Inchiesta 2/ Troppa politica nella gestione dei Parchi e delle Riserve naturali della Sicilia

23 ottobre 2017

Oggi seconda puntata del nostro ‘viaggio’ tra i Parchi e le Riserve naturali della Sicilia. Le due leggi regionali degli anni ’70 del secolo passato che hanno consentito la tutela del territorio siciliano. La legge regionale n. 98 del 1981 ‘bastonata’ dalla Corte Costituzionali. La necessità che le associazioni tornino a controllare la pubblica amministrazione, chiudendo la stagione della gestione delle Riserve naturali con i fondi regionali. La proposta del professore Aurelio Angelini

E’ opinione comune che i Parchi e le Riserve naturali della Sicilia vedono la luce grazie alla legge regionale n. 98 del 1981: legge che, come vedremo, è stata considerata non esattamente corretta dalla Corte Costituzionale. In realtà, se proprio dobbiamo essere precisi, va detto che la tutela concreta dell’ambiente, nella nostra Isola, trae forza da due leggi degli anni ’70 del secolo passato approvate dal Parlamento siciliano: la legge regionale numero 78 del 1976 e la legge regionale numero 71 del 1978. Proviamo a illustrarle per grandi linee.

La prima legge regionale – la numero 78 del 1976 – introduce in Sicilia il vincolo di inedificabilità assoluta entro i 150 metri dalla battigia. E’ una legge importantissima, voluta dal Governo siciliano dell’epoca, presieduto dal democristiano Angelo Bonfiglio. Questo provvedimento interveniva in un momento storico in cui tanti siciliani – allora la nostra Isola non presentava la povertà che c’è oggi – aveva il chiodo fisso della seconda casa al mare. C’era un assalto alle coste. La Regione intervenne per salvare le aree costiere.

Operazione riuscita? In parte sì, in parte no. Le zone costiere che fanno parte delle aree protette sono state salvate. E, tutto sommato, sono in buona parte salve le zone della costa siciliana che rientrano tra i SIC (Siti d’Interesse Comunitario) e tra le ZPS (Zone di Protezione Speciale).

Perché diciamo che le aree SIC e ZPS sono salve almeno in parte? Perché non sono mancate – e non mancano – tentativi di speculare anche su queste zone. E’ il caso di una discarica che dovrebbe essere realizzata tra Terrasini e Cinisi. O del Resort che i tedeschi della Adler stanno realizzando a Torre Salsa, al confine con la Riserva naturale orientata, ma dentro un’area SIC, con l’avallo di tutte le ‘autorità’ compresi gli ‘ambientalisti’ (QUI UN ARTICOLO).

Se nelle zone protette e nelle aree che rientrano tra i SIC e ZPS le coste, bene o male, le coste sono state tutelate, in tante altre zone costiere dell’Isola è successo di tutto e di più. Ci sono tratti di costa della Sicilia che sono state ‘cementificate’, in barba alla legge regionale n. 78 del 1976. Questo è avvenuto grazie alla cialtroneria degli amministratori comunali e regionali che hanno tollerato questo scempio.

Molte di queste speculazioni sono state ‘curate’ dai mafiosi. Che dalla seconda metà degli anni ’80 del secolo passato aspettano una sanatoria che consentirebbe loro di guadagnare una barca di soldi. Perché queste abitazioni abusive, una volta ‘sanate’, acquisterebbero valore. Per non parlare delle ‘rigenerazioni urbane’ che verrebbero autorizzate una volta approvata la sanatoria lungo le coste…

Si parla tanto dell’ex sindaco di Licata, Angelo Cambiano, noto alle cronache degli ultimi mesi per avere disposto l’abbattimento di alcune abitazioni abusive. Cosa, questa, che gli è costata la poltrona di primo cittadino (per la cronaca, oggi Cambiano è stato designato assessore dal candidato alla presidenza della Regione dei grillini, Giancarlo Cancelleri).

Ma sono in pochi a ricordare che il primo sindaco che in Sicilia ha iniziato a disporre l’abbattimento delle abitazioni abusive è stato, nella seconda metà degli anni ’90, l’allora primo cittadino di Carini, Nino Mannino. Il tutto in un clima di ostilità generale. Anche oggi l’attuale sindaco di Carini, Giovì Monteleone (che fu assessore comunale ai tempi di Nino Mannino), che sta provando a mettere ordine in materia edilizia, non sembra essere molto ‘gettonato’.

La verità è che, in Sicilia, storicamente, chi ha provato a fermare il cemento abusivo non ha mai avuto vita facile. Anzi.

Molto importante anche la legge regionale N. 71 del 1978. Si tratta dell’unica, grande legge urbanistica approvata fino ad oggi dal Parlamento siciliano. Questa legge, fortemente voluta dall’allora presidente della Regione siciliana, Piersanti Mattarella, contro gli interessi della mafia, ha praticamente salvato il verde pubblico in Sicilia (QUI UN APPROFONDIMENTO SULLA LEGGE URBANISTICA VOLUTA DA PIERSANTTI MATTARELLA).

La legge regionale n. 71 del ’78 (legge molto complessa9 reitera – per la parte che riguarda le coste – i principi della legge regionale n. 78 del ’76. E riduce drasticamente l’indice di edificabilità su verde pubblico.

Senza questa due leggi, oggi, la Sicilia non avrebbe verde pubblico, le coste sarebbero integralmente ‘cementificate’ e non avrebbe né Parchi, né Riserve naturali. Grazie a queste due leggi la Sicilia, nei primi anni ’80, ha iniziato un’azione mirata di tutela dell’ambiente, iniziando a istituire Parchi e Riserva naturali.

Molto importante è la legge regionale n. 98 del 1981. Sulla quale si è pronunciata la Corte Costituzionale con sentenza n. 212 del 2014. E’ interessante ricordare non soltanto il contenuto di questa sentenza, ma anche il perché si è arrivati al pronunciamento della Consulta.

A nostro modesto avviso, in questa storia, la Regione siciliana e gli ambientalisti sono andati a svegliare il classico ‘cane che dorme’. Pomo della discordia: l’istituzione di una Riserva naturale nella parte orientale della nostra Isola.

La Riserva naturale orientata Pantani della Sicilia Sud orientale è stata istituita dalla Regione nel 2011. Si distende nella parte meridionale della Sicilia ed occupa una superficie di mille e 385 ettari circa tra zona A e zona B. Quest’area protetta ricade nei territori dei Comuni di Ispica in provincia di Ragusa, e di Noto e Pachino in provincia di Siracusa.

Nell’istituire la Riserva la Regione ha leso gli interessi degli agricoltori di Noto e Pachino, area del Siracusano nella quale si coltivano il Pomodorino di Pachino e il Datterino di Porto Palo di Pachino. Con molta probabilità, ben conoscendo i problemi che i gestori dei Parchi e delle Riserve naturali hanno creato e continuano a creare all’agricoltura, i protagonisti del Consorzio di Tutela del Pomodoro di Pachino IGP hanno presentato ricorso al TAR Sicilia (Tribunale Amministrativo Regionale).

I giudici del TAR hanno ritenuto la questione di legittimità costituzionale proposta non manifestamente infondata e hanno disposto la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale. Da qui la sentenza della Consulta, che “ha dichiarato la illegittimità costituzionale della legge regionale 98 del 1981 in materia di istituzione di Parchi e Riserve”. Questo perché tale legge regionale non prevede la partecipazione delle comunità locali al procedimento di istituzione dei Parchi e delle Riserve naturali (COME POTETE LEGGERE QUI).

Da qui una domanda: i soggetti – soprattutto privati (emblematico il caso degli agricoltori che operano nella Riserva naturale di Torre Salsa) – possono far valere questa sentenza della Corte Costituzionale nel caso in cui dimostrino di non essere stati interpellati all’atto dell’istituzione di Parchi e Riserve naturali?

Per rispondere a questa domanda ci riserviamo interpellare i giuristi.

Oltre al tema dell’istituzione delle aree protette c’è anche la questione della gestione. I nostri lettori conoscono già l’argomento perché l’abbiamo affrontato, per grandi linee, nella prima puntata del nostro ‘viaggio’ tra le aree protette della nostra Isola.

“In diciannove Regioni italiane la politica gestisce Parchi e Riserve naturali e gli ambientalisti controllano quello che combinano i governanti. In Sicilia gli ambientalisti vanno a braccetto con il Governo regionale del momento, gestendo alcune tra le più importanti Riserve naturali”. (QUI LA PRIMA PUNTATA DELLA NOSTRA INCHIESTA).

Ora proveremo ad approfondire tale tema con il professore Aurelio Angelini, docente di Sociologia dell’ambiente all’università di Palermo.

In Sicilia, come già accennato, la gestione delle aree protette presenta alcune peculiarità: la dipendenza dei gestori dalla politica. Nella gestione dei Parchi naturali ritroviamo i sindaci, nella gestione delle Riserve naturali ritroviamo, per lo più, le associazioni ambientaliste e, in alcuni casi, le università e le Province. E, in qualche caso, anche associazioni ambientaliste nazionali frutto di lottizzazioni: forze politiche che, non avendo riferimenti siciliani in questo settore, hanno segnalato e imposto soggetti non siciliani!

A livello nazionale – per la gestione dei Parchi naturali – non ci sono sindaci. Nella nostra Isola, invece, sempre con riferimento alla gestione dei Parchi, oltre ai sindaci, ci sono anche le nomine politiche. Tutto, in questo settore, passa dalla bassa politica.

“In Sicilia, nella gestione delle aree protette – sottolinea il professore Angelini – mancano le figure tecniche. Botanici, ecologi, geologi e via continuando. Insomma, si registra un’assenza di figure strategiche”.

C’è anche la presenza diretta della Regione nella gestione di alcune Riserve naturali: per esempio, lo Zingaro e Vendicari, gestite dal dipartimento dello Sviluppo rurale e territoriale che ha preso il posto dell’Azienda Foreste Demaniali. Ma c’è, soprattutto, il ruolo centrale delle già citate associazioni ambientaliste.

I gestori privati delle Riserve naturali – con riferimento alle associazioni ambientaliste – non dovrebbero avere funzioni decisorie. Invece, grazie a una legge regionale, rilasciano nulla osta. E infatti, nella tormentata storia del resort del tedeschi della Adler c’è anche un sì del WWF locale – cioè di Siculiana, provincia di Agrigento – ente gestore della Riserva naturale di Torre Salsa.

Torna il tema affrontato nella prima puntata di questa inchiesta: non sarebbe più logico, per gli ambientalisti, controllare l’attività della Regione, piuttosto che gestire le Riserve naturali con i fondi della stessa Regione?

Così, in Sicilia, nel corso degli anni, si è creato un rapporto strano tra ambientalisti che gestiscono le Riserve naturali per conto della Regione e la stessa Regione che ci mette il denaro pubblico. Con il Governo regionale di turno e con l’Assemblea regionale siciliana che, ogni anno, in sede di approvazione di Bilancio e Finanziaria, stanziano i fondi per la gestione delle Riserve naturali gestite dagli ambientalisti.

C’è il dubbio, a conti fatti, che la politica condizioni gli ambientalisti. Forse, con associazioni ambientaliste sganciate dalla politica si sarebbe potuto fare di più per combattere l’inquinamento nell’area industriale di Siracusa, nella Valle del Mela e a Milazzo, in provincia di Messina, e via continuando con le varie criticità.

“Il contesto è complicato – aggiunge Angelini -. Credo che, oggi, il meccanismo relativo alla gestione delle aree protette della Sicilia vada ripensato. Penso alla creazione di un’Agenzia regionale nella quale far confluire Parchi e Riserve naturali. Il tutto recuperando il personale che lavora in questo settore da anni. Svincolando le associazioni ambientaliste dalla gestione delle Riserve naturali. Quanto ai Parchi naturali, bisogna dire basta alla gestione politicizzata”.

“Gli ambientalisti – dice sempre il docente universitario – debbono controllare l’attività della pubblica amministrazione. Oggi è più che mai necessario valorizzare Parchi e Riserve naturali. Ma valorizzare non significa ‘ingessare’ le aree protette”.

Seconda puntata – fine   

 

 

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