Cosimo Gioia: “C’è una lobby che spinge le banche a vendere i terreni degli agricoltori a prezzi stracciati”

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A sostenerlo, in un commento su facebook a un nostro articolo di qualche giorno fa, è Cosimo Gioia, agricoltore e produttore di grano duro in Sicilia. L’analisi che porta Gioia a questa conclusione è tutta nella crisi dell’agricoltura siciliana. O meglio, in chi opera dietro le quinte di questa crisi per costringere gli agricoltori a svendere i propri terreni. Il ‘caso’ Torre Salsa in provincia di Agrigento 

“C’è una lobby che spinge le banche a mettere all’asta i terreni ipotecati degli agricoltori per venderli a prezzi stracciati”.

E’ un’accusa pesante come un macigno, quella lanciata da Cosimo Gioia, agricoltore, produttore di grano duro. Commentando su facebook un nostro articolo pubblicato lo scorso 8 aprile (dove si parla del giovane agricoltore di Vittoria, Giovanni Viola, 31 anni, che si è tolto la vita perché non riusciva più a fronteggiare le difficoltà economiche dell’azienda agricola di famiglia), Cosimo Gioia ha fatto il punto della situazione arrivando a una conclusione inquietante.

Noi, nel nostro articolo (CHE POTETE LEGGERE QUI), abbiamo provato a spiegare le ragioni della crisi dell’agricoltura. Gioia non solo si è dichiarato d’accordo sulla nostra analisi ma, partendo da quello che succede nel mondo del grano duro, è andato più in là:

“Parlando con un commerciante di grano – scrive Gioia – mi diceva che il grano acquistato a 24 c.mi (in pratica 24 euro al quintale ndr) l’estate scorsa è sceso a 17 c.mi (17 euro al quintale ndr) e lui non vende come tanti altri perché ci perderebbe. Questo significa che, l’estate prossima, avremo un enorme quantitativo di grano col risultato di un ulteriore abbassamento dei prezzi con conseguenze catastrofiche per gli agricoltori”.

“Tutto questo – spiega sempre Gioia – è dovuto all’arrivo di grano estero di bassa qualità a prezzo bassissimo che ammazza il mercato. Quando ci fu l’abbassamento del prezzo del vino in Francia, gli agricoltori bloccarono le frontiere in barba a tutti i trattati e alla globalizzazione. Qui è questione di vita o di morte…”.

“Bisogna prendere una decisione sui prodotti, tutti, importati a basso prezzo da Paesi che non rispettano le minime norme ‘umanitarie’ sull’assunzione della manodopera – scrive sempre Gioia -. Come si fa ad andare dietro a gente che viene pagata a 10 Euro al giorno?”.

Poi c’è il riferimento alle navi cariche di grano duro – spesso contaminato – che arrivano in Sicilia: argomento che questo blog affronta spesso.

“Le navi di grano, ad esempio – scrive Gioia – non arrivano solo a Pozzallo, ma a Catania, Messina etc. Quindi il Governo Italiano deve, quantomeno, dichiarare lo stato di crisi di mercato. Non conosco la procedura ma, l’assessore si deve dare una mossa. Mi rendo conto che ha lavorato, anche bene, ma, allo stato non è sufficiente…”.

A questo punto Gioia affronta un tema spinosissimo: il tentativo di scippare i terreni agli agricoltori siciliani in crisi.

“Bisogna bloccare le procedure dei decreti ingiuntivi e di vendite all’asta per evitare che episodi come quello del povero giovane di Vittoria si ripetano – scrive Gioia senza giri di parole -. E non è, la mia, una strumentalizzazione del lutto, credetemi, come qualcuno ha scritto, ma un’analisi attenta di quello che sta succedendo. Scendere in piazza è l’altra alternativa. Come i Francesi che, poi, hanno vinto…”.

A questo punto l’affondo:

“C’è, secondo me – conclude Gioia – una lobby che spinge le banche, salvate con i nostri soldi, a mettere all’asta i terreni ipotecati degli agricoltori per venderli a prezzi stracciati. Vedi Vittoria con la casa che valeva 110.000 euro venduta a 20.000. Tanto, a loro, basta che recuperano il credito, che gliene frega se un terreno o una casa che valeva 100 viene venduta a 20, e non dico altro…”.

Come si usa dire quando si cerca di costruire un’ipotesi, a pensare male si fa peccato, però qualche volta s’indovina. Cosa vogliamo dire? Che sulla crisi dell’agricoltura siciliana, complice una politica debole, se non infingarda, ci sono troppe coincidenze.

Proviamo a metterle in fila.

L’arrivo, ormai incontrollato – perché voluto da un’Unione Europea di massoni e speculatori al servizio delle multinazionali – di ortaggi e frutta da mezzo mondo a prezzi stracciati. Montagne di ortofrutta – prodotta, come ricorda Cosimo Gioia – in Paesi dove il costo del lavoro è di gran lunga più basso di quello del nostro Paese.

Ortofrutta – aggiungiamo noi – prodotta con pesticidi ed erbicidi di cui si conosce poco o nulla (spesso sono sostanze chimiche che l’Italia ha bandito da decenni perché dannose per la salute umana).

In questa vicenda dell’ortofrutta ci sono responsabilità politiche precise da parte del PD e di Forza Italia, che nel Parlamento Europeo e in quello italiano avallano queste scelte che penalizzano la nostra agricoltura.

Lo stesso discorso riguarda l’olio d’oliva tunisino che ha invaso l’Europa: voluto dall’Unione Europea con il sì del PD e di Forza Italia.

In questo contesto si inserisce la crisi del grano duro che colpisce il Sud Italia. Gioa ricorda il prezzo stracciato del grano duro del Mezzogiorno italiano, che produce l’80% del grano duro del nostro Paese. E’ la battaglia che Granosalus e I Nuovi Vespri portano avanti da tempo.

Ma difendere i produttori di grano duro della Sicilia e, in generale, del Sud, è difficilissimo. Qui tornano le responsabilità politiche – gravissime – del PD. Ricordiamo che, da oltre un anno, esiste la legge nazionale sulla CUN, la Commissione Unica Nazionale che dovrebbe controllare i volumi degli scambi di grano duro per scongiurare la speculazione sui prezzi.

La legge – voluta da GranoSalus e dal Movimento 5 Stelle – come già ricordato, c’è: ma il Governo Renzi prima e il Governo Gentiloni dopo (fino ai nostri giorni) si sono guardati bene dall’applicarla. E il motivo c’è: perché questa legge tutelerebbe gli agricoltori (cioè i produttori di grano duro del Sud Italia) a scapito degli industriali.

Può un Governo del PD tutelare gli agricoltori del Sud Italia? A questa domanda hanno già risposto gli elettori delle Regioni Mezzogiorno d’Italia, che alle ultime elezioni politiche hanno abbandonato il Partito Democratico.

Riepilogando, in Sicilia abbiamo l’ortofrutta – che arriva per lo più da Cina e Africa – che sta massacrando i produttori di ortofrutta della Sicilia.

Poi c’è la speculazione sul grano duro di tutto il Sud: prezzi bassissimi, vuoi perché così decidono le multinazionali (comprese quelle che producono pasta industriale), vuoi perché arrivano le navi cariche di grano duro, spesso contaminato, se non tossico (pieno di glifosato e micotossine DON) che, aumentando l’offerta, deprimono il prezzo del grano duro siciliano.

Si tratta di scelte criminali: il grano duro del Sud Italia è uno dei migliori del mondo, che non ha nulla in meno del Desert Durum, il grano duro che si produce i California e in Arizona.

Solo che gli Stati Uniti fanno in modo che il prezzo del Desert Durum non scenda mai sotto i 40 dollari al quintale. Mentre il grano duro del Sud Italia – uguale, se non migliore del Desert Durum (i grani duri antichi della Sicilia, così, tanto per dire, sono di gran lunga migliori del grano duro americano) – deve scomparire e i granicoltori del Sud Italia debbono fallire!

Sempre sul grano duro, in Sicilia, abbiamo la Regione e l’Unione Europea che, per scoraggiare la produzione di grano duro, pagano gli agricoltori per non fargli coltivare i terreni! (il regolamento comunitario si chiama Set-Aside).

In questo scenario c’è un terzo elemento tutto siciliano: i ritardi nelle erogazioni dei fondi per l’agricoltura agli agricoltori della nostra Isola da parte di Agea, l’Agenzia nazionale che eroga (quando li eroga…) i fondi agli agricoltori (per lo più fondi europei). Ritardi di un anno, di due anni e persino di tre anni!

Questi tre elementi – ortofrutta che ammazza le imprese agricole siciliane che operano in questo settore, crisi del grano duro e ritardi nei pagamenti agli agricoltori – portano i produttori agricoli verso il baratro. 

Perché se l’ortofrutta non si vende, se il grano duro non si vende e se lo Stato non eroga i contributi nei termini temporali previsti, INPS e banche (soprattutto queste ultime), invece, non perdono tempo: i crediti che vantano verso gli agricoltori li vogliono subito! E qui siamo alla denuncia di Cosimo Gioia.

Chiudiamo il nostro approfondimento con il ‘caso’ Torre Salsa. Affacciata su quello che Luigi Pirandello chiamava “il mare africano”, Torre Salsa può contare su una superficie di quasi 800 ettari, con un litorale di sabbia bianchissima che si distende per circa sei chilometri tra Montallegro e Siculiana, in provincia di Agrigento.

Si tratta di una Riserva molto particolare, istituita nel 2000 dalla Regione, su terreni che, per il 90 per cento e forse più, fanno capo a privati.

Tra i privati, a Torre Salsa, si contavano un centinaio e forse più di piccoli agricoltori dediti al grano duro, alla vite e all’olivo. perché scriviamo “si contavano”?

Da quando è stata istituita la Riserva naturale – affidata al WWF – l’agricoltura di queste contrade è stata messa in crisi. E agli agricoltori, nel corso degli anni, sono arrivate continue richieste di acquisto dei terreni (STORIA CHE ABBIAMO RACCONTATO QUI).

Questo è uno dei classici esempi di gestione di Una Riserva naturale che ammazza l’agricoltura. E questo, in un paese civile, non dovrebbe essere tollerato. Perché se un gestore di una Riserva naturale mette in crisi l’agricoltura tradizionale – perché a Torre salsa l’agricoltura è tradizionale – c’è qualche cosa che non funziona.

Sapete perché torniamo su questa storia? Perché da novembre, a Torre Salsa, manca l’energia elettrica! Sì, avete letto benissimo: gli abitanti di questa contrada sono stati lasciati senza energia elettrica (STORIA CHE ABBIAMO RACCONTATO QUI IL 14 MARZO SCORSO).

Se torniamo su questa storia è perché, alla fine, anche i fatti – a nostro avviso non edificanti che vanno in scena da anni a Torre Salsa – portano sempre lì: alla richiesta di acquisto dei terreni.

Appropriarsi dei terreni degli agricoltori siciliani potrebbe significare scippare alla Sicilia il grande affare dei grani antichi: ci hanno già provato e continuano a provarci. Ma potrebbe significare altro: per esempio, speculazioni turistiche: e qui è il caso di Torre Salsa dove, in barba alla tutela dell’ambiente, è in corso di realizzazione un Resort degli austriaci della Adler…

Terreni che oggi valgono 10, tra qualche anno, potrebbero valere 100…

La politica siciliana – ammesso che ne abbia voglia – è in grado di spiegare quello che sta succedendo anche a chi amministra la Giustizia, come chiede Cosimo Gioia?

Foto tratta da h24notizie.com

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