Enrico la Loggia nella Commissione paritetica: non è che finirà come con l’articolo 37?

1 agosto 2018

Ce lo chiediamo perché il nipote del celebre Enrico La Loggia, il padre dell’articolo 38 dello Statuto, da Ministro degli Affari regionali dei Governi Berlusconi 2001-2006 ha già clamorosamente toppato sull’applicazione dell’articolo 37. Chissà, magari questa volta sarà più ispirato…

Un lancio dell’ANSA ci informa che “il presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci, ha designato i due componenti della Commissione paritetica per le norme di attuazione della Regione, ai sensi dell’articolo 43 dello Statuto. Si tratta dei professori Enrico La Loggia di Palermo e Felice Giuffrè di Catania. Gli altri due componenti saranno indicati dal ministro per gli Affari regionali e le autonomie, Erika Stefani, che procederà anche alla firma del decreto per la ricomposizione della Commissione”.

Enrico La Loggia porta il nome del celebre nonno Enrico, il padre dell’articolo 38 dello Statuto autonomistico siciliano (che in certi volumi di storia della Sicilia dati alle stampe negli anni ’50 del secolo passato, voluti dalla “Cassa Centrale di Risparmio Vittorio Emanuele II per le province siciliane”, della quale uno dei più noti ‘padri’ dell’Autonomia siciliana era vice presidente, Enrico si trasforma in Errico).

Il padre di Enrico, Giuseppe La Loggia, è stato Presidente della Regione siciliana alle fine degli anni ’50, poco prima dell’avvio della cosiddetta ‘Operazione Milazzo’, e poi per tanti anni parlamentare nazionale della DC, molto legato ad Amintore Fanfani.

Nonno e papà lasciano ben sperare. Anche se l’esperienza dell’attuale Enrico, quello scelto dal Presidente Musumeci, invece, non è molto incoraggiante.

Tra i fondatori di Forza Italia in Sicilia nei primi anni ’90, Enrico La Loggia è stato più volte parlamentare nazionale. E, soprattutto, è stato Ministro degli Affari regionali nei Governi Berlusconi 2001-2006. 

In quegli anni il centrodestra governava l’Italia e la Sicilia. La nostra Isola, nel 2001, aveva tributato al centrodestra la celebre vittoria del “61 a zero” (leggere la conquista di tutt’e 61 i collegi uninominali della Sicilia: allora si votata con il Mattarellum) alle elezioni politiche nazionali.

Insomma, c’erano tutte le condizioni per applicare almeno una parte dello Statuto siciliano che lo Stato ha sempre bloccato.

Enrico la Loggia ci provò con l’articolo 37 dello Statuto: è l’articolo che prevede che le imprese con stabilimenti in Sicilia e sede sociale fuori dalla nostra Isola paghino le imposte nella nostra Regione.

Sembrava cosa fatta. Poi l’allora Ministro dell’Economia dei Governi di centrodestra, Giulio Tremonti – quello che ha completato da ‘Nordizzazione’ del sistema creditizio meridionale iniziata da Carlo Azeglio Ciampi a fine anni ’80 – si inventò un “simmetricamente” che mandò tutto all’aria.

In pratica, se la Regione siciliana avesse incamerato le imposte pagate dalle imprese del Centro Nord che operano in Sicilia avrebbe dovuto, ‘simmetricamente’, prendersi in carico le competenze che ancora oggi lo Stato esercita nella nostra Isola (Licei e, in generale, scuole superiori e altro).

Cosa c’entravano le competenze che lo Stato esercita ancora in Sicilia con l’articolo 37 dello Statuto non si è mai capito. Anche perché il Governo regionale dell’epoca e lo stesso Ministro la Loggia avrebbero potuto sollevare la questione di altri due articoli dello Statuto applicati a spizzichi e bocconi: l’articolo 36 e, soprattutto, l’articolo 38 dello Statuto, come già ricordato voluto dal nonno dell’allora un po’ smemorato Ministro (in quest’ultimo caso, una barca di soldi che lo Stato ha negato alla Sicilia, COME POTETE LEGGERE QUI).

Allora la mossa del MinistroTremonti-Azzeccagarbugli sul “simmetricamente” venne addirittura considerata intelligente ed arguta: e fu così che l’applicazione dell’articolo 37 ‘attumbuliò’.

Per la cronaca, ascrivere al solo allora Ministro Enrico La Loggia la responsabilità di una stagione politica più che fallimentare per la Sicilia sarebbe ingeneroso assai. Infatti, chi ha preso veramente in giro i siciliani dal 2001 al 2006 è stato Berlusconi in persona, che alla fine della Sicilia e dei siciliani ha dimostrato di apprezzare solo gli stallieri…

Nel 2001, in campagna elettorale, Berlusconi aveva promesso il Ponte sullo Stretto di Messina: una presa per i fondelli, per Sicilia e Calabria, forse più lunga dello stesso Ponte – promettevano allora – “a campata unica” (nessuno allora capì che il riferimento era al “campa cavallo!”).

Un capolavoro di presa in giro anche la riapertura del Casinò di Taormina, grandissima promessa del 2001 poi rimangiata, a chiusura di quella legislatura, dall’allora Ministro degli Interni, Giuseppe ‘Beppe’ Pisanu, un democristiano della sinistra DC rinnegato ‘autoriverniciatosi’ berlusconiano che disse ai siciliani:

“Il Casinò di Taormina non si può riaprire perché c’è la mafia” (nel 2001, quando servivano i voti a Forza Italia, la mafia non c’era).

Nessuno, meglio di Berlusconi, ha preso in giro la Sicilia (al Comune di Catania, proprio in queste ore, ricordano i ‘buchi’ di bilancio lasciati dalle amministrazioni di centrodestra).

Forse per ricordare i ‘fasti’ di quegli anni il Presidente della Regione Musumeci ha nominato Enrico La Loggia nella Commissione paritetica. Chissà, dopo i ‘successi’ dell’articolo 37 magari si cimenterà con l’articolo 38: ma se sbaglia pure lì…

Foto tratta da alqamah.it   

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