Ragionando sull’addio alle armi dell’ETA tra ombre, luci e anche con qualche innegabile merito

3 maggio 2018

A fine maggio si scioglierà l’ETA, sigla che sta per Euskadi Ta Askatasuna (Paese basco e libertà) è l’assassinio, avvenuto il 20 dicembre del 1973, dell’ammiraglio Luis Carrero Blanco, capo del governo e successore designato del generale Francisco Franco, che aveva spazzato via nel lontano 1942 l’autonomia basca

Si fa presto a dire terrorista e si fa ancora più presto a definire terroristi tutti i nazionalisti separatisti che ricorrono alla lotta armata per raggiungere il loro obbiettivo di liberazione della loro terra. La verità storica e quella, più difficile, della comunicazione (sempre più infeudata all’establishment), dovrebbero, sempre e comunque, partire dall’esame e dalla valutazione della giustezza delle motivazioni e dall’oggettiva presenza, a monte, di cause reali e solide. Tutto questo va detto perché nella storia ci sono terroristi che riescono nelle loro imprese e diventano eroi e capi di Stato e di governo con tanto di statue, targhe commemorative e musei, e ci sono terroristi che non riescono nelle loro imprese e restano terroristi, assassini e massacratori.

Per il primo caso cito (a beneficio delle anime belle che si stanno stracciando le vesti, scandalizzate per le recentissime dichiarazioni di Abu Manzen) i capi dell’ Haganah israeliana e, segnatamente, quelli che comandavano i due bracci armati della stessa organizzazione, l’IRGUN e il LEHI, che in Palestina, nel periodo antecedente la seconda guerra mondiale, usarono il terrorismo come arma contro gli Arabi.

Altro esempio i politici e i comandanti militari che nei conflitti nell’ex Jugoslavia hanno vinto. Per chi ha perso ci sono stati i tribunali internazionali.

Come esempio del secondo caso la storia recente della nostra Sicilia è piena di nomi (su tutti Antonio Canepa e Concetto Gallo) che la Storia ufficiale bolla come terroristi separatisti eversori. Se qualcuno, però, oggi, alla luce delle sciagure politiche, sociali, identitarie ed economiche che si stanno abbattendo sulla Sicilia osasse affermare che quella non fu una giusta causa lo taccerei di ascarismo e malafede.

Dunque, per emettere un giudizio oggettivo, il discrimine non può essere il successo o l’insuccesso di una causa, ma la sua essenza (l’essere cioè una causa buona o una cattiva).

Quanto sopra ci introduce al tema dell’ETA, sigla che sta per Euskadi Ta Askatasuna (in spagnolo País Vasco y Libertad, letteralmente “Paese basco e libertà”), un’organizzazione terroristica basco-nazionalista separatista d’ispirazione marxista-leninista, oggi disarmata, il cui scopo è l’indipendenza del popolo basco.

Creata nel 1958, dalla scissione degli Ekin dal Partito nazionalista basco, come associazione studentesca clandestina per sostenere l’indipendentismo basco, si accosterà alla lotta armata verso la metà degli anni Sessanta. Oggi ne viene annunciato lo scioglimento definitivo da attuarsi nel primo fine settimana di maggio.
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L’organizzazione propugna, in passato attraverso il ricorso ad azioni violente, l’indipendenza politica della comunità basca e la creazione di uno Stato socialista denominato Euskal Herria. Tale Stato comprenderebbe le tre province dell’attuale comunità autonoma spagnola di Euskadi (Bizkaia con capoluogo Bilbo, Gipuzkoa con capoluogo Donostia e Araba con capoluogo Gasteiz), la comunità autonoma di Nafarroa e le tre province basche del sud ovest della Francia (Lapurdi, Zuberoa e Baxenabarre), per un totale di sette province.

Il sentimento di identità nazionale presente in queste regioni è in gran parte dovuto alla lingua basca. (Ma guarda un po’!).

La storia dell’ETA comincia nel 1958, quando un gruppo di giovani studenti nazionalisti fonda l’Euskadi ta Askatasuna (“Paese Basco e Libertà”). Siamo in pieno franchismo, un regime fascista che non sopporta per sua stessa ideologia l’esistenza di minoranze che vanno assimilate o sterminate.

Non ho nessuna difficoltà ad affermare che il più grande merito dell’ETA, alla quale devono essere grati, oltre che i Baschi, tutta la Spagna, l’Europa e il mondo intero, è l’assassinio, avvenuto il 20 dicembre del 1973, dell’ammiraglio Luis Carrero Blanco, capo del governo e successore designato del generale Francisco Franco, che aveva spazzato via nel lontano 1942 l’autonomia basca.

Un’operazione che rese impossibile il processo di continuità tra Franco (che sarebbe morto di lì a poco) e il suo regime e che consentì quindi l’avvento della democrazia in tutta la penisola iberica.

“Ora bisogna ubriacarsi, e che ciascuno beva anche per forza: perché Mirsilo è morto …” (Alceo, fr. 332 V.).

Foto tratta da ilpost.it

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