A Gela l’ENI raffinerà il gas dell’offshore Ibleo. E la bonifica che fine farà?

27 febbraio 2018

La buona notizia è che il Ministero dell’Ambiente ha detto no alla proliferazione dei pozzi petroliferi nel mare di Ragusa. La brutta notizia è che la Sicilia, invece di investire nell’energia solare, ospiterà a Gela un centro per la raffinazione del gas. Domanda: ma a Gela non dovrebbero essere spesi oltre 30 milioni di euro per la ‘bonifica’?

A Gela – l’accordo con l’ENI risale a qualche anno fa, presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta – era prevista la bonifica, dopo decenni di inquinamento, con un investimento di poco più di 30 milioni di euro. Ora scopriamo che, nella città che dovrebbe essere ‘bonificata’, verrà raffinato il gas per essere distribuito nel resto d’Italia.

La raffinazione del gas al posto della ‘bonifica’? Ancora non l’abbiamo capito. Quello che invece abbiamo capito, grazie ai post su facebook dell’ingegnere Mario Di Giovanna, grande conoscitore di tale materia, è che l’ENI – in un momento storico in cui la Sicilia dovrebbe investire nella produzione di energie alternative, a cominciare dall’energia solare – continua a considerare la nostra Isola e il suo mare luoghi dove estrarre e lavorare idrocarburi.

Non è una bella notizia. Ma dalla morte di Enrico Mattei in poi, in Sicilia, dall’ENI, non sono mai arrivate belle notizie. Anzi.

Quella che, storicamente, è stata la città-ostaggio dell’ENI – Gela – continua a rimanere tale. Gli anni passano, le tecnologie cambiano e si evolvono. Ma l’ENI rimane fedele al proprio mandato: cercherà e sfrutterà idrocarburi sino alla fine. E Gela, con il suo stabilimento petrolchimico, diventa ancora una volta il baricentro di nuove produzioni (e di nuovo inquinamento ambientale).

Due notizie in questi giorni sono al centro delle riflessioni di chi segue le disastrose avventure petrolifere siciliane che vanno avanti dalla fine degli anni ’50 del secolo passato.

La prima notizia, tutto sommato, è positiva. Il ministero dell’Ambiente ha detto no alla proliferazione di pozzi nel mare al largo di Ragusa (piattaforma Vega). Qui sono già operativi quattro pozzi. Il programma aggiornato prevedeva la realizzazione di altri sei o sette pozzi. Ma il ministero dell’Ambiente, come già ricordato, ha detto no. Meno male. Ogni tanto qualche no ai petrolieri non guasta.

La brutta notizia l’abbiamo già accennata: la nuova ‘valorizzazione’ del polo petrolchimico di Gela, che raffinerà il gas. Da dove arriverà questo gas? Da quella che viene chiamata l’Offshore Ibleo, ovvero la piattaforma sistemata di fronte Gela e Licata.

Qui entriamo in una vicenda di grande complessità amministrativa. Perché a leggere le ‘carte’ di questa storia ci si perde. Ci sono richieste di autorizzazioni per le trivellazioni, autorizzazioni per l’air gun (cioè le esplosioni sottomarine che distruggono l’ecosistema: massacrano i fondali rendono la vita difficile ai pesci), autorizzazioni alle ‘coltivazioni’ e altre diavolerie varie.

Nell’offshore Ibleo era stata presentata la richiesta di una nuova piattaforma. La novità è che la nuova piattaforma non si farà più. Tranquilli: non ci lasciano in pace. Al posto della nuova piattaforma verranno realizzate le tubature sottomarine per trasportare il gas dalla vecchia piattaforma a Gela (come potere osservare nella foto a sinistra che abbiamo preso dalla pagina facebook di Mario Di Giovanna).

Commenta lo stesso Mario Di Giovanna:

“Stoppa la Piattaforma.
Amici di Licata siete/siamo messi male.
Il progetto di ottimizzazione del campo offshore ibleo – campi gas Argo e Cassiopea – ha avuto il via libera da parte del Ministero dell’Ambiente”.

Andando a spulciare tra le ‘carte’ leggiamo:

Opera: Concessione di coltivazione “G.C1.AG”

Progetto: Interventi di ottimizzazione del progetto Offshore Ibleo – Campi gas Argo e Cassiopea

Descrizione: il progetto prevede che il gas estratto dai campi Argo e Cassiopea sia inviato tramite una pipeline del diametro di 14 ” e della lunghezza di 60 km ad un nuovo impianto di trattamento e compressione onshore all’interno della raffineria di Gela. Inoltre è prevista l’installazione presso la piattaforma di produzione Prezioso delle utilities per il controllo e la gestione dei pozzi sottomarini, l’ottimizzazione dell’architettura sottomarina e l’approdo della pipeline presso strutture costiere esistenti.

Proponente: ENI S.p.A.

Tipologia di opera: Coltivazione idrocarburi 

E ancora:

Nell’ambito della concessione G.C1.AG, sono previsti alcuni interventi per lo sviluppo dei campi gas Argo e Cassiopea ubicati nel Canale di Sicilia a circa 30 km a largo delle coste gelesi e agrigentine.
Rispetto a quanto autorizzato con decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 31 ottobre del 2014, successivamente rettificato in data 29 gennaio 2015 sono previste alcune variazioni al progetto di sviluppo:
1. Esclusione della piattaforma “Prezioso K” dal concetto di sviluppo ed ubicazione a terra, in area già industrializzata ed antropizzata interna alla Raffineria di Gela, di impianti di analoga funzionalità per la commercializzazione del gas metano estratto a mare dai pozzi già autorizzati nell’ambito del titolo minerario esistente;
2. Installazione presso l’esistente piattaforma di produzione Prezioso (ricadente nella concessione C.C3.AG) delle utilities per il controllo e la gestione dei pozzi sottomarini;
3. Ottimizzazione dell’architettura sottomarina in modo da diminuire il numero di strutture da installare sul fondo mare, al fine di occupare una minore area dello stesso;
4. Variazione del percorso della pipeline di trasporto gas e utilizzo di struttura costiera esistente prossima al pontile della raffineria come approdo per la pipeline.” (le pipeline sono tubature composte da più elementi collegati ndr)

Precisiamo che la raffinazione del gas è meno inquinante della raffinazione del petrolio. Ma è comunque inquinante.

Attenzione: in questa storia la distruzione di parti dei fondali marini con l’air gun e, in generale, l’inquinamento dell’ambiente sono fatti certi. E sono presenti anche i rischi, che non vanno sottovalutati.

Ricordiamoci che il Mediterraneo è un mare chiuso, con equilibri ecologici delicatissimi. Sotto questo profilo non possiamo non segnalare la contraddizione della solita Unione Europea, ‘severissima’ con le marinerie italiane nell’applicare regolamenti cervelletoci per tutelare le specie ittiche e poi di manica larga con i petrolieri, che fanno il bello e il cattivo tempo!

Ricordiamoci che un solo incidente petrolifero, nel Mediterraneo, potrebbe provocare danni incalcolabili!

Che cosa ci guadagna la Sicilia da questa nuova avventura?

Ricordiamo che, entro le 12 miglia dalla costa, la Regione siciliana ha diritto alle royalty. Dopo le 12 miglia la Sicilia si prende solo i rischi di incidenti e l’inquinamento, mentre i soldi li incassano i petrolieri e lo Stato.

Però c’è un però. Non tutte le Regioni italiane sono governate da non-Governi, cioè da governanti che si sottomettono ai voleri romani.

Quando il Governo Renzi – in assoluto, rispetto ai temi della tutela del mare, il peggiore Governo possibile – ha dato ai petrolieri la possibilità di invadere il mare italiano con le trivelle, alcune Regioni si sono opposte.

Non è il caso della Sicilia, nella passata legislatura amministrata da Governi di centrosinistra senza ‘spina dorsale’. La Sicilia è stata forse l’unica Regione italiana a non presentare ricorso.

Ma l’avere obbedito al Governo Renzi in tutto e per tutto non ha portato fortuna ai governanti siciliani della passata legislatura, se è vero che lo stesso Renzi li ha messi tutti fuori dalle liste per le elezioni politiche del prossimo 4 marzo… Ma questa è un’altra storia.

Ora c’è una nuova storia. Vedremo cosa farà l’attuale Governo regionale rispetto a questi temi.

Foto tratta da consumerismo.it 

 

 

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