelli a danno nostro e dei nostri figli… Mi dicono tutti gli amici agricoltori: ‘Smettila, tanto è guerra persa… ma io, anche se ormai vecchio, continuo…”.

Già continuare la battaglia. E mentre il Governo Musumeci annuncia, annuncia, annuncia, il grano duro siciliano costa meno della sansa da bruciare nei forni!

Quindi, in Sicilia, facciamo il pane con il grano duro canadese pieno di glifosato e lo cuociamo nei forni bruciando il grano duro siciliano…

Basterebbe controllare la salubrità dei grani duri che arrivano in Sicilia con le navi e con i camion, rimandando al mittente quelli che contengono contaminanti. Il prezzo del grano duro siciliano schizzerebbe all’insù, perché i molini non avrebbe più a disposizione la semola di grano estero a ‘due lire’.

Ma, ovviamente, ci vorrebbe un Governo siciliano degno di questo nome: che non c’è.

Sapete qual è la cosa incredibile? Che la politica ‘governativa’ siciliana non capisce che, con questa storia dei mancati controlli sul grano estero, ormai si sta coprendo di ridicolo.

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