Renato Costa: “Il PD siciliano? Desolante. Chiarezza sui grandi gruppi della sanità privata”

26 novembre 2017

Una chiacchierata con Renato Costa, medico, sindacalista comunista della CGIL. “Chi va a sedersi al tavolo con Renzi non può essere definito di sinistra”. Il PD siciliano che va a nozze con Gianfranco Miccichè per fregare i grillini. Sulla sanità chiarezza sui grandi gruppi privati: Humanitas, Ismett, Mauceri, Rizzoli, Bambin Gesù, Giglio 

“Già il solo fatto che uomini e donne che si dicono di sinistra vadano a trattare con il PD di Renzi dice tutto…”.

Non usa mezzi termini, Renato Costa, uno dei pochi esponenti della sinistra siciliana che non ha timore a dire di essere definito comunista.

“Sono comunista e rimango comunista”, dice. Con tutta la buona volontà, non riusciamo a immaginare un dialogo tra Renato Costa, medico (lavora al Policlinico universitario di Palermo), sindacalista della CGIL, e l’ex sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, che vuole riunire, ancora una volta, sinistra e centro.

“Di questo, anzi di queste persone non ne voglio nemmeno parlare”, ci dice.

Allora cambiamo discorso: lasciamo stare Renzi e Pisapia e parliamo della sinistra in Sicilia.

“La sinistra in Sicilia? Quale sinistra?”.

Beh, cominciamo dalla candidatura di Fabrizio Micari alla presidenza della Regione per il centrosinistra.

“Un’esperienza fallimentare. Che ha avuto un solo pregio”.

Cioè?

“Ha confermato la bontà di una lista alternativa al PD. Anche se non sono mancati e non mancano i problemi”.

Si riferisce a Claudio Fava e a Ottavio Navarra?

“Mi riferisco a una finta sinistra, priva d’identità, frutto della fretta di creare un’aggregazione elettorale. Troppi errori. E tanta confusione: le forze politiche che, qui in Sicilia, dicevano di essere alternative al PD di Renzi, a Roma dialogano con il PD di Renzi”.

Si riferisce ad Articolo 1, Sinistra Italiana e Possibile?

“E a chi sennò?”

Però, a quanto pare, non hanno trovato un accordo con il PD renziano e, con molta probabilità, alle elezioni politiche nazionali andranno da sole. Almeno fino a questo momento sembrerebbe questo lo scenario prossimo venturo.

“L’ho detto e lo ribadisco: già il solo andare a sedersi ad un tavolo con gli esponenti del PD renziano, partito che ha massacrato il mondo del lavoro, la dice lunga su Articolo 1 MDP, Sinistra Italiana e Possibile”.

Del PD siciliano che pensa?

“Che devo pensare? Già il solo fatto che i dirigenti e i parlamentari regionali appena eletti del PD siciliano vadano a sedersi ad un tavolo con Gianfranco Miccichè, cioè con Forza Italia, per provare a togliere ai grillini – cioè al partito di maggioranza relativa in Sicilia e nella nuova Assemblea regionale siciliana – la vice presidenza dello stesso Parlamento dell’Isola e calpestare le elementari regole di democrazia dice tutto. Il PD siciliano, oggi, offre di sé un’immagine desolante”.

Lei fa parte di Rifondazione comunista, formazione politica che, a livello regionale, ha cercato di dare forza a un’idea di sinistra siciliana. Anche se non tutto il suo partito, con riferimento ad alcune articolazioni territoriali, è un esempio di coerenza. Al Palermo, ad esempio, Rifondazione comunista amministra la città con Leoluca Orlando, che alle elezioni regionali è stato il braccio destro di Renzi…

“A Rifondazione comunista regionale va riconosciuto il merito della coerenza. Noi, sulle idee di sinistra e sui possibili alleati, non abbiamo mai cambiato idea. Cosa che non può certo dirsi per singole federazioni, tipo federazione di Palermo, ancora in crisi d’identità”.

Si riferisce a Sinistra comune?

“Certo: faccio riferimento a Sinistra comune che, a Palermo, è ancora in maggioranza con Leoluca Orlando. Solo chiarendo questa contraddizione si potrà stabilire da che parte stare. Chi fa parte di certe discutibili esperienze politiche e amministrative non può certo essere annoverato nella sinistra antagonista e ancor meno nella sinistra comunista. Il nome comunista non può essere diluito nella sinistra comune”.

Ci sarà il tempo per un chiarimento politico? A breve andranno in scena le elezioni politiche nazionali…

“La scadenza elettorale è vicina, ma non imminente. Qualche mese di tempo per esprimere il proprio pensiero e fare chiarezza c’è”.

Cambiamo argomento: parliamo della sanità siciliana. Ci aiuti a chiarire un mistero: da anni la spesa sanitaria in Sicilia – stando ai dati ufficiali degli ultimi Bilanci regionali – si attesta intorno ai 9 miliardi e 200 milioni di euro. Ma stranamente il servizio sanitario pubblico peggiora di anno in anno…

“Non c’è alcun mistero. Il Veneto ha pressappoco gli stessi abitanti della Sicilia e le stesse risorse. Ebbene, il Veneto assiste bene i propri cittadini e rispetta i Lea, i Livelli elementari di assistenza. In Sicilia la sanità pubblica è in sofferenza e non sempre si rispettano i Lea. Questo succede perché, tanto per cominciare, nella nostra Isola, in materia di beni e servizi, non è stata attivata la stazione unica appaltante. Poi c’è la spesa farmaceutica, che è fuori controllo perché mancano i controlli. E poi ci sono altri due elementi”.

Ovvero?

“Il primo elemento è rappresentato dalle spese improprie caricate sul Fondo sanitario regionale. Con i fondi della sanità non si possono continuare a pagare le rate dei mutui della Regione. Su questo punto va fatta subito chiarezza. Così come va fatta chiarezza sulla SAS, che oggi è in buona parte a carico della sanità. Così come va fatta chiarezza sull’ARPA, l’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente, pagata con i fondi della sanità, ma che, sotto il profilo amministrativo, fa capo all’assessorato al Territorio e Ambiente. Non si possono togliere questi fondi alla sanità pubblica siciliana per pagare spese che, lo ribadisco, sono improprie”.

E il secondo elemento?

“Il secondo elemento è rappresentato dalla presenza dei grandi gruppi privati che operano nella sanità siciliana. Mi riferisco all’Humanitas, all’Ismett, al Mauceri, al Rizzoli, al Bambin Gesù, al Giglio. Questi gruppi sono ‘calati’ in Sicilia perché avrebbero dovuto eliminare la cosiddetta ‘migrazione passiva’ di pazienti: malati che vanno a curarsi fuori dalla Sicilia perché qui non ci sarebbero le possibilità per assisterli. Ebbene, questi gruppi sanitari privati sono piombati in Sicilia, costano ogni anno una barca di soldi, ma la ‘migrazione passiva, invece di scomparire, o magari diminuire, aumenta. Non c’è bisogno di essere comunisti per capire che, in questa storia, c’è qualche problema…”.

Lei pensa che anche un uomo di destra come il nuovo presidente della Regione, Nello Musumeci, potrebbe ‘capire’ questa storia dei grandi gruppi privati che fanno il bello e il cattivo tempo in Sicilia? Solo l’Ismett ‘inghiotte’ oltre 100 milioni di euro all’anno…

“Mi auguro di sì, mi auguro che il nuovo presidente della Regione, Musumeci, faccia chiarezza su questa vicenda. Se hanno difficoltà siamo disposti a fornire tutti i chiarimenti del caso. La mia speranza è che chiunque si occuperà della sanità siciliana metta da parte le appartenenze per valorizzare le competenze. Dopo di che siamo disponibili al dialogo costruttivo. Oggi la sanità siciliana è in bilico: chiusa, bene o male, la partita della rete ospedaliera, o costruiamo la medicina del territorio, unico antidoto per alleggerire la pressione sulle strutture sanitarie pubbliche della Sicilia, o rischiamo di precipitare nel baratro”.

 

 

 

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