Tonno a Palermo (e in Sicilia): si può mangiare o no? I consigli per evitare la ‘sindrome sgombroide’

8 giugno 2018

Otto casi a Palermo e dintorni di ‘sindrome sgombroide’ non sono da sottovalutare. Anzi. Detto questo, non siamo davanti a un’epidemia. Il problema è semplice: se il tonno viene conservato correttamente, al fresco, non c’è alcun pericolo di ‘beccarsi’ questa patologia. Basta fare un po’ di attenzione all’acquisto di questo pesce che fa parte della tradizione gastronomica. Piccole ma importanti regole da seguire

In Estati felici, straordinario libro in cui Fulco di Verdura, coetaneo e cugino di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, rievoca la sua infanzia nella Palermo dei primi del ‘900, c’è un passaggio dedicato a una tradizione dei palermitani a tavola, quasi un rito che andava in scena tra maggio e giugno: ‘a tunnina, ovvero i piatti a base di tonno appena pescato. Fulco di Verdura ricorda le voci che accompagnavano la vendita del tonno per le strade della città. E ne cita, in particolare, una: “Scalò ‘a tunnina”.

“Scalò ‘a tunnina” significava che il prezzo del tonno era diminuito. E i palermitani erano pronti a festeggiare: tunnina ‘a cipollata (in agrodolce, magari con olive verdi e capperi), tunnina ‘a ragù (trancio di tonno sul quale vengono praticate con un coltello appuntito piccoli fori che ‘ospitano’ aglio, menta e un pizzico di sale: trancio che viene soffritto e poi cotto a ragù a fuoco lentissimo: quindi prima gli spaghetti conditi con il ragù di tonno, poi lo stesso tonno come secondo piatto: o magari tutt’e due insieme…).

Allora i palermitani che vendevano il tonno avevano la buona creanza di conservare questo pesce in ghiaccio (pensate un po’: quando ancora non c’erano le macchine per produrre ghiaccio lo si faceva arrivare dalle Madonie!). Non altrettanto può dirsi di certi venditori di tonno di oggi, se è vero che otto persone che hanno acquistato e mangiato il tonno a Palermo e dintorni sono rimaste intossicate (due donne sono in gravi condizioni).

Perché il tonno, quando viene conservato male, dà origine a una patologia che si chiama sindrome sgombroide: ed è una patologia che può diventare seria. Insomma, per dirla in breve, la sindrome sgombroide, soprattutto se colpisce le persone fragili, può anche diventare mortale.

E oggi? Dobbiamo diffidare del prezzo basso del tonno? Più che altro dobbiamo stare attenti a come il tonno viene conservato. Anche se, in ogni caso, il prodotto fresco va preferito a quello non fresco.

Ma cos’è la sindrome sgombroide? E cosa possiamo fare per evitarla? Queste sono domande che, oggi, tanti palermitani – ma non soltanto loro – si pongono. Perché otto persone finite all’ospedale – di cui due in gravi condizioni . non sono bei segnali. Anzi.

Da qui la paura di molti palermitani e di molti siciliani che in queste ore si chiedono e chiedono: il tonno lo dobbiamo mangiare o no? E’ pericoloso? E, soprattutto, come si fa a riconoscere il tonno buono da quello che potrebbe presentare problemi?

Cominciamo col dire che il problema – come già ricordato – si presenta se il tonno viene conservato male, in assenza di ghiaccio. Il problema non si pone – o non dovrebbe porsi – nelle pescherie dove il tonno viene sistemato su un letto di ghiaccio.

Che significa questo? Che, forse, è meglio evitare l’acquisto di tonno dai venditori ambulanti, soprattutto se il tonno non viene tenuto a basse temperature. Quindi, se vedete tonno in assenza di ghiaccio, beh, diffidate.

Un altro elemento importante è il colore: il nostro tonno ha un colore rosso: non a caso si chiama Tonno rosso del Mediterraneo. Il colore rosso è già un buon segnale: ma ricordatevi che la cosa più importante è la temperatura, cioè la presenza di ghiaccio.

(Per la precisione, il tonno catturato nelle tonnare – che ormai non ci sono più – perdeva molto sangue ed era più chiaro. Il tonno catturato con le reti di circuizione o con i palangari perde molto meno sangue ed è più ‘rosso’).

Cos’è che provoca la sindrome sgombriode? Il problema nasce dalla presenza, nelle carni do tonno, di un amnoacido: l’istidina. Di per sé l’istidina non crea problemi: diventa un problema se viene a contatto con alcuni batteri che vivono sulla pelle o nell’intestino del tonno.

Questo è il passaggio fondamentale: se il tonno viene conservato male, specie nelle giornate di caldo, questi batteri trasformano l’istidina in istamina: e a questo punto cominciano i guai.

Le istamine svolgono un ruolo centrale nell’insorgenza delle allergie e dell’infiammazione.

A questo punto vi dobbiamo dare la prima, brutta notizia: una volta che i nostri batteri hanno prodotto l’istamina, questa sostanza non può essere eliminata. In parole più semplici, se il tonno è andato a male, se i batteri hanno trasformato l’istidina in istamina non c’è nulla da fare: la cottura o la congelazione del tonno, infatti, non eliminano il problema.

Perché il problema non è dato direttamente dalla presenza dei batteri, ma da quello che hanno prodotto questi batteri. Cuocere o surgelare il tonno nel quale è presente istamina non serve a nulla: l’istamina resta e se voi mangiate questo tonno vi ‘beccate’ la sindrome sgombroide!

Poi c’è una seconda brutta notizia. Quando il nostro tonno è preso di mira da questi batteri produttori di istamina non cambia di sapore: noi pensiamo di stare mangiando il tonno fresco e, invece, zact!, ci becchiamo la sindrome sgombroide.

Come si riconosce questa patologia? I sintomi da sindrome sgombroide possono apparire dopo dieci minuti- un quarto d’ora, ma anche nelle ore successive. Interessano la cute (per esempio, eritema al viso, o la sensazione di calore). Ad essere colpito è il sistema gastroenterico con presenza di diarrea, vomito, dolori addominali.

Spesso questa patologia si accompagna anche a mal di testa, palpitazioni, tremori.

La sindrome sgombroide – o meglio, la manifestazione clinica di tale patologia – è influenzata da vari fattori: la sensibilità individuale, il peso corporeo, la presenza di altre patologie o di allergie, l’assunzione di farmaci, l’età, la composizione del pasto: chi, mangiando il tonno con istamina, ha ‘caricato’ il tutto con una bella dose di vino accentua il problema (elevate dosi di alcool possono potenziare gli effetti di questa patologia), farmaci, età e altre malattie e allergie.

Chi soffre di asma potrebbe accusare un’accentuazione della propria patologia.

La sindrome sgombroide in genere si accompagna a febbre, sbalzi di pressione (alta o bassa), tachicardia.

Che fare in presenza di sindrome sgombroide? Il consiglio è di recarsi subito in Pronto Soccorso (nella speranza di non trovare troppo caos).

Insomma, nei Paesi civili si va nei Pronto Soccorso: e anche così dovrebbe essere in Sicilia.

In genere si raccomanda l’assunzione di antistaminici e di liquidi in caso di diarrea e di vomito.

In alcuni casi la sindrome sgombroide può diventare pericolosa, se non mortale: questo succede quando coinvolge l’apparato cardiocircolatorio. In questi casi i medici somministrano l’adrenalina, che è un farmaco salva vita.

Come provare ad evitare di beccarsi la sindrome sgombroide.

Ovviamente, tutto si risolve non mangiando il tonno. Soluzione draconiana efficace. Ma questo ci toglie il piacere di un piatto tipico della cucina siciliana.

Non resta che provare a capire se si può fare qualche altra cosa. Cosa?

Ci sono alcune regole suggerite dalle autorità sanitarie. Alla luce di quello che avete letto, sono regole legate alla corretta conservazione del tonno. E quindi rivolte a commercianti e ristoratori.

Ma riguardano anche le persone comuni. Acquistare il tonno, arrivare a casa e dimenticarlo dove capita è assolutamente cosa da evitare. Dopo aver acquistato il tonno dal colore rosso, avendo appurato che è stato presentato su un letto di ghiaccio abbondante, appena arrivati in casa il prodotto va subito posto in frigorifero. Tirandolo fuori qualche minuto prima di iniziare a cucinarlo.

Evitare di fare “dentro e fuori” dal frigorifero.

Ultimo consiglio: lavare bene l’insalata da consumare insieme al tonno. Motivo: i batteri eventualmente presenti nell’insalata possono contaminare il tonno.

Qualcuno ci chiederà: e il Sushi e Sashimi a base di tonno, ormai molto diffusi dalle nostre parti?

La risposta è già in quello che abbiamo scritto: se il tonno è fresco ed è stato conservato bene, nessun problema. Se è stato conservato male e i batteri hanno trasformato l’istidina in istamina, il pericolo di beccarsi la sindrome sgombroide sussiste sia per chi mangia il tonno crudo, sia per chi lo mangia cotto.

Foto tratta da blogsicilia 

 

 

 

 

 

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