Questione meridionale 5/ Qualche domanda ai denigratori pelosi del Sud…

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Ha suscitato un accesso dibattito il nostro viaggio tra le varie tappe storiche che hanno determinato quella che oggi chiamiamo ‘questione meridionale’. Un dibattito sicuramente interessante che conferma una sempre maggiore consapevolezza sul tema, ma anche la resistenza di non pochi pregiudizi duri a morire perché sbandierati da ‘denigratori di professione’…

Poniamo a questo punto ai denigratori pelosi del Sud qualche domanda.
Perché, mentre dal 1860 mi racconti di un Sud che prima dell’Unità non ha mai avuto un’ identità di popolo,
ho scoperto che il Sud era nazione dal lontano 1130 e sia pure sotto diverse dinastie ha sempre mantenuto lo stesso territorio mentre Nord è stato sempre uno spezzatino di staterelli?
Perché, mentre dal 1860 mi racconti di un Sud povero, straccione e “affricano”,
ho scoperto che il Regno delle Due Sicilie ha portato in dote all’Italia unita oltre 2/3 della ricchezza monetaria circolante in tutti gli Stati preunitari; che c’era il maggior numero di medici per abitante, il più basso tasso di mortalità infantile mentre al nord si moriva di pellagra, che al Sud c’era una bassissima pressione fiscale mentre il Piemonte indebitato all’inverosimile era sull’orlo della bancarotta;
Perché, mentre dal 1860 mi racconti di un Sud incolto ed inefficiente,
ho scoperto che dopo l’annessione le nostre scuole sono state chiuse per 15 anni per poter cancellare la memoria e la cultura di un popolo di millenaria civiltà, che il S. Carlo di Napoli è stato il 1° teatro moderno costruito al mondo ed in soli 270 giorni, che a Napoli c’erano manifestazioni teatrali ogni giorno e a Milano si faticava a trovarne;
Perché, mentre dal 1860 mi racconti di un Sud oppresso nella libertà di voce ed opinione,
ho scoperto che oltre la metà di tutte le pubblicazioni fatte negli stati preunitari veniva dal Regno delle Due Sicilie e da Napoli in particolare;
Perché, mentre dal 1860 mi racconti di un Sud represso dalla feroce tirannia borbonica,
ho scoperto che i re Borbone risparmiavano la vita dei dissidenti politici mentre i Savoia li mettevano alla forca; che Re Ferdinando fu appellato ll “re bomba” per aver appena accennato a bombardare la città di Messina per difendere il proprio regno ed invece è stato chiamato “Re galantuomo” il Savoia che ha bombardato Genova per annetterla al suo regno;
Perché. mentre dal 1860 mi racconti di un Sud arretrato industrialmente,
ho scoperto che il Regno delle Due Sicilie aveva il maggior numero di operai nelle industrie, che nel 1856 ebbe il premio internazionale come 3° Paese al mondo per sviluppo industriale e che primeggiava in tantissimi settori, scientifici e tecnologici tra tutti gli stati preunitari e spesso anche a livello mondiale e che dopo l’arrivo dei piemontesi, le industrie al Sud sono state chiuse e al nord sono aumentate;
Perché, mentre dal 1860 mi racconti di un Sud con una legislazione arretrata ed una amministrazione lenta,
ho scoperto che la legislazione del Regno delle Due Sicilie era la più avanzata tra gli stati preunitari e per alcuni punti finanche più di quella francese e che lenta era l’amministrazione del Piemonte catapultata a Sud e definita borbonica con un sistematico lavaggio del cervello per darne un significato negativo;
Perché, mentre dal 1860 mi racconti di un Sud delinquente, senza principi e rispetto delle norme,
ho scoperto che nel Regno delle Due Sicilie c’era un minor numero di atti delinquenziali che nel Nord, che il regno è stato invaso senza dichiarare guerra, corrompendo a suon di moneta e promesse di incarichi, i maggiori generali dell’esercito borbonico e facendo accordi con l’allora rozza criminalità siciliana e campana assegnandole un ruolo importante nella storia ed un potere che oggi per quei meriti mortifica il tessuto economico, sociale e politico del Sud;
Perché, mentre dal 1860 mi racconti di un Sud emigrante,
ho scoperto che prima dell’unità nel Regno delle Due Sicilie non esisteva emigrazione anzi era questa, terra di ospitalità e di immigrazione e che ad emigrare erano i cittadini veneti, piemontesi, ecc.;
Perché, mentre dal 1860 mi racconti di aver ideato e unito i fratelli italiani in un solo Stato,
ho scoperto che da “fratello” sono state massacrate persone  (infamate col nome di briganti) ree solo di difendere la propria patria e il proprio re dallo straniero, che sono stati perfino sciolti nella calce viva i corpi dei soldati borbonici morti di stenti nel carcere di Fenestrelle per non essersi piegati al nuovo re usurpatore, che sono stati messi a ferro e fuoco interi paesi bruciando vivi anche vecchi, donne e bambini inermi;
perché mentre dal 1860 mi racconti di un Sud rppresentato liberamente da propri politici,
ho scoperto che essi altro non sono che il più becero esempio di asservimento al tuo potere e per questo il Sud vero sarebbe ben lieto di disfarsene al più presto;
Perché, insomma,dal 1860 mi racconti di un Sud che non è mai esistito?

1)L’insabbiamento culturale della Questione Meridionale

2) La verità sul Regno delle Due Sicilie, al netto delle bugie degli storici di regime

La questione meridionale 3/ Il saccheggio del Banco delle due Sicilie

La Questione meridionale 4/ Lo Stato unitario il peggiore nemico del Sud

Visualizza commenti

  • Pienamente d'accordo e mortalimente addolorato da quante dolorose conseguenze e soprusi sono state vittime i ns Pacifici e ospitali avi.Che barbarie !! La verita' deve essere svelata e conosciuta da tutti gli Italiani di adesso per giustizia di chi e' stato ammazzato bruciato e sgozzato a casa sua senza aver fatto alcun delitto .e per restituire la ns dignita' infangata e calpestata costringendo da derubati a lasciato le ns Terre.

  • Mi e capitato di dire queste cose, mettendo in risalto la verità storica riguardante il Regno delle Due Sicilie. Verità molto scomoda per coloro che considerano il Sud una sottomarca dell'Italia unita, senza considerare che il Sud è stato depredato delle proprie ricchezze e della propria storia, molto più progredita di quella del nord. I Savoia, con la collaborazione dei venduti italiani e dei mercenari di Garibaldi, si sono impossessati di tutti i beni e tesori posseduti, chiamando briganti i patrioti che hanno cercato di difendere quello che restava e facendo trucidare tutti coloro che si ribellavano . I Savoia, non hanno mai agito per il popolo Italiano, tutt'altro. L'Epilogo e stato quando sono fuggiti lasciando l'Italia senza guida e nel pieno caos. Non meritano nemmeno di essere ricordati.
    mdo sono fuggiti

  • Eh no, Nuovi Vespri. Io vi avrei lasciato volentieri, come richiestomi da Franco Busalacchi, ai vostri falsi storici e alle vostre menzogne se non aveste provato a denigrare chi corregge gli strafalcioni che costellano le vostre “ricostruzioni storiche” con immaginifiche definizioni (i “denigratori pelosi” ?!) sorrette da maliziosi quesiti che dovrebbero provare la loro supposta “malafede”. Ma si dà il caso che quelle domande costituiscano la più vistosa serie di spropositi che abbiate mai pubblicato. Vi faccio solo qualche esempio che non richiede lunghe esposizioni: potete sempre cancellare questo intervento per evitare di esporvi a figuracce.
    1. Il Sud era nazione dal lontano 1130? Vi informo che questo era l’argomento principale opposto dai libellisti di corte dei Borbone fra il 1820 e il 1860 contro gli scrittori siciliani che continuavano a sostenere gli antichi diritti della Sicilia cancellati dal R.D. 8 dicembre 1816; per sostenerlo, però, ignoravano volutamente la rivoluzione del vespro – singolare, non plurale – e come da allora Sicilia e Italia meridionale avessero costituito due stati distinti con differenti evoluzioni istituzionali, economiche, culturali. Potete leggere per avere un comodo riassunto della controversia G. Ventura, Per lo riconoscimento della Sicilia come Stato sovrano e indipendente, Palermo, Presso Lorenzo Dato, 1848.
    2. Le scuole del Sud chiuse dopo l’annessione “per quindici anni”? Ma dove scovate coteste corbellerie? A Palermo nell’anno scolastico 1858-59 funzionavano in città nove scuole “lancasteriane” solo maschili, sette mattutine per i bambini e due serali destinate all’alfabetizzazione di operai ed artigiani, con un totale di 1815 iscritti. Palermo aveva allora circa 190.000 abitanti; la popolazione in età scolare era di circa 26.000 unità. Nell’anno scolastico 1864-65 il Comune aveva aperto 139 classi di scuola elementare frequentate da 8083 alunni tra maschi e femmine. Ancora poco, ma come vedete le scuole non si chiudevano, si aprivano (Sull’argomento uscirà un mio libro il prossimo anno; non vi chiederò certo di comprarlo, ma telefonatemi e vi regalo io una copia). Per fare solo un altro esempio, nella provincia di Salerno, anno scolastico 1865-66, funzionavano 301 classi di scuola elementare maschile e 227 di scuola elementare femminili, frequentate rispettivamente da 11134 maschi e 8434 femmine (Annuario statistico della provincia di Salerno per l’anno 1866, Migliaccio, Salerno 1866, pp. 367-369).
    3. Ancora con la ridicola invenzione secondo la quale il Regno borbonico nel 1856 ebbe “il premio internazionale come 3° paese al mondo per sviluppo industriale”? All’Esposizione Universale di Parigi del 1855, - non 1856 –, che gli avrebbe attribuito questo “premio”, il Regno delle Due Sicilie non fu neppure tra i paesi espositori. C’erano il Guatemala, il Ducato di Nassau, il Regno delle Isole Hawaii ma i due siciliani che vollero andarci lo fecero a loro spese e furono ospitati dal padiglione degli Stati Pontifici. Ma poi, terzo paese? Chi avrebbe scavalcato, gli Stati Uniti, l’Impero austriaco, il Belgio, i paesi tedeschi?
    4. I Borbone risparmiavano la vita dei dissidenti politici? Dunque fu Cavour a fare ghigliottinare Salvatore Meccio il 18 settembre 1821, a far fucilare Domenico Di Marco e dieci dei suoi compagni il 26 ottobre 1831 o Niccolò Garzilli il 28 gennaio 1850? Ma avete mai letto il decreto del principe di Satriano del 16 giugno 1849?
    Credo che possa bastare. E ora tranquilli, da questo momento non vi disturberò davvero più. Non ne vale proprio la pena.

    • Augusto Martinelli Ottimo intervento e oculate precisazioni. Come ho scritto altrove, questo articolo sembra scritto da uno di quegli autori napoletani ca ni inchiunu a testa di propaganda e retorica "Neoborbonica" "DuoSiciliana". Pura agiografia ed esaltazione Borbonica. Spero solo che dietro il suo lucido intervento, però, non si nasconda, di contro, una vena di esaltazione risorgimentale e quindi pro-Savoia.

  • Ma che ci fa questo articolo di fanatica esaltazione del Regno delle Due Sicilie in un sito di indipendentisti siciliani? Ma l'autore dell'articolo lo sa che quello'obbrobbrio storico chiamato Regno delle Due Sicilie è stata la tomba del nostro glorioso e secolare Regno di Sicilia, della nostra terra e dell'intero popolo siciliano? Ma l'autore dell'articolo lo sa che Ferdinando III di Sicilia per diventare Ferdinando I delle Due Sicilie nel 1816 in un sol colpo cancellò per sempre (o quasi) il nostro regno, il nostro pluri-secolare parlamento e la nostra costituzione del 1812? Ma l'autore dell'articolo lo sa che nel Regno delle Due Sicilie la Sicilia diventò la colonia più pregiata di Napoli con il re Borbone che ci sfruttava a più non posso? Ma l'autore dell'articolo lo sa che nel 1837 quando ci fu la cosiddetta "Rivolta del colera" in Sicilia (soprattutto a Catania e Siracusa) il re Borbone Ferdinando II pronunciò la celebre frase "I Siciliani devono imparare una sola cosa: ubbidire!"
    Questo articolo senbra scritto da uno di quei "Neoborbonici" "DuoSiciliani" che si affannano a cercare di convincere i Siciliani dell'opportunità di ricostituire uno stato delle Due Sicilie.
    Ma che vada a quel paese (ppi non diri n'auttra cosa) il re Borbone, il Regno delle Due Sicilie, e tutti coloro che ne auspicano la resurrezione.
    VIVA LA SICILIA INDIPENDENTE, separata e ppi cunto so!
    ANTUDO!

  • - Chiusura delle scuole.
    In effetti le scuole nelle ex Due Sicilie non furono chiuse per decreto o per legge; però lo furono di fatto, in quanto le spese necessarie per il loro funzionamento e gestione furono poste a carico dei Comuni i quali, non essendo nelle condizioni economiche di gestirle, non poterono di fatto aprirle. E questo nella stragrande maggioranza dei Comuni. Casi sporadici, ovviamente, non possono fare e non fanno testo. La realtà dei fatti è che nella maggior parte dei Comuni meridionali non vi erano scuole funzionanti e questo per parecchi anni.
    - Esecuzioni capitali
    Per avere una idea chiara e precisa sul numero delle escuzioni capitali nel Regno delle Due Sicilie rispetto a quelle eseguite negli altri stati, basta fare una semplice ricerca bibliografica. Si scoprirà allora che il numero di tali esecuzioni, specie se paragonato a quello degli altri stati, (ma anche in valore assoluto), era di molto inferiore e comunque ridotto ai casi più eclatanti. E' noto poi, a chi approfondisce, come entrambe le mogli di Ferdinando II, ad esempio, intercedessero continuamente e con successo presso il sovrano al fine di commutare le già poche pene capitali in anni di detenzione, salvando così la vita di molti pregiudicati.
    Che nel rivisitare fatti storici del nostro passato possano esserci delle imprecisioni o anche degli degli errori è plausibile ed anche normale; ma ciò non cambia la sostanza della questione: le Due Sicilie erano un regno libero, pacifico, sovrano ed avviato verso un sano progresso tecnologico, umano e sociale.
    Quello che è diventato lo stato italico oggi grazie ai "fratelli" (in tutti i sensi...), è sotto gli occhi di tutti.
    Agli amici Sicilianisti mi permetto di evidenziare solo una cosa: al di là delle diverse interpretazioni storiche, il pianificato e voluto "Divide et impera" fa solo l'interesse dei nostri comuni nemici.

    • Giovanni Maduli nella sua descrizione del Regno delle Due Sicilie "libero, pacifico, sovrano, avviato verso un sano progresso tecnologico, umano e sociale", manca il dato più importante, cioè che il Regno delle Due Sicilie fu fondato col sangue dei Siciliani. Trovo assolutamente assurdo che si esalti un'entità statale che ha vessato e umiliato i Siciliani così profondamente proprio in un sito che promuove il Sicilianismo e l'indipendentismo siciliano. Questo tipo di argomentazione così a favore del Regno delle Due Sicilie appartiene più a un sito "NeoBorbonico" "DuoSiciliano" piuttosto che a un sito indipendentista siciliano. Sia lei caro signor Maduli (che tra l'altro neanche so se lei sia Siciliano o Napoletano) che soprattutto il signor Busalacchi (il quale in questo sito si propone addirittura come candidato indipendentista alla presidenza dell'Assemblea Regionale Siciliana) o non sapete la storia, soprattutto la storia nostra, quella della Sicilia e del popolo siciliano, oppure la ignorate e la manipolate rendendo in ogni caso un disservizio ai destinatari di tali informazioni. Sia nell'uno che nell'altro caso si fa solo un danno alla causa che si propugna in questo sito, o quanto meno alla causa che credo questo sito voglia sostenere,cioè l'indipendenza della Sicilia dall'Italia. Come ho già scritto altrove in un altro articolo su questo sito, se si vuole denigrare il Risorgimento, l'unità d'Italia, e tutte le porcherie che sono state fatte a danno della Sicilia a partire dal 1860, è assolutamente controproducente esaltare il Regno delle Due Sicilie e i Borbone i quali annientarono lo stato di Sicilia (Regno di Sicilia), vale a dire la vera patria dei Siciliani, oltre al parlamento siciliano e alla costituzione siciliana. Quello, il Regno di Sicilia, era veramente uno stato libero, pacifico e avanzato. Gia a partire dal lontano 1812 avevamo una costituzione, cosa che nell'Europa mediterranea quasiasi altro popolo poteva solo sognare di avere. Se da un lato si maledicono i Piemontesi e i Saboia per aver ridotto la Sicilia a colonia dell'Italia, dall'altro lato non si possono santificare i Borbone che di fatto ridussero la Sicilia allo stato colonia di Napoli. Consiglio al signor Busalacchi, se vuole seriamente perseverare con la sua candidatura alla presidenza dell'ARS, di fare sparire dal suo sito qualsiasi articolo che elogi ed encomi i Borbone ed il Regno delle Due Sicilie, e di esaltare invece i grandi eroi della Rivoluzione Siciliana del 1848-49 (non tutti però, perché alla fine poi ci furono diversi traditori, Francesco Crispi per primo), e soprattutto il nostro grande e glorioso Regno di Sicilia esistito per 745 anni, dal 1071 al 1816. Invece di celebrare personaggi quali il "Re Bomba" (il quale tra l'altro, caro Busalacchi, non ha semplicemente "accennato a bombardare la città di Messina", bensì la ridusse ad un cumulo di macerie con ben sette mesi di bombardamenti dalla fortezza della cittadella di Messina) perché non esalta invece un grande leader siciliano come Ruggero Settimo (al quale, se i nostri conterranei di allora avessero dato ascolto, ci saremmo ritrovati con una Repubblica di Sicilia, indipendente e sovrana, già a partire dal 1848)? Si vuole far capire che i Saboia e il re "Gentiluomo" erano invece dei gran bastardi? Benissimo, ma gran bastardi lo erano anche i Borbone e i "DuoSiciliani" (tra l'atro "DuoSiciliani" è solo un neologismo inventato dai "Neoborbonici". Gli abitanti del Regno delle Due Sicilie non si chiamavano in quel modo).
      Fuori dalla Sicilia gli Italiani, ma fuori anche i Napoletani. Noi Siciliani non abbiamo né fratelli né fratellastri, e mancu cucini e cucinazzi.
      La Sicilia ai Siciliani!
      ANTUDO!

      • Egregio sig. Davide, per brevità le risponderò per punti.
        .1) Non mi risulta che la nascita del Regno della Due Sicilie sia avvenuta “sul sangue dei Siciliani”. Se ha fonti al riguardo le sarei grato se volesse fornirle. Ovviamente fatta esclusione per coloro che, fomentati e manipolati da massoni e nobilotti di turno come storicamente ormai documentato, attentavano di continuo alla stabilità del Regno.
        .2) “Trovo assolutamente assurdo che si esalti un’entità statale che ha vessato e umiliato i Siciliani così profondamente proprio in un sito che promuove il Sicilianismo e l’indipendentismo siciliano.”. Vede sig. Davide, ci sono persone che, a seguito di seria e approfondita documentazione sul campo, sono pervenute alla conclusione che se pure vi possano essere state, (ma sarebbero da dimostrare), eventuali umiliazioni da parte dell’allora casa regnante nei confronti del popolo, d’altro canto vi sono stati tali e tanti interventi volti al miglioramento delle condizioni del popolo Siciliano da annullare quelle eventuali, da lei presunte, umiliazioni. E questo in campo economico, sociale, culturale, tecnologico, economico e quant’altro; basta approfondire e non lasciarsi intrappolare da voluti luoghi comuni (ma ci vuole tempo e pazienza). A prescindere dai numerosi e autorevoli storici, anche di respiro internazionale, che concordano con le tesi esposte nel presente articolo, la invito a verificare almeno quanto scritto sull’argomento dal fu Francesco Renda, Siciliano, Professore Emerito di Storia Moderna presso l’Università di Palermo; di sinistra e quindi non sospettabile simpatie borboniche e o monarchiche. Se quindi un sito come i Nuovi Vespri, espressamente sicilianista, riconosce determinati meriti di un regno, ciò va solamente a suo onore e non certo a discapito. E’ semplicemente una chiara e lodevole dimostrazione di apertura mentale e onestà intellettuale. Si può essere sicilianisti senza per questo rinnegare certe verità storiche documentate. Non sono pochi i sicilianisti, anche estremamente autorevoli, che riconoscono e confermano quanto descritto dall’articolo pubblicato.
        .3) Visto che se lo è chiesto, le partecipo che sono Siciliano e Palermitano da innumerevoli generazioni.
        .4) Mi scusi sig. Davide, ma mi permetto un modesto suggerimento: quando si parla con chi non si consce, sarebbe meglio evitare frasi del tipo: “…non sapete la storia, soprattutto la storia nostra, quella della Sicilia e del popolo siciliano…”. Sarebbe meglio evitare per il semplice fatto che il nostro interlocutore potrebbe, chissà, conoscere la storia abbastanza bene e magari meglio di noi. Magari ha passato ore ed ore negli archivi a cercare documenti inediti; a cercare conferme e prove documentali; ad approfondire e confrontare tesi diverse, magari sulla base di documenti della “controparte” e tanto, tanto altro. Usare certe frasi potrebbe farci passare per saccenti.
        .5) …i Borbone i quali annientarono lo stato di Sicilia (Regno di Sicilia)…”. Non vi fu nessun annullamento dello stato di Sicilia o meglio, del Regno di Sicilia, come giustamente precisa. Il Regno di Sicilia, per la maggior parte della sua storia, ha avuto una estensione che andava dall’Abruzzo alla Sicilia. Oltre al cambiamento del nome (prima era Regno di Sicilia Citra Faro e Regno di Sicilia Ultra Faro), nel 1816 è stata modificata la giurisdizione amministrativa (sulle cause che determinarono tale modifica sarebbe opportuno che facesse delle approfondite ricerche; in questa sede sarebbe troppo lungo e complicato elencarle).
        .6) “Consiglio… di esaltare invece i grandi eroi della Rivoluzione Siciliana del 1848-49…”. Sappia, sig. Davide, che quelle “rivoluzioni”, che secondo lei dovrebbero essere esaltate, furono propugnate, fomentate e provocate dalla massoneria e dalla nobiltà isolana aizzando il popolo contro la casa regnante. Provi a verificare.
        .7) “Il Re Bomba…“non ha accennato a bombardare la città di Messina”, bensì la ridusse ad un cumulo di macerie con ben sette mesi di bombardamenti”. Anche in questo caso le suggerisco di approfondire. A prescindere dal fatto che non si trattò di “proditorio bombardamento” come qualcuno vuol far credere, ma di azione di guerra, le preciso che era in corso, sobillata come detto da massoneria e nobiltà, una poderosa ribellione (una vera e propria guerra) iniziata ed avviata proprio dai ribelli nei confronti delle truppe di stanza alla Cittadella. In rete si trovano addirittura le trascrizioni dei diari dei soldati che parteciparono a quella battaglia, con la descrizione esatta di cosa avvenne: basta cercarle. L’appellativo di “Re Bomba” a Ferdinando II non è dovuto a quell’evento come molti pensano, ma al “simbolico” bombardamento di Palermo. Il perché dell’aggettivo simbolico lo scoprirà approfondendo le ricerche, e soprattutto le modalità, sul quel fatidico e quasi inesistente bombardamento di Palermo (prima del “bombardamento” tutta la città fu fatta evacuare e i cittadini portati al riparo al piano del Palazzo Reale. Il “bombardamento”, meno di una decina di colpi – esistono i diari del comandante – fu fatto su una città deserta a scopo solamente intimidatorio).
        .8) Su Ruggero Settimo e i suoi continui voltafaccia fra l’indipendentismo siciliano e l’unitarismo savoiardo, potrà fare le sue ricerche. In rete esistono le trascrizioni degli scambi epistolari fra R. Settimo, Cavour e V.Emanuele.
        Infine un’ultima considerazione che ho già esposto nel mio intervento precedente, che credo dovrebbe interessarci più di ogni altra cosa: al di là delle diverse interpretazioni storiche, il pianificato e voluto “Divide et impera” fa solo l’interesse dei nostri comuni nemici; BCE; Commissione Trilaterale, Bilderberg, oligarchie finanziarie in testa. Le divisioni e gli isolazionismi non ci porteranno da nessuna parte.
        Cordialità e sinceri auguri di Buon Natale che estendo a tutta la Redazione de “I Nuovi Vespri”.

        • P.S.: 8) Sulla Costituzione Siciliana del 1812 da lei, come da molti altri, tanto osannata, riporto (solamente) quattro pareri di studiosi del tema:
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          Ma se con l’approvazione di queste misure il Parlamento si mostra sensibile ai segni del cambiamento, non altrettanto può dirsi per le deliberazioni parlamentari, espressione di privilegi del baronaggio come l’abolizione del fedecommesso ereditario e degli usi civici sulle terre baronali con pesanti ripercussioni sulla classe contadina.

          Ma quello stesso Parlamento che discusse e mise a punto la Costituzione del ’12 era espressione, non della nascente classe borghese, ma di una classe in declino, quella dell’aristocrazia baronale che usò a proprio vantaggio anche il vessillo delle rivendicazioni nazionaliste pur di preservare i propri privilegi.

          Venivano meno anche i vincoli feudali però, come alcuni misero in evidenza, ciò non fu segno di ammodernamento, ma un modo per avvantaggiare i signori feudali non più sottoposti a vincoli, e per sfavorire i soggetti più deboli che ne uscirono ancor più impoveriti perché privati di alcuni diritti di cui avevano goduto fino a quel momento.
          – Antonella Sciortino, contributo in Costituzione del Regno di Sicilia, Edizioni Lussografica, pag. 9, 11, 12. (Professore ordinario di Diritto Costituzionale all’Università degli studi di Palermo).
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          Sul fondo permaneva senza veli, l’aspirazione dell’Inghilterra ad annettersi l’isola.

          Tale spirito, in Sicilia, animò il 1848 ed il suo Parlamento ma è indicativo il fatto che molti dei protagonisti del 1812 e del 1848 divenissero i primi fautori dell’unità italiana con, in qualche caso, forti venature autonomistiche e federalistiche capaci di cambiare tracciato e identità, tranne qualche caso isolato come quello rappresentato da Vincenzo Mortillaro di Villarena che, dopo il 1860, pur pienamente sicilianista, sosterrà sempre più convintamente la causa della restaurazione borbonica anche in Sicilia, sia dal punto di vista teorico con numerosi volumi sia da un punto di vista dell’azione e fino all’incarcerazione per un anno (1866).

          Il Presidente della Camera dei Comuni verrà eletto a scrutinio segreto e potrà essere sfiduciato solo dai membri della Camera stessa (Cap. XIV,3).
          Inoltre viene stabilita l’intangibilità dei membri delle due Camere e il non dovere sottostare, per libertà di mandato, ad alcun Giudice o Magistrato, dovendosi procedere eventualmente contro uno o più membri del Parlamento solo da parte dei Deputati e Pari riunito a sanzionare le varie misure.

          Tuttavia, e anche questo va evidenziato, nel Capitolo XXII si stabilisce altro importantissimo aspetto riguardo alla libertà dal basso: “Ogni cittadino siciliano, che non fosse membro del Parlamento, potrà avanzare una sua domanda, querela o progetto di legge per lui o in nome del pubblico al parlamento per mezzo però di un membro del medesimo”.
          – Tommaso Romano, contributo in Costituzione del Regno di Sicilia, Edizioni Lussografica, pag. 15, 16, 19.
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          Il 10 agosto 1812, duecento anni fa, il luogotenente del Regno di Sicilia, Francesco di Borbone, firmò la Costituzione che il Parlamento siciliano aveva approvato a conclusione di un lungo braccio di ferro fra la monarchia borbonica che intendeva affermare anche in Sicilia la propria sovranità e i baroni siciliani che non intendevano rinunciare ai propri privilegi. La nuova Costituzione, il cui impianto risentiva dell’esperienza inglese, sanciva la fine della feudalità, allargava la base del potere ma, a nostro avviso, non determinava un reale mutamento nei rapporti economico – sociali dell’isola. Il processo feudale si trasformò infatti in proprietà latifondista e i baroni, per di più, aggiunsero una nuova legittimazione di diritto a quella fondata sulla consuetudine e, soprattutto, vennero riconosciuti nell’antica pretesa di essere l’incarnazione stessa della nazione siciliana.

          Ma pur nutrendosi di quelle idee “nuove”, lo stesso testo costituzionale non si astenne dal manifestare la sua impronta politica di stampo conservatore, cioè di essere l’espressione del sistema di potere che in Sicilia … da almeno cinque secoli non aveva subito mutamenti.

          L’idea di nazione cui fanno riferimento i Siciliani, è infatti lontana da quella intesa come corpo unitario di cittadini – anima e principio spirituale di un popolo scriveva Ernest Renan – che trascende la volontà individuale e delega l’Assemblea dei rappresentanti, il Parlamento, ad esercitare il potere legislativo, così come la immaginava, ad esempio, J.J.Rousseau nel suo Contratto sociale, ed invece si poteva compendiare in quella che, criticando la Costituzione “come ogni altra semente fuor di sua regione e per ciò stesso fatalmente destinata a far mala prova”, aveva elaborato il filosofo Tommaso Natale, nel suo Memoriale intorno alla nuova costituzione del 1812. In poche parole per nazione siciliana veniva inteso lo stesso baronaggio. Dunque, quella Costituzione, pur con le sue innovazioni, in talune parti perfino provocatorie, voleva e doveva essere l’affermazione, il consolidamento e la legittimazione dell’unica classe interprete dello spirito comunitario siciliano, della nazione siciliana, cioè la classe baronale.
          – Pasquale Hamel, in Costituzione del Regno di Sicilia, Edizioni Lussografica, pag. 23, 24, 25, 26.
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          Significativo, a questo proposito, è un intelligente resoconto che il 26 agosto del 1812 il corrispondente del Morning Cronicle, l’intellettuale scozzese Francis Leckie pubblicò sul suo quotidiano. Liquidando gli avvenimenti siciliani come una farsa, egli evidenziò il ruolo perverso del baronaggio che, dietro la copertura fornitagli dall’adozione per sommi capi del modello inglese, si ripropose, senza mezzi termini come classe dirigente e classe di riferimento esclusiva ribadendo il modello di potere storicamente presente nell’isola. Quanto scriveva Leckie l’aveva già stigmatizzato lo stesso Luigi de’ Medici nel suo diario dove, alla data 22 dicembre 1811, fra l’altro, si può leggere: “… veramente tutt’i baroni che di libertà e costituzione parlano da sera a mattina, sapete voi cosa celano queste sante parole? Non contribuire ai pesi pubblici; conservarsi nel possesso dei diritti angarici usurpati… far cadere le imposizioni sulle spalle de’ poveri…”
          Riprendo, a questo proposito, un eloquente brano dal volume di Cettina Laudani dove la studiosa scrive: ”…il baronaggio, nonostante le apparenze uscì rafforzato nel suo potere economico e politico, a scapito della monarchia e di quell’embrione di classe media, la quale trovava nella permanenza della struttura politica feudale un’insormontabile barriera che soffocava di fatto le aspirazioni per un inserimento nell’apparato politico”. Coglie l’autrice, in questo scritto, anche un elemento spesso sottovalutato, quello relativo alla posizione della borghesia delle professioni e della borghesia finanziaria, si tratta di poco meno che usurai – il ricordo va alla stupenda pagina del gattopardo con la descrizione dell’ascesa fisica ma soprattutto politica di don Calogero Sedara, intelligente è il soffermarsi dell’autore sul simbolismo del frac di cattiva fattura, fra coloro che avevano fino ad allora detenuto il potere in esclusiva in Sicilia – la quale, piuttosto che affermare un’autonomia di classe, aspira ad essere accolta, il termine corretto sarebbe “cooptata”, fra coloro che incarnano la nazione siciliana assumendone, a rischio di degradarli e ridicolizzarli come appunto fa il Seadara del Lampedusa, le liturgie e gli stili di vita.
          In questo senso, proprio la Costituzione consentì, a nostro avviso, il realizzarsi di quella che indichiamo come forma deviata mobilità sociale, un falso cambiamento, che ha avuto in Sicilia un significativo precedente storico nelle rivolte palermitane che insanguinarono i primi anni del cinquecento, rivolte conclusesi con la sussunzione del ceto dei mercanti nella cerchia dei titoli del Regno.
          Se è vero, dunque, che la Costituzione accolse molte novità del costituzionalismo della fine del settecento, è però opportuno sottolineare che la sua peculiarità consistette nel mantenere intatto il vantaggio dell’aristocrazia isolana che si vedeva riconoscere, grazie al fatto che sedeva tra i Pari, la rappresentanza politica perpetua, alla quale la concomitante abolizione della feudalità – “che non vi saranno più feudi, recita al punto XI la premessa della Costiruzione, e tutte le terre si possederanno in Sicilia come in allodi, conservando però nelle rispettive famiglie l’ordine di successione che attualmente si gode” – garantiva enormi opportunità con la trasformazione del possesso in piena e “libera” proprietà della terra. In fondo quelli che erano padroni feudali divennero padroni latifondisti senza i problemi, i limiti che il diritto feudale prevedeva al godimento del feudo – bene – ficio, che nello status precedente potevano avere.
          – Pasquale Hamel, in Costituzione del Regno di Sicilia, Edizioni Lussografica, pag. 26, 27.

        • Caro Signor Maduli
          1) quando dico che il Regno delle Due Sicilie fu fondato sul “sangue dei Siciliani”, mi riferisco al fatto che per costituirlo quell’obbrobbrio di regno fu “ammazzata” la vera patria dei Siciliani: il Regno di Sicilia, con il suo parlamento e costituzione, che scomparì per sempre dalle cartine geografiche del mondo (tranne nel 1848-49). Il vero sangue dei Siciliani però cominciò davvero a scorrere a partire dal 1820 (moti del 1820-21) con la prima delle grandi rivolte antiborboniche che animarono l’isola fino al 1860. Per cui con l’espressione “sangue dei Siciliani” mi riferivo alla perdita da parte del nostro popolo dei valori più alti e significativi che un popolo possa avere: la propria nazione, la propria patria e le proprie istituzioni (parlamento e costituzione).
          2) Per quanto concerne le vessazioni dei Napoletani verso i Siciliani basta leggere cosa disse Ferdinando II al tempo della “rivolta del colera” in Sicilia del 1837: “:La prima cosa a cui bisogna abituare la Sicilia è di obbedire” Cit. “L’unificazione italiana: Mezzogiorno, rivoluzione, Guerra civile” di Salvatore Lupo, pag. 33. La ringrazio del suggerimento riguardo al professor Renda. Non lo conosco, ma quando avrò un po’ di tempo lo leggerò.
          3) Mi fa piacere che lei sia Palermitano. Io sono Catanese, anche se purtroppo vivo all’estero da anni. Tra fratelli siciliani ci si capisce meglio.
          4) Mi scuso se sono passato per saccente. Il fatto è che io, emigrato all’estero a causa della mafia e della mancanza di opportunità nella mia terra, mi infervisco quando si parla di Sicilia e indipendentismo, soprattutto perché credo davvero che la Sicilia indipendente possa passarsela molto ma molto meglio per conto suo, piuttosto che legata all’Italia. Mi fa piacere che lei è una persona che studia e ricerca tanto, però anche io ormai studio e leggo sul Risorgimento e sulla storia della Sicilia da anni.
          5) Il Regno di Sicilia di cui parla lei, quello che si estendeva dalla Sicilia all’Abruzzo, esistette dal 1130 al 1302, cioè dalla fondazione del regno da parte dei Normanni, con capitale Palermo, fino alla divisione del regno in due entità statali distinte e separate: Regno di Sicilia, costituito dalla sola isola di Sicilia, con un re aragonese sul trono e con capitale sempre Palermo , e il Regno di Napoli, comprendente l’Italia meridionale dalla Calabria fino all’Abruzzo, in mano agli Angioini e con capitale Napoli. I due regni si ritrovarono sotto lo stesso re, il re Carlo di Borbone, solamente nel 1735 quando appunto il suddetto re conquistò i due regni a distanza di un anno l’uno dall’altro. Si badi bene però che i due regni erano distinti e separati, ed il re Borbone li teneva in base alla cosiddetta “unione personale”. Le leggi per il Regno di Sicilia le emanava il parlamento siciliano, e tali leggi erano legittime e sovrane, ed erano riconosciute anche dalle potenze straniere di allora. Nel 1816 Ferdinando III di Sicilia, con la “Legge fondamentale del Regno delle Due Sicilie” illegittimamente e illegalmente accorporò il Regno di Sicilia al Regno di Napoli per creare il Regno delle Due Sicilie. Solamente il parlamento siciliano poteva prendere una tale decisione di praticamente annullare il proprio regno, e rendere, di fatto, la Sicilia una colonia di Napoli. Tutti i re che si sono succeduti sul trono di Sicilia, a partire da Ruggero il Normanno fino allo stesso Carlo di Borbone giurarono formalmente di rispettare il parlamento siciliano. Anche lo stesso Ferdinando III di Sicilia giurò fedeltà al parlamento siciliano attraverso il vicerè Fogliani (quando salì al trono Ferdinando III aveva solo 9 anni). Può leggere il libro di Carlo Calisse “Storia del parlamento in Sicilia dalla fondazione alla caduta della monarchia” da pagina 152 a pagina 158. C’è scritto tutto sul giuramento del re del Regno di Sicilia al parlamento siciliano, come si faceva, come si dava e come si osservava.
          6) Le rivoluzioni siciliane furono fomentate da nobili e massoni? Furono fomentate da Siciliani, così come lo fu la rivoluzione del Vespro, per ristabilire la patria e lo stato siciliano, e a me, indipendentista siciliano a oltranza, questo fatto basta e avanza. Io poi con i massoni non ho proprio alcun problema.
          7) Il dibattito sull’origine del nomignolo “Re bomba” per Ferdinando II è acceso. Ci sono storiografi che dicono che gli fu dato a causa della scaramuccia di Palermo del 15 gennaio 1848, altri che dicono che se lo procurò con il bombardamento di Messina che durò diversi mesi e che culminò con il bombardamento a tappeto del settembre 1848. Si trattava di un atto di guerra? Sì contro truppe d’invasione quali erano i soldati del Regno delle Due Sicilie di stanza in Sicilia. Ricordiamoci dei “camiciotti” che preferirono gettarsi nel pozzo del convento della Maddalena piuttosto che cadere vivi nelle mani borboniche.
          8) Ruggero Settimo tenne una corrispondenza con i Piemontesi? Stiamo parlando del telegramma di rifiuto della carica di presidente del Senato del parlamento italiano inviata da Malta a Torino il 28 febbraio 1861?
          9) La costituzione siciliana del 1812 era uno statuto grezzo che garantiva sì per la maggior parte i diritti e i privilegi della classe baronale, ma era pur sempre un’istituzione che altri stati dell’Europa di allora potevano solo sognarsi, uno statuto che nel tempo avrebbe potuto evolversi in modo da estendere diritti e privilegi anche al resto del popolo, e in ogni caso era una costituzione siciliana (anche se gli Inglesi ci aiutarono moltissimo a conseguirla). In ogni caso sempre meglio quel primo abbozzo di costituzione piuttosto che l’assolutismo dispotico dei Borbone. Del resto siamo franchi: Ferdinando III di Sicilia odiava il parlamento siciliano. Quando dovette riparare in Sicilia sia nel 1798 che nel 1806 a causa delle invasion francesi del Regno di Napoli, si ritrovò a dover dare conto e soddisfazione al parlamento siciliano, lui che era abituato a spadroneggiare in lungo e in largo a Napoli. La motivazione ufficiale dietro la creazione del Regno delle Due Sicilie fu quella di uniformare i due regni (quelli di Sicilia, parlamentare costituzionale, e di Napoli, assolutista totalitario) ad un’unica forma di governo. Ferdinando III creò il Regno delle Due Sicilie come unico stato monarchico assolutista, cioè uniformando la Sicilia alla forma di governo del Regno di Napoli. Se lo scopo di creare un nuovo unico regno era solo quello di uniformare i due regni precedenti, avrebbe potuto crearlo in maniera opposta, uniformando il Regno di Napoli alla forma di governo della Sicilia, stabilendo quindi il Regno delle Due Sicilie come una monarchia parlamentare costituzionale, ma non lo fece per la sua avversione contro ogni forma di parlamento e il suo avvezzo verso il dispotismo. Avrebbe potuto anche lasciare le cose come stavano a prima delle invasioni napoleoniche, con i due regni separati e la Sicilia con il suo bel parlamento, ma ovviamente il re nasone e lazzarone peccava un tantino di lungimiranza. Fu proprio nel momento della creazione del Regno delle Due Sicilie che iniziarono tutti i guai per tutti noi del sud. Il Regno delle Due Sicilie fu la tomba prima della Sicilia, e poi di tutto il meridione d'Italia.

          Caro signor Maduli le auguro un felice Natale a lei e alla redazione dei Nuovi Vespri.

          ANTUDO!

          • Correggo quanto ho scritto sopra: con l'istituzione del Regno delle Due Sicilie, i Sicilani non persero la propria nazione, bensì il proprio stato il Regno di Sicilia. Il popolo siciliano è sempre stato una nazione, lo è tuttora, anche in assenza di un proprio stato.

            Caro signor Maduli, quando lei evoca Filippo il Macedone con il suo "Divide et impera" con me lei sfonda una porta aperta. Io mi arrabbio tantissimo quando leggo degli scontri e divergenze tra Palermitani, Catanesi, Siracusani, Messinesi, eccetera. Per me sono/siamo tutti fratelli Siciliani, e se tutti fossimo uniti tra di noi, sarebbe molto ma molto meglio per la nostra isola e per il nostro popolo.

          • Gentile sig. Davide, sono sinceramente lieto che anche lei sia appassionato della Nostra storia perché l’interessarsi del passato è indispensabile per capire il presente e progettare il futuro. Purtroppo però, come saprà, spesso la storia è solamente il racconto dei vincitori e quasi mai coincide con la verità; e questo a prescindere dalle considerazioni su cosa possa davvero ritenersi “verità”. E’ evidente che ognuno si convince delle proprie idee in base a ciò che ha letto, spesso anche da fonte autorevole; tuttavia sulle sue considerazioni devo controbattere come segue.
            1) La frase secondo la quale “La prima cosa a cui bisogna abituare i siciliani è di obbedire” era riferita alla nobiltà isolana che vessava in tutti i modi il popolo siciliano e non certo a quest’ultimo. La invito ad approfondire i rapporti fra i Borbone e la nobiltà isolana e fra quelli ed il popolo. Gli scritti del Prof. Renda, ma anche di tanti altri storici, sono in proposito illuminanti.
            2) Non è mai esistito, ufficialmente, un “Regno di Napoli”. Non di rado si ritrova tale definizione anche su documenti ufficiali, ma non esiste un atto di nascita ufficiale e documentato che sancisca la nascita di un tale regno.
            3) Lei dice che Il Vespro fu una rivolta voluta dai siciliani, il che è senz’altro vero; mi permetto però di rammentare a me stesso che uno dei principali protagonisti di quella rivolta fu un certo Giovanni da Procida e che il primo comandante della flotta siciliana, dopo Il Vespro, fu un certo Ruggiero di Lauria. Quanto sopra per evidenziare due cose: la prima, che il Vespro non fu una rivolta solo siciliana ma di tutto il Sud, anche se in Sicilia ebbe le sue vicende più cruente; la seconda che, come la provenienza dei due personaggi appena citati dimostra, la Sicilia era una entità politica assai più estesa dell’attuale Sicilia geografica.
            4) Mi fa piacere che lei non abbia alcun problema con i massoni. Purtroppo le Due Sicilie e la Sicilia ne hanno avuti parecchi. Ed oggi anche tutta l’Italia e l’Europa intera.
            5) Sui “camiciotti” devo evidenziarle che, per come si evince da documenti del tempo, si trattava di detenuti evasi e condannati per atti sovversivi contro lo stato.
            6) Lei scrive che Ferdinando III avrebbe creato un unico Stato, cancellando la Sicilia e creando le Due Sicilie. Ricordo ancora a me stesso che Carlo III divenne re “Utriusque Siciliae”. Quindi nessuna creazione ex novo; semmai la riaffermazione di una antica unità ed entità statuale che risaliva appunto al 1130 ed ancora prima alla Magna Grecia.
            7) Sulla Costituzione Siciliana del 1812, poi in gran parte ripresa nel ’48, le ho riportato il parere di quattro studiosi del tema; poi, ovviamente, ognuno è libero di ritenere quel che vuole. Per intanto la rimando ai seguenti documenti dai quali si evincono le vere mire degli inglesi nei confronti della Sicilia; inglesi che, proprio attraverso quella subdola costituzione, miravano ad “avvicinare” la Sicilia all’Inghilterra. http://www.regnodelleduesicilie.eu/wordpress/wp-content/uploads/2013/07/Sic.-1.jpg
            http://www.regnodelleduesicilie.eu/wordpress/wp-content/uploads/2013/07/Sic.-2.jpg
            http://www.regnodelleduesicilie.eu/wordpress/wp-content/uploads/2013/07/Sic.-3.jpg
            8) Su Ferdinando III (IV), denigrato dalla propaganda divisionista come re “lazzarone”, mi permetto di riportare alcune sue disposizioni legislative pubblicate di recente:
            http://www.regnodelleduesicilie.eu/wordpress/wp-content/uploads/2013/07/Ferdinando-IV-FILEminimizer-1.jpg
            Sinceramente, non mi sembra che un sovrano che dà di queste disposizioni, possa definirsi un “lazzarone”; e consideri che io non sono monarchico.
            Infine, alcune considerazioni.
            Sig. Davide, tutto il popolo cosiddetto “meridionale”, discende in buona parte da un unico ceppo originario risalente a circa il 4000 a.C. (6000 anni fa): i Sekelesh (Siculi), popolo proveniente dalla Persia. La invito a prendere visione dell’immagine, del video e dell’articolo di seguito segnalati.
            (Il Chiento si trova al confine fra l’Abruzzo e le Marche):
            http://www.regnodelleduesicilie.eu/wordpress/wp-content/uploads/2013/07/Caccamo.jpg

            Storia dei Siculi:
            https://www.youtube.com/watch?v=PVeP85x2oNw&t=636s

            La storia genetica degli italiani:
            http://genealogiagenetica.it/storia-genetica-degli-italiani/

            Comprenderà quindi che distinguere in Siciliani (Siculi) di Sicilia (Trinacria), e Siciliani (Siculi) continentali non ha alcun senso. Significa sconfessare i fatti e la storia. Ovviamente fatte salve le successive mescolanze di popolazioni.
            Infine la considerazione che ritengo più importante.
            Ognuno può leggere e interpretare la storia come meglio crede ma, in ogni caso, quando interi popoli, e mi riferisco ai Meridionali continentali ed ai Siciliani di Trinacria, oltre ad avere antiche radici storiche comuni, si trovano accomunati da uguali disastri, uguali, sfruttamenti, uguali traversie, uguali angherie, uguali umiliazioni e quant’altro, che senso e che utilità ha creare divisioni? Non sarebbe opportuno (e forse anche più astuto) cercare alleanze ed amicizie invece di divisioni? Non sarebbe meglio per tutti cercare di fare muro comune contro comuni nemici invece di darci addosso gli uni contro gli altri? Abbiamo bisogno di solidarietà, non di nemici; di quelli ne abbiamo già fin troppi.

      • All'attenzione del signor Davide
        " fu proprio il parlamento siciliano a
        tradire la corona borbonica nel 1948
        il presidente del parlamento era
        Ruggero Settimo, ex ammiraglio della
        Armata di Mare del Regno, fu proprio
        il tramite, il collegamento con la
        massoneria italica e inglese ad aizzare
        la rivolta della fera vecchia a Palermo!
        Grazie ai corrotti baroni dell'epoca,
        aveva già preso accordi con la masso-
        neria italica per provocare una
        sommossa, attenzione, quella non fu
        una rivolta indipendentista, lo prova
        il fatto e ci sono le prove documentali
        che durante i moti, il parlamento (cosa
        che per statuto non poteva fare)
        dichiarò decaduto Ferdinando secondo
        di Borbone (palermitano peraltro ) e
        offriva tacitamente la corona della
        Sicilia, al Duca Carlo Alberto di Savoia
        questi però rifiutò...allora la domanda
        nasce spontanea, ma i rivoltosi voleva-
        no l'indipendenza della Sicilia o solo
        cambiare corona?

        • Salvatore
          durante la grande "Rivoluzione Siciliana del 1848-49" in seno ai rivoluzionari siciliani c'erano monarchici, repubblicani, liberali, moderati, clericali, massoni e chi più ne ha più ne metta. Il leader più importante della rivoluzione, Ruggero Settimo, voleva l'istituzione della Repubblica di Sicilia, e magari gli avessero dato ascolto. Alla fine la spuntarono i monarchici con Vincenzo Fardella di Torrearsa quale loro esponente di spicco, i quali ripristinarono l'antico stato del "Regno di Sicilia". A causa del fatto che la Sicilia non ha mai avuto un suo proprio casato reale, i Siciliani offrirono la corona del loro regno al duca piemontese Ferdinando Albero Amedeo di Savoia, il quale, come ha detto lei, la rifiutò. Quindi alla sua domanda: i Siciliani volevano l'indipendenza o solo un altro re? io rispondo che i Siciliani volevano sia l'uno che l'altro. Volevano nuovamente il loro stato, il Regno di Sicilia, con un re diverso da quello Borbone che per oltre 30 li aveva vessati e ridotti a stato di colonia.

        • Salvatore
          il parlamento siciliano per statuto non poteva dichiarare decaduto il re borbone? Di quale statuto stiamo parlando? Della "legge fondamentale del Regno delle Due Sicilie"? Cioè di quella legge che i Siciliani non hanno mai riconosciuto, e di quello stato che non sarebbe mai dovuto esistere? Semmai il re Borbone Ferninando III di Sicilia non aveva il diritto di cancellare il nostro Regno di Sicilia unilateralmete come lui fece. Solo il parlamento siciliano poteva decidere se il Regno di Sicilia poteva essere cancellato e la Sicilia entrare a fare parte di una nuova entità statale.
          Quindi non fu il parlamento siciliano che tradì la dinastia Borbone, bensì il contrario.

  • Caro signor Maduli
    volevo replicare al suo ultimo commento, ma il sito non mi consente di farlo (l'opzione per replicare non è attivata) per cui devo aprire una nuova sezione separata.
    Gentile signor Maduli, io sono onorato di dialogare con una persona erudita e colta come lei il quale ovviamente studia e legge tanto sulla storia della nostra terra e del nostro popolo. Anche io ritengo assolutamente indispensabile studiare il passato per capire chi siamo e verso quale futuro siamo proiettati. Concordo anche sul fatto che la storia la scrivono sempre i vincitori, e che raramente si dispone di una versione dei fatti reale, o quanto meno più vicina possibile alla verità. Concordo anche sul fatto che possibilmente , anzi probabilmente, sia io che lei leggiamo le stesse cose, ma interpretiamo i fatti in modo diverso, coerentemente con il nostro proprio modo di pensare, il proprio vissuto personale, e le proprie aspirazioni future.
    Molto spesso io mi ritrovo in rete a dialogare con i cosiddetti “neoborbonici” “duosiciliani”, la maggior parte di loro Napoletani di Napoli, o Campani di Terra di Lavoro. Con tali neoborbonici io spesso disquisisco e inevitabilmente finisco quasi sempre per battibeccare, soprattutto quando invocano il ripristino del Regno delle Due Sicilie, con a capo l’erede dei Borbone, tale Carlo Maria Bernardo Gennaro di Borbone-Due Sicilie, con capitale ovviamente Napoli, e con la Sicilia attaccata al rimorchio al loro regno, perché, come dicono loro, la Sicilia è “cosa nostra” (“cosa nostra” intesa come terra di appartenenza al loro stato, non come mafia). A me sembra, in base a quanto leggo, che anche lei desidererebbe il ripristino di uno stato “duosiciliano”, o come vogliamo chiamarlo, che si estenderebbe dalla Sicilia al confine del Tronto, in pratica i confini del vecchio Regno delle Due Sicilie, piuttosto che la creazione di uno stato di Sicilia (inteso come isola di Sicilia vera e propria, che è in pratica ciò a cui auspico io). Mi pare di capire che lei considera “Siciliani” tutti gli abitanti delle terre del suddetto ex regno (in base a DNA, storia, cultura, tradizioni, ecc.), e che sarebbe controproducente “isolarci” in un nostro proprio stato (stato di Sicilia, inteso, lo dico di nuovo, come isola di Sicilia vera e propria) piuttosto che congregarci con i nostri “fratelli” Siciliani del continente.
    Mi permetta un paio di considerazioni, la prima delle quali riguardo al comune DNA con i “fratelli’ del continente:
    Premetto che il video che lei mi ha indicato lo avevo già visto parecchio tempo fa, anzi gliene segnalo uno dello stesso autore (in pratica una versione allungata del video che lei mi ha proposto) dove in basso troverà anche un mio commento vecchio di più di un anno.

    https://www.youtube.com/watch?v=lKFYS22ty1w

    La mia considerazione è che anche se molti millenni fa noi tutti abitanti della Sicilia e del meridione d’Italia abbiamo avuto un lontano antenato comune, non per questo io ritengo un odierno Foggiano, un Teramano, o un Ciociaro un mio “fratello” siciliano, anzi, per riprendere un suo concetto, un “fratello” Sekelesh. Né tanto meno penso che si possa andare a San Benedetto del Tronto a convincere la popolazione locale che tutti loro sono Siciliani. Se è vero che i Siculi provenivano tutti da un’unica antica stirpe, e che si sono poi stabiliti nell’Italia centro meridionale e in Sicilia, troppe cose sono poi successe, troppa storia è passata da quei lontani millenni fino al momento in cui tutti gli abitanti di queste terre si sono ritrovati insieme nel 1130 sotto l’egemonia normanna nel neonato Regno di Sicilia ed hanno ricominciato a condividire storia, disgrazie e traversie. Lei ha menzionato la mescolanza di popolazioni che si sono avvicendate nel sud Italia e in Sicilia nel corso dei secoli, fatto che è assolutamente vero (pensi a quanto sono diverso io con la mia pelle bianchissima, occhi azzurri e capelli castani chiari, rispetto ad alcuni amici miei Catanesi che vengono salutati in Arabo dai musulmani di stanza in Sicilia che li scambiano per loro compaesani), fatto che mi porta a concepire il concetto di chi sia Siciliano in modo molto più restrittivo rispetto al suo. I Sekelesh non esistono più ormai da millenni, per cui, secondo me, non si può invocare una così lontana appartenenza a un antenato comune per giustificare la creazione di uno stato suppostamente “pansiciliano” o “pansekelesh”. Abbiamo condiviso il medesimo stato, uno stato meridionale, con i “siciliani” del meridione nel recente passato? Appena 216 anni (172 anni dal 1130 al 1302, e altri 44 anni dal 1816 al 1860) quasi la stessa durata di tempo che abbiamo trascorso con le medesime popolazioni, insieme anche ad altre, specificamente tosco-padane, nel più recente passato e nel presente, nello stato italiano.
    Per cui, e qui affermo la mia seconda considerazione, se noi Siciliani dell’isola di Sicilia dobbiamo condividere uno stato con altre popolazioni, tanto vale lasciare le cose come stanno, rimaniamo con lo stato italiano, cerchiamo di creare una classe politica che faccia veramente l’interesse della popolazione, magari noi Siciliani e meridionali ci facciamo concedere la giornata della memoria per ricordare tutte le vittime siciliane e meridionali del Risorgimento, e andiamo avanti così come siamo. No anche perché non è che la via del separatismo dall’Italia sia poi così facile! L’italia e la mafia ci farebbero la guerra fino alla morte. Io già considero la mia aspirazione di uno stato di Sicilia (inteso sempre come isola di Sicilia) piuttosto utopistico. Quello dei neoborbonici di ripristinare lo stato delle Due Sicilie per me è ancora più utopistico in quanto si tratta di mettere insieme popolazioni diverse, che parlano lingue diverse, e con ognuna delle quali che finirebbe col cercare di soverchiare le altre, una sinergia di fattori che già hanno dimostrato di non poter convivere insieme, vedi tracollo del Regno delle Due Sicilie. No perché tutto si può dire sulla conquista sabauda del Regno delle Due Sicilie (vertici militari corrotti, ingerenza albionica, false promesse e alti tradimenti), ma se quello fosse stato uno stato solido e coeso, col cavolo che i Piemontesi lo avrebbero conquistato.
    Durante il servizio militare che ho svolto a Nocera Inferiore nel lontano 1987 mi sono imbattuto in tantissimi Napoletani e Campani, ovviamente, oltre ad Abruzzesi, Molisani, Pugliesi, e pure Marchigiani del Piceno con i quali non ho provato alcuna “fratellanza” Siciliana, o Sekelesh. Anzi le cose che ho dovuto sentire e sopportare dai presunti “fratelli” napoletani con i loro concetti di supponenza e superiorità nei confronti di noi trogloditi siciliani!
    Per cui, caro signor Maduli, ecco, magari io avrò una visione piuttosto ristretta del futuro della nostra terra e del nostro popolo (per non dire una visione ristretta di chi è il nostro popolo e qual’è la nostra terra), ma io continuo a sognare uno stato di Sicilia limitato alla sola isola di Sicilia (oltre alle isole minori) e al popolo siciliano che vive nell’isola di Sicilia. Si tratterebbe semplicemente (che poi, come ho detto prima, non è affatto semplice) di trasformare il nostro statuto speciale (che le altre regioni dell’Italia meridionale non hanno) in costituzione senza nemmeno doverci preoccupare di disegnare le nostre line di confine in quanto la nostra isola ha nelle sue coste i suoi bei confini naturali.
    Creare il nostro stato di Sicilia (inteso sempre come isola di Sicilia) non significa isolarci e inimicarci le altre popolazioni del sud Italia, e nemmeno quelle del nord e centro Italia. Possiamo benissimo instaurare rapporti di collaborazione di tutti i tipi (economici, sociali, culturali, artistici, sportivi, ecc.) non solo con i “fratelli” meridionali, ma anche con il resto d’Italia, Europa e del mondo intero.
    Caro signor Maduli approfitto dell’occasione per augurarle un prospero 2018 a lei e a tutta la redazione dei Nuovi Vespri.

  • Gentile Signor Maduli,
    Mi consenta inoltre di rispondere alle sue precisazioni di cui sopra:
    1) Mi sono già ripromesso di leggere gli scritti del Prof. Renda, come lei mi ha consigliato, e lo faro non appena avrò un po’ di tempo a disposizione. Io ho sempre saputo che la frase “I Siciliani devono imparare a ubbidire” pronunciata da Ferdinando II nel 1837 era rivolto a tutto il popolo siciliano, non solamente ai nobili siciliani, anche perché il contesto storico di quel tempo era la rivolta del colera che fu una spontanea sollevazione popolare piuttosto che una ribellione sobillata dalla nobiltà siciliana.
    2) È vero che non esiste un trattato o editto che ufficialmente istituì uno stato chiamato “Regno di Napoli”, ma esiste quello (trattato di Caltabellotta del 1302) che formalmente istituì il “Regno di Sicilia citra faro” che in pratica comprendeva tutto il meridione d’Italia, ma soprattutto, punto per me più importante, non comprendeva l’isola di Sicilia. Quello stato lì, il Regno di Napoli, o di Sicilia citra faro, esistì per 433 anni, periodo di tempo in cui ha avuto la sua storia, vicende e traversie, e che si è sviluppato separatamente, e a volte in contrasto, con la Sicilia vera e propria.
    3) Nulla da dire riguardo alla figura di Giovanni da Procida, il quale desiderava la cacciata degli odiati Angioini dalla Sicilia e da tutto il sud Italia, ma Ruggiero di Lauria invece è passato alla storia come uno dei più grandi voltagabbana della storia con i suoi voltafaccia, ora a fianco degli Aragonesi, ora a fianco degli Angioini, per cui non lo eleggerei proprio a eroe dello stato di Sicilia (inteso stavolta come isola di Sicilia e meridione d’Italia). Sicuramente all’epoca dei Vespri ci furono “Siciliani” sia dell’isola che del continente che auspicavano alla cacciata dei vessatori angioini dalle loro terre, con i “Siciliani” continentali che alla fine rimasero delusi per non essere riusciti a disfarsi dei Francesi dal loro territorio. Ma sembra che i loro discendenti diretti si assuefarono e se ne fecero una ragione di far parte di una nuova entità statale quale appunto il Regno di Napoli, o Regno di Sicilia citra faro che lo si vuol chiamare, al punto che per oltre 430 anni nessun “Siciliano” continentale ha cercato di ricongiungersi con i Siciliani veri e propri, quelli dell’isola di Sicilia. Italia meridionale e Sicilia si ritrovarono sotto lo stesso re, il re Borbone Carlo (V di Sicilia e VII di Napoli), ma in due entità statuali diverse fino alla soppressione del nostro regno (dell’isola di Sicilia) nel 1816.
    5) Sicuramente tra i “camiciotti” messinesi c’erano criminali evasi dalle carceri, chi per reati comuni, chi per reati politici, ma c’erano anche volontari che non avevano precedenti con la giustizia, e che semplicemente combattevano contro il loro oppressore, il regime borbonico. Tra i camiciotti criminali poi distinguerei i tipi di reati a loro carico. Un detenuto politico che ha commesso “reati” contro il regime borbonico per me non è un criminale, bensì un partigiano, un patriota del popolo siciliano (inteso come abitante dell’isola di Sicilia), così come sono patrioti del popolo meridionale tutti i cosiddetti “briganti” (Crocco, Ninco Nanco, Sergente Romano, ecc.) che si opposero all’invasione sabauda dell’Italia meridionale.
    6) Carlo III (V di Sicilia e VII di Napoli per la storiografia ufficiale) diventò Rex Utriusque Siciliae che significa, come ci spiega lo storico Giuseppe Galasso, re del Regno di Sicilia al di la del faro e re del Regno di Sicilia al di qua del faro, vale a dire re di due regni distinti e separati, non di un unico regno. I due regni avevano un unico re in base all’unione personale, ma non erano affatto un unico regno. Il re Carlo III e il parlamento siciliano giurarono fedeltà l’uno all’altro, giuramento che Carlo, al contrario di suo figlio Ferdinando, mantenne fino all’ultimo giorno del suo regno. E riguardo alla Magna Grecia, molti storiografi non considerano la Sicilia facente parte di tale area geografica, ma parlano di cosiddetta “Sicilia greca” e identifica i discendenti di quegli antichi colonizzatori greci come “Sicelioti”, mentre i discendenti dei colonizzatori della Magna Grecia (cioè dell’Italia meridionale) venivano chiamati “Italioti”.
    7) Per quanto riguarda la costituzione siciliana del 1812 io ancora una volta la ringrazio per i suggerimenti e gli approfondimenti, ma io la considero sempre come un’istituzione positiva per la Sicilia. Lungi da me il considerarla soddisfacente ed esaustiva, ma era pur sempre un primo passo verso uno stato più democratico e moderno, primo passo che molte altre nazioni erano ben lontani dal poterlo e volerlo spiccare. Per quanto riguarda le ingerenze della Gran Bretagna nei riguardi della Sicilia, è ben noto che gli albionici erano i grandi colonizzatori di quell’epoca, e avevano mire di conquista, sotto qualsiasi aspetto, non solo sulla Sicilia, ma sul mondo intero. Poi una volta assicuratisi l’isola di Malta dal Congresso di Vienna del 1815, la perfida Albione ci abbandonò, non opponendosi nemmeno alla cancellazione dell’intero stato siciliano, figuriamoci della costituzione e del parlamento. La Gran Bretagna fece anche di più e di peggio durante il Risorgimento, architettando l’istituzione dello stato italiano a proprio uso e piacimento.
    8) Malgrado io non sia affatto un estimatore di Ferdinando I delle Due Sicilie, anzi tutt’altro, quando l’ho epigrafato “Re Lazzarone” non volevo farlo in modo denigratorio. Ricordiamoci che veniva chiamato in quel modo lì perché da giovane gli piaceva frequentare i lazzari dei quartieri bassi di Napoli, piuttosto che i galantuomini e le gentildonne di corte, fatto che lo rende un po’ più affabile e, in un certo senso, un po’ meno detestabile.

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