Caro Renzi, in politica chi teme le elezioni ha già perso

11 settembre 2017

Il segretario nazionale del PD non sa più dove arrampicarsi. Ha capito che in Sicilia perderà le elezioni. Così cerca di esorcizzare i possibili risultati – negativi per lui e per il PD – dicendo che le elezioni siciliane sono un fatto locale. In realtà, la Sicilia ha sempre anticipato gli scenari politici nazionali. Renzi teme anche la riunificazione di tutta la sinistra alternativa al PD, che in Sicilia presenterà un proprio candidato e una propria lista 

Dice Matteo Renzi che le elezioni regionali siciliane non hanno valenza nazionale. Per il segretario del PD sono un fatto locale. E’ evidente che, dopo aver fatto visita alla nostra Isola, deve essersi accorto che il suo candidato alla presidenza della Regione, il rettore dell’università di Palermo Fabrizio Micari, è debole. Quindi Renzi, nel suo stile, mette le mani avanti e afferma che le elezioni siciliane sono un fatto locale.

Come gli capita spesso, Renzi sta mentendo. E il primo a saperlo è proprio lui. Da sempre, infatti, la Sicilia fa da battistrada agli umori e alle svolte politiche nazionali.

Nei primi anni Sessanta del secolo passato, subito dopo il Governo Milazzo, la Sicilia, anticipando lo scenario politico nazionale, vara il Governo di centrosinistra DC-PSI.

Nei primi anni Settanta, qualche anno dopo la grande avanzata delle destre (elezioni politiche nazionali del 1971), la Sicilia anticipa con i Governi regionali di ‘Solidarietà autonomista’ il Governo di ‘Solidarietà nazionale’ che vedrà la luce, nel 1978, con a capo Giulio Andreotti.

La verità è che Renzi cerca di esorcizzare quello che sta succedendo in Sicilia.

Due gli elementi politici che il segretario del PD non ‘digerisce’ e prova a sminuire.

Il primo elemento l’abbiamo già sottolineato: la debolezza del centrosinistra siciliano e, segnatamente del suo partito, il PD, che pagano lo scotto di nove lunghi anni di Governo della Regione siciliana fallimentari.

Il secondo elemento è la riunificazione di tutte le ‘anime’ della sinistra alternativa al PD: ‘anime’ che, alle elezioni regionali del 5 novembre, presenteranno un candidato – Claudio Fava – alla presidenza della Regione e una lista alternativa al Partito Democratico.

Si può obiettare che, alla lista della sinistra unita della Sicilia si è arrivati con qualche forzatura da parte di Articolo 1 MDC e con qualche tatticismo di troppo da parte di Ottavio Navarra.

Ma un fatto politico è sotto gli occhi di tutti: Articolo 1 MDP e Sinistra Italiana sono partiti dicendo che, per le elezioni regionali siciliane, bisognava riproporre il “Modello Palermo” di Leoluca Orlando: tutto il centrosinistra unito, inglobando la sinistra e i centristi di Angelino Alfano. Mentre Rifondazione comunista regionale e i tanti movimenti sostenevano la tesi di una lista alternativa al PD e a Leoluca Orlando.

Di fatto, dall’assemblea celebrata ieri a Palermo da tutti i soggetti della sinistra siciliana, è uscita vincente la tesi di Rifondazione comunista: candidato alla presidenza della Regione della sinistra alternativo al PD e a Leoluca Orlando (e quindi alternativo a Fabrizio Micari) e lista alternativa al PD siciliano per il rinnovo del Parlamento siciliano.

Magari qualcuno dirà che in questa scelta ha pesato anche Massimo D’Alema – ‘regista’ dei bersaniani di Articolo 1 MDP – che così facendo mette in difficoltà Renzi in Sicilia.

Ma non bisogna dimenticare che il risultato raggiunto è quello che la sinistra alternativa al PD – rappresentata da Rifondazione comunista e dai tanti movimenti sparsi nel territorio – ha voluto sin dall’inizio: la già citata lista alternativa al candidato del PD e di Leoluca Orlando.

Renzi ha capito quello che sta succedendo. Teme di perdere le elezioni in Sicilia e dice che le elezioni regionali siciliane non contano, pur sapendo che, storicamente, chi vince le elezioni regionali siciliane poi vince le elezioni politiche nazionali.

Non solo. Renzi teme che quello che sta succedendo in Sicilia si riproponga anche in tutta l’Italia: ovvero una lista unica di tutti i movimenti della sinistra pronti a correre, alle elezioni politiche nazionali, in alternativa al PD.

Per Renzi questo scenario sarebbe una rovina. Tulle le sue ‘riforme’, peraltro fallimentari, sono state approvate perché il PD non aveva, a sinistra, un’opposizione ferma (a parte l’opposizione sociale della CGIL).

Un partito unico alla sinistra del PD, sul modello di quello che si è formato in Sicilia, segnerebbe la fine politica di Renzi e del ‘suo’ PD.

E’ per questo che Renzi prova a esorcizzare la Sicilia. Ma la realtà dei fatti bussa alla sua porta. Renzi teme le elezioni siciliane. E, si sa, in politica chi teme le elezioni ha già perso.

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